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venerdì 22 Novembre 2024
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Widad Tamimi porta nel viaggio letterario tra Milano e Ammam col caffè

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MILANO – Un libro sul caffè che arriva da lontano, quello dell’autrice palestinese Widad Tamimi. «Ogni casa mediorientale ha due salotti: uno per la famiglia, più informale, dove si raccolgono le donne quando ci sono ospiti; un altro per gli uomini e gli ospiti d’onore, che non appartengono alla famiglia stretta. Il salotto domestico è il più accogliente: lì si svolge la vita vera, le mamme allattano i figli, si mangia e si ride tutti insieme e, nell’intimità familiare, le donne si svelano.

Lì, la mattina verso le undici, c’è il “Caffè delle donnE». Parte da quei ricordi delle estati trascorse in Giordania il viaggio di Widad Tamimi

Un viaggio a ritroso, prima ancora che un romanzo d’esordio, alla ricerca di una propria identità e che da quel ‘Caffè delle donnè (Mondadori) prende il titolo. «Nato insieme a un figlio mai nato», come scrive la stessa autrice, il libro vive di un crogiolo di culture e tradizioni, diviso tra Milano e Ammam, proprio come la sua trentunenne autrice, nata in Italia ma figlia di un profugo palestinese fuggito dall’occupazione israeliana del 1967 e di una donna di origini ebree, la cui famiglia scappò a New York durante al seconda guerra mondiale.

Protagonista, una giovane alter ego, Qamar, figlia di un dottore emigrato in Italia

Che scopriamo ancora bambina correre e giocare con i cugini nella Grande Casa sulla collina della famiglia paterna in Giordania. La sua vita è in Italia, dove vive, studia, ha amici. Ma qui, tra le luci del deserto, cresce la sua parte araba, tra giochi, profumi di zenzero ed hennè, le favole dalle Mille e una notte della nonna. Qui si forma metà del suo esser donna, seguendo i rituali per la preparazione del matrimonio della cugina Lubna. «La libertà dei costumi occidentali – racconta Qamar – nascondeva un senso della vergogna che nella Grande Casa non esisteva. Le donne desideravano essere desiderate e coltivavano l’arte della seduzione perché i loro mariti cadessero vittime dei loro giochi amorosi».

E poi c’è il caffè per Widad Tamini

Che nella vita di Qamar non è mai solo una bevanda, ma da il ritmo alle stagioni con la cura nella preparazione, la scelta della grana, l’aggiunta di qualche chicco di cardamomo. Scegliere un tipo di caffè, deciderne aroma e intensità significa dare un sapore diverso alla giornata. Il caffè poi, in Giordania, racconta anche chi si diventerà. Basta premere il pollice nei fondi lasciati nella tazzina, secondo l’antichissima tradizione perpetrata da Khalto Sherin. Ma Qamar questo non lo vuole sapere. E la sua lettura rimarrà sospesa, mentre ancora quattordicenne il destino la porterà sempre più lontana dalla Giordania. L’altra metà di Qamar è tutta, fortemente Occidentale.

La scopriamo già adulta, fidanzata con Giacomo, incinta di un figlio che non riuscirà a vedere la luce. Ma proprio questo dolore la rimanderà indietro nel tempo a ritrovare se stessa, a scoprire cos’è il vero amore e la vera maternità. Qamar sentirà la necessità di recuperare le proprie radici e di ripensare alle parole ascoltate quel giorno in cui lesse la propria vita nel sedimento del caffè. Un viaggio che non è solo personale, ma anche culturale. Alla ricerca dell’aroma della propria vita. WIDAD TAMIMI, IL CAFFÈ DELLE DONNE (MONDADORI, pp. 300 – 17,50 euro) Da oggi in tutte le librerie d’Italia.

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