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sabato 02 Novembre 2024
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C.M.A E WMF niente firma, continua però la produzione in Italia e in Romania

Il colosso tedesco costretto a ritirarsi alla vigilia della firma dal fondo Usa KKR, nuovo socio di maggioranza con il 42% Sfumato un affare da 35 milioni di euro per il gruppo Dal Tio

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  • Dalla Corte
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MILANO – L’accordo da 35 milioni di euro tra la C.M.A. di Susegana (Treviso) e i tedeschi della WMF di Geislingen an der Steige, nel Baden-Württemberg (Germania) è saltato alla vigilia della firma prevista nei prossimi giorni. La notizia era trapelata nel fine settimana a New York. Chiusa la Borsa di Wall Street, alla vigilia del lungo ponte per il Labour Day di lunedì, Henry Kravis, co presidente e co fondatore del fondo KKR, aveva fatto sapere che la controllata WMF non avrebbe siglato l’acquisto di “quell’azienda italiana specializzata in macchine del caffè”.

Quello che era soltanto un sussurro era poi diventato un avviso di poche parole emesso dalla Borsa di Francoforte alla chiusura delle contrattazioni: “La WMF, quotata in questa Borsa, ha interrotto le trattative per l’acquisto della C.M.A. di Susegana”.

Wmf: che cosa è successo?

Perché l’intenzione d’acquisto che avevamo rivelato lo scorso 5 aprile on è andata a buon fine, nonostante la ferma volontà di vendere di Nello Dal Tio, proprietario della C.M.A. e l’interesse di almeno una parte dei vertici della WMF ad acquistare. I motivi della vendita sono ancora da chiarire. Ma per i tedeschi si trattava di un discreto affare, sia per impiegare utili sia per approfittare di quello che sembrava, ma non per tutti, “l’affare C.M.A.”, sia per provare a completare una gamma di macchine professionali Made in Germany sin qui soltanto superautomatiche con le classiche prodotte nel nuovissimo stabilimento di Susegana.

E a questo punto tornano a galla i tanti quesiti mai chiariti da Nello Dal Tio, posti dall’improvvisa messa in vendita della C.M.A..

Perché vendere un’azienda che aveva annunciato di aver chiuso un bilancio 2011 a 60 milioni di euro

Perché cedere un marchio almeno apparentemente vincente, sia pure in un momento di crisi economica generale in Occidente? Niet Usa La chiave di lettura della prima parte del giallo sta tutta nell’acquisto del 42% della WMF lo scorso mese di luglio. Una notizia apparentemente di serie B. Ma a Susegana erano subito suonati gli allarmi, non quelli della fabbrica, ma quelli della proprietà. le rassicurazioni dei mediatori e della parte amica in WMF, che sarebbe tutt Perché in pochi giorni si era capito, nonostante o ripartito da zero e che cifra e accordo quasi concluso sarebbero stati tutti da ridiscutere. Così è stato.

La pur approfondita due diligence (l’esame dei conti) svolta con cura teutonica dai tecnici contabili incaricati dalla WMF, è stata messa sotto osservazione dagli specialisti ingaggiati dal Fondo KKR

E non ha superato l’esame chiesto da Kravis che aveva soprattutto voluto capire se, nel giro di 2 anni, sarebbe stato possibile guadagnare anche dalla C.M.A., per rivenderla immediatamente oppure per incassare nel terzo anno. Così esigono le ferree regole dei fondi di investimento di tutto il mondo perché così vogliono gli investitori. Reazione WMF I dirigenti del colosso tedesco delle posate non hanno preso bene l’orientamento dei nuovi azionisti di maggioranza ed hanno provato a far valere le loro ragioni, in parte quelle che la C.M.A. aveva messo sul mercato con l’iniziale proposta di cessione.

Tra l’altro la reazione dei manager di Geislingen an der Steige, nel Baden-Württemberg aveva provocato, almeno all’inizio, il compattarsi del fronte interno. Anche chi aveva giudicato senza senso l’acquisizione della C.M.A. aveva poi immediatamente fatto fronte comune con i colleghi sia per spirito aziendale sia perché questo sull’acquisto del marchio italiano era la prima fortissima ingerenza della nuova maggioranza e la vecchia guardia voleva mettere dei paletti prima di correre il rischio di essere spazzata via.

