MILANO — Zucchero e dolcificanti non sono tutti uguali e bisogna sapere scegliere in funzione dei nostri gusti, delle nostre esigenze e del nostro stato di salute, secondo le norme di una corretta igiene alimentare. Per promuovere una migliore conoscenza di questo alimento e delle sue caratteristiche, come dei vari tipi di dolcifianti che ne costituiscono un’alternativa, il sito dell’Unione nazionale consumatori (Comitato provinciale e regionale della Calabria) ha pubblicato una breve guida scritta da Maria Gabriella Lanza, di cui riportiamo i passaggi più interessanti.
Lo sappiamo: resistere a una torta al cioccolato o a un bignè alla crema è una impresa stoica. Molto più facile è dire addio ai pochi grammi di zucchero che addolciscono le nostre pause caffè, tanto a renderle meno amare ci pensa il dolcificante.
Ma oltre a cancellare i nostri sensi di colpa per le calorie in più che ingeriamo, l’edulcorante ha davvero degli effetti positivi sulla nostra dieta? E lo zucchero di canna è veramente più salutare di quello raffinato? Per scegliere a colpo sicuro quello più adatto a noi, sfatiamo un po’ di falsi miti.
Zucchero di canna vs zucchero raffinato
Da un punto di vista nutrizionale non c’è alcuna differenza tra lo zucchero di canna e quello bianco. Come spiega Filippo Rossi, nutrizionista dell’Istituto di scienze degli alimenti e della nutrizione (Isan) e docente alla facoltà di Agraria dell’Università cattolica di Piacenza, “il componente principale è sempre il saccarosio, una molecola composta da fruttosio e glucosio. In quello raffinato è presente al 100 per cento, in quello di canna al 99 per cento, mentre l’un per cento è melassa”.
Quest’ultima lo rende dorato ed è ricca di ferro, potassio, calcio e magnesio, ma assumendone piccole quantità al giorno non apporta particolari benefici al nostro organismo.
Il saccarosio può essere estratto da due piante: dalla barbabietola o dalla canna da zucchero. Quello raffinato viene separato dalla melassa tramite idrossido di calcio, carbone attivo o diossido di zolfo. Dunque, quello di canna è meno lavorato ma l’indice glicemico resta uguale. Leggermente diverso è il discorso per lo zucchero integrale.
E’ ottenuto dalla spremitura della canna e rispetto a quello grezzo contiene una minore percentuale di saccarosio, è più ricco di sali minerali e vitamine ed è meno calorico:100 grammi di zucchero di canna integrale apportano 356 kcal contro le 392 kcal del tradizionale saccarosio. Ha però un costo più elevato.
Dolcificanti naturali
Rispetto allo zucchero normale, i dolcificanti hanno un potere edulcorante più alto. Di solito vengono usati perché hanno meno calorie. “Quello che è potenzialmente pericoloso però non è il saccarosio che prendiamo con il caffè, ma sono gli zuccheri nascosti, quelli che troviamo nelle bevande o nei soft drink, di cui non ci accorgiamo e che ci fanno aumentare di peso”, spiega Rossi. In commercio ne esistono vari tipi: il fruttosio è estratto dal mais ed è presente naturalmente nella frutta. E’ molto più dolce del saccarosio, il 70 per cento in più, quindi dobbiamo fare attenzione quando lo usiamo.
“Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), alte dosi possono generare insulino-resistenza, ipertrigliceridemia, cioè alti livelli di trigliceridi nel sangue, e adiposità viscerale, ovvero aumento del grasso depositato a livello addominale. Non dobbiamo superare i 40-45 grammi di fruttosio: normalmente arriviamo a questa quantità mangiando tre volte al giorno la frutta.
Ma se lo mettiamo anche nel caffè o nei dolci che prepariamo possiamo facilmente superare i limiti. Inoltre ha le stesse calorie dello zucchero”, continua Rossi.
Anche il destrosio, chiamato anche glucosio, deriva dal mais ma ha un sapore più amaro dello zucchero.
La neospiridina è un estratto dalla buccia delle arance ed è 900 volte più dolce dello zucchero. Ha un retrogusto amarognolo di liquirizia ed è usato nei dessert, nelle preparazioni industriali, nelle conserve di frutta, nella birra analcolica ma non come dolcificante da bar.
La stevia è un edulcorante naturale di origine vegetale. Ha un potere addolcente 300 volte superiore a quello del saccarosio ma ha zero calorie. Solo nel 2011 l’Efsa ha stabilito che non è una sostanza tossica, dando il suo ok alla commercializzazione.
E’ uno dei dolcificanti da tavola più usati e viene soprattutto adoperato negli alimenti light. Il maltitolo, formato da due molecole di glucosio ed estratto dai cereali, è più dolce del 75% rispetto allo zucchero da cucina. Un suo grammo corrisponde a circa 2.4 calorie, mentre il saccarosio ne ha 4.
Dolcificante chimico
Il dolcificante artificiale più usato, soprattutto nei prodotti dietetici, è l’aspartame. “E’ duecento volte più edulcorante dello zucchero bianco e l’apporto calorico è molto inferiore”, afferma Rossi. Mediamente un cucchiaino di zucchero ha 20 calorie, mentre una zolletta di dolcificante ne contiene 2 o 3.
Per questo è adatto ai diabetici. “L’Efsa si raccomanda di evitare che i bambini mangino spesso biscotti con aspartame o bevano delle bevande con questa sostanza: pesando di meno rispetto agli adulti possono facilmente superare i livelli consigliati”. E’ inoltre vietato in gravidanza e durante l’allattamento.
Quanto zucchero assumere
Secondo la Società italiana di nutrizione umana (Sinu), il limite massimo consentito di zucchero che dovremmo ingerire corrisponde al 15% dell’energia totale giornaliera. Un apporto superiore al 25% delle calorie totali è dannoso per la salute.
“Il 15% equivale a 75 grammi di zucchero, di cui 45 – 50 grammi provengono dalla frutta che dobbiamo assumere tre volte al giorno. Ne restano 25 grammi ma solo una bustina di zucchero ne contiene 7, quindi con due caffè abbiamo esaurito la dose giornaliera. Per questo mangiare tutti i giorni dolci fa male: si rischia il sovrappeso se non bruciamo quelle calorie in più”.
Le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità sono ancora più basse: fissano a 50 grammi di zucchero, circa due cucchiai, la soglia per il saccarosio. Si tratta del 10% del fabbisogno calorico. L’obiettivo però è di portare presto questo valore intorno al 5%, circa 25 grammi, ovvero un cucchiaio. Questo secondo l’Oms permetterebbe di combattere significativamente l’obesità.