Perché la gestione dell’eventuale accordo con C.M.A. assicurava altri mesi di ricchi stipendi a chi aveva studiato la vicenda e, di sicuro, si sarebbe dovuto impegnare nella complessa operazione di riassetto e consolidamento dei conti e nel contemporaneo rilancio del costruttore veneto sui mercati mondiali, assorbendo il settore commerciale nella ben più strutturata e capillare organizzazione WMF. Reazione KKR Ma i boss statunitensi, nonostante l’entità della piccola (per loro) cifra in gioco, hanno detto no.

Un importo minimo, anche se alcuni analisti l’avevano definito “strano”, e che avrebbe anche potuto essere abbassato in sede di trattativa finale facendo valere, per esempio, il leasing da circa 14 milioni di euro acceso da Dal Tio per la costruzione della nuova fabbrica ma ancora in buona parte da pagare. Così la vicenda è precipitata e si è chiusa, inaspettatamente. Ma soltanto per chi non conosceva a fondo sia i conti C.M.A. sia i metodi dei grandi fondi di investimento.

Nello Dal Tio, per esempio, sapeva tutto sin dalla fine della scorsa settimana. Ma la sua abituale riservatezza aveva blindato la notizia riservandola. Nello dal Tio soltanto ai collaboratori più stretti e fidatissimi. Quelli ai quali, da una vita, affidava gioie e amarezza della gestione dell’azienda. Alla sua fabbrica aveva dedicato enormi attenzioni. Che cosa succederà adesso della C.M.A., sia della proprietà sia del marchio sia delle maestranze? Tutto procederà esattamente come negli ultimi mesi.

Il proseguimento dell’attività non dovrebbe essere in forse sia per la tradizione dell’azienda che ha sempre puntato tutto, forse troppo, sulla produzione, l’innovazione anche di prodotto, la progettazione.

Per esempio è noto ad alcuni tecnici che le macchine costruite a Susegana hanno un primato sulla produzione mondiale. Bastano pochi minuti, anche soltanto 5 ai più abili, per cambiare e sul posto, nel bar, una pompa di una macchina C.M.A.. Quando alcune altre richiedono 2 ore o addirittura il ricovero in officina. Fatturato I conti della C.M.A. sono oggi discreti, per via della crisi che non l’ha risparmiata. Certo, il volume della produzione che era una delle maggiori in Italia, è calato negli ultimi anni. E la gestione dei tantissimi marchi che uscivano dalla fabbrica era sempre più gravata dalle esigenze degli utilizzatori alle prese a loro volta con la difficile situazione economica ed una clientela sempre più attenta ai risultati in tazza.

La C.M.A. è da sempre specializzata, arte veneta, nella costruzione per altri marchi. Le macchine Costa coffee, per esempio, sono sempre partite da Susegana verso le caffetterie di una delle catene più apprezzate nel mondo, soprattutto quello anglosassone. La gamma dei modelli è stata completata da alcuni anni dalla Plus 4 You, presentata a Triestespresso Expo nel 2008, una macchina di alto livello. Le vendite sono lentamente decollate e, in due mercati, la Plus 4 You è addirittura la C.M.A. più venduta.

Il fatturato 2011 è così volato a 60 milioni di euro, almeno secondo l’azienda. Perché allora non è piaciuto ai boss Usa un prezzo di vendita addirittura quasi la metà dell’ultimo fatturato?

Valore C.M.A. Su questo punto gli analisti si dividono

Per alcuni il prezzo indicato all’inizio della trattativa, 36 milioni, era apparso alto. Certo il marchio e l’avviamento e la gamma. Più le sedi nel mondo, alcune di proprietà. Ecco, per esempio, le troppe proprietà immobiliari, un valore tangibile per alcuni, per altri erano valutate un peso per un’azienda delle dimensioni della C.M.A. e alle prese con un leasing di 14 milioni. Un canone pesante, mentre gli utili soprattutto sul basso di gamma, il core business di Susegana, si assottigliavano sempre di più per fronteggiare la concorrenza. Romania Uno degli asset più interessanti della C.M.A. resta di sicuro lo stabilimento in Romania. Ufficialmente questa delocalizzazione si limitava a rifornire di macchine il mercato locale. Nella realtà si era rapidamente allargata all’export, a prezzi molto competitivi.

Ma neppure questo aspetto, che di sicuro sosterrà i conti dell’azienda di Dal Tio nei prossimi anni, ha convinto i finanzieri di Wall Street, forse per le dimensioni e la necessità di grossi investimenti e dei tempi lunghi per far diventare quella di Timisoara una fabbrica all’altezza dei tempi e della concorrenza soprattutto.

Settore sotto pressione

I prossimi mesi e il 2013 saranno decisivi per tutto il comparto delle macchine per caffè professionali. La lunghissima agonia della Brasilia, fallita malamente all’inizio dell’estate, con contorni sinistri per il suicidio di un operaio, ha segnalato che la crisi stava colpendo duro se neppure le banche locali, fuggite quelle nazionali, avevano ritenuto, pur stressate da politici e sindacati, di poter salvare i 180 posti di lavoro di una delle poche fabbriche importanti della zona.

Da notare che neppure l’interessamento di due colossi, uno francese l’altro italiano, erano andati a buon fine. La situazione della Brasilia era andata oltre il punto di non ritorno e, nonostante la produzione sia a Pontecurone – dove non si era mai interrotta al contrario del pagamento degli stipendi – sia a Retorbido potesse ripartire immediatamente. Sistema Italia Dopo il crack del gruppo Rossi, adesso questo no indirettamente tedesco, direttamente della grande finanza Usa.

Certo, il rischio Italia, il giudizio sul sistema Paese non è soltanto spauracchio per la gente e argomento per giornalisti a corto di idee. Ma è soltanto in questi casi che tutti possiamo davvero capire quanto l’Italia e le sue aziende valgano niente o pochissimo per gli operatori e gli investitori globali. Contano soltanto i prodotti.

Preoccupazioni

Questa mattina il lavoro è ripreso a Susegana. Nelle prossime ore le maestranze e il sindacato si troveranno a dover capire anche loro il futuro dell’azienda, degli stipendi. Che, magari con l’aiuto delle banche locali, non dovrebbero, almeno nell’immediato, correre pericoli. Però l’azienda dovrà rapidamente pensare a come ristrutturare il debito, magari alienando alcune proprietà immobiliari di troppo, anche se adesso non è certo il momento migliore per farlo.

Di sicuro, come sua abitudine, Nello Dal Tio, assistito un team di collaboratori che andrà rapidamente ringiovanito, è sulla tolda di comando a scrutare il futuro. Ma già da prima dell’annuncio, che il Signor Dal Tio ha definito “preso di comune accordo”, la proprietà qualche cosa ha fatto.

Come l’accordo, sia pure verbale, con la WMF di proseguire la collaborazione

Dato per scontato che la fabbrica continuerà a funzionare come un orologio svizzero sfornando macchine anche economiche ma di ottime prestazioni e sempre affidabili, questo sì il grande valore della C.M.A., toccherà ai commerciali riprendere il filo con i clienti che, in tutto il mondo, trattenevano il fiato e soprattutto gli acquisti in attesa della cessione e degli orientamenti della nuova proprietà.

Sarà dall’andamento delle vendite dei prossimi mesi, dal portafoglio ordini anche dei cosiddetti modelli “a marchio”, che dipenderà adesso il vero destino della C.M.A. di Nello Dal Tio e delle sue maestranze.

C.M.A. fu fondata da Nello Dal Tio nel 1969 produce più di 25.000 macchine

C.M.A. SPA fu fondata nel 1969 da Nello Dal Tio e da allora la sua crescita è stata esponenziale e sorprendente: da piccola attività artigianale al colosso che produce circa 25.000 macchine l’anno. Ora, affiancato dai figli Sonia e Roberto (rispettivamente amministratore delegato delle consociate WEGA Srl in Italia e G.E.E.C. negli USA), Nello Dal Tio continua a dedicarsi con passione alla crescita della cultura dell’espresso nel mondo, con la massima attenzione a tutte le persone coinvolte nel settore.

WMF ha bilancio consolidato di gruppo di circa un miliardo di euro Leader nei casalinghi ha un fatturato di 300 milioni per il solo settore caffè Fondata nel 1853

Wmf (Württembergische Metallwarenfabrik Aktiengesellschaft) ha sede a Geislingen an der Steige, nel Baden-Württemberg. Considerata come un esempio tipico do Mittelstand (Pmi) tedesca, Wmf ha conseguito l’anno scorso un fatturato vicino al miliardo di euro. Il 29% delle vendite è giunto dal settore macchine da caffè, che costituisce il suo business più redditizio. Il fondo KKR fondato nel 1976 400 miliardi dollari Costituita nel 1976 da Jerome Kohlberg, Jr., Henry Kravis e George R. Roberts, Kkr & Co. L.P. è una multinazionale con sede a New York (quotata al Nyse) e uffici in 13 paesi di tutto il mondo, che ha concluso nei suoi 35 anni di storia operazioni di private equity per un totale di oltre 400 miliardi di dollari.

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