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martedì 05 Novembre 2024
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Lamagna, il regista di Illano e Godina: “Dopo il video, sono passato agli specialty”

Il regista: "A casa mia ormai sono attrezzatissimo con tutte gli strumenti alternativi. Speriamo che il documentario riesca a innescare lo stesso meccanismo: io sono riuscito a contagiare anche i miei amici.”

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MILANO – Vincenzo Lamagna è l’uomo dietro la telecamera che ha dato vita al film documentario ideato dalle due menti del caffesperto Andrej Godina e dall’autore Mauro Illiano. Un progetto che parla di caffè, ma, come ha subito puntualizzato il regista “Non solo di caffè”. I due creatori del libro dedicato ai due mondi del vino e del caffè, hanno trasporto la parola in immagini, ed ecco il risultato. Per capire che cosa dobbiamo aspettarci proiettato sugli schermi, il racconto di chi ha guidato la regia.

Lamagna dà un assaggio del suo prodotto audiovisivo

“Si tratta di un progetto transmediale: un primo canale è quello documentaristico curato da me come regista e si coordina con l’altro piano, ovvero quello editoriale, con la pubblicazione di un manuale che mette a confronto il vino e il caffè; infine, il terzo livello si basa sulla parte digitale, con la condivisione di alcune interviste integrali ed esclusive. Per realizzare questi contenuti, abbiamo girato per tutta Italia per circa 20 giorni di riprese diluiti nell’arco di sei mesi, intervistando una miriade di esperti sia nel mondo del vino e del caffè, ma anche addetti di altri settori come linguisti ed esperti di clima. Abbiamo usato un comune denominatore che fosse il prodotto caffè o vino, a seconda dell’interlocutore con cui ci confrontavamo man mano.”

Ma lei come è arrivato a questo documentario? Aveva già delle esperienze sul tema?

“Ho già prodotto un altro documentario sul caffè napoletano l’anno scorso, “Café – storia di una ribalta napoletana”, che evidenzia proprio il rito del caffè, in concomitanza alla candidatura dell’Unesco da parte del rito napoletano. Ho iniziato a seguire delle conferenze sul tema entrando nella rete di esperti che intervenivano. Tra questi c’era anche Mauro: abbiamo lavorato inizialmente a questo primo film insieme. Gli è piaciuto il mio approccio e quando lui e Andrej hanno voluto sviluppare un altro film per portare il livello di consapevolezza del caffè come c’è nel vino, hanno scelto di rivolgersi a me.

Un’immagine durante le riprese, foto di Vincenzo Lamagna

L’idea era quella di paragonarlo alla bevanda più pregiata che ci fosse: l’abbiamo voluto confrontare proprio con l’iperbole del vino. Abbiamo trovato dei punti in comune, per capire perché il caffè non gode ancora della stessa considerazione del vino e come invece ci si potrebbe arrivare. È una ricerca della bevanda. Non eravamo consci neppure noi delle risposte che avremmo trovato e forse le abbiamo ancora risolte tutte: ognuno di noi ha sviluppato una maggiore consapevolezza a modo proprio. È stato un viaggio che ci ha portato a confrontarci con tanti professionisti e a scoprire che c’erano ancora cose da conoscere.

La durata è di circa un’ora e venti. Sono 17 interviste e poi degli inserti brevi, per un totale totale di 18 personaggi. Abbiamo intervistato all’interno della materia prima caffè, Michela Accerrenzi, Andrej Godina, Matteo Tagliaferri, Gerardo Patacconi, Giancarlo Samaritani, Sandro Bonacchi.

Gli altri intervistati sono afferenti ad altri campi. Temi toccati: la sostenibilità sia per quanto riguarda la produttività, che quella sociale; i mercati e il prezzo del caffè legato al suo valore, la storia del caffè dalle sue origini etiopi, l’eventuale futuro della bevanda, come per esempio le carte presenti nei ristoranti blasonati. Infine, un pairing con il cibo con Gennarino Esposito, con Massimiliano Tonelli. “

E dal punto di vista stilistico, ritroveremo la firma Lamagna?

La locandina del documentario, foto concessa da Vincenzo Lamagna

“Non è il primo documentario che facevo e, come negli altri miei prodotti, è possibile
riconoscere la mia firma. Si troveranno tracce di animazione per esprimere certi passaggi più storici, una scelta per l’orientamento dello sguardo dei personaggi che non guardano mai direttamente in camera, per non fare pressione sull’osservatore. Gli intervalli musicali sono strumentali per collegare alcuni argomenti, mentre i personaggi creano un unico discorso musicale. Ho suddiviso il documentario in atti: uno più storico/biologico, uno più economico, oppure altri con focus sulla critica e innovazione. Ho dato valore poi alle due figure di Andrej e a Mauro, cercando di conferirgli due anime diverse: una legato al caffè e una al vino. Li vediamo uniti all’inizio del film, brindando ognuno con il suo prodotto finito di riferimento e nel finale invece nei ruoli opposti, immersi Illiano in piantagione e Andrej nella vigna. “

Perché è importante guardarlo?

“È importante per sviluppare una maggiore consapevolezza per quanto riguarda il prodotto
caffè, perché non solo merita di esser valorizzato al meglio o perché è giusto allinearsi con il mercato internazionale che fissa un prezzo più alto al consumatore finale, ma perché c’è
bisogno di una maggiore coscienza sociale, affinché si continui a produrne di qualità elevata
anche in futuro. Pagare un euro una tazzina, costringe i farmers a vivere condizioni critiche e ad abbandonare la loro attività.

Faccio un esempio personale: da quando ho visto un documentario sugli oceani andato su Netflix, non ho mangiato più pesce per l’80% dei casi, perché ho realizzato che comportava
danni all’ambiente e anche ai pescatori. Siamo arrivati al punto saturo del nostro sistema e del pianeta, se non vogliamo collassare abbiamo bisogno di conoscere in che modo agire. Sapere quali conseguenze hanno le nostre scelte. Marco Omizzolo, giornalista diceva: non si esprime un voto soltanto in cabina elettorale, ma anche entrando nel supermercato e acquistando un determinato prodotto. Questo ci deve far riflettere sui piccoli gesti quotidiani e sulle loro ripercussioni su un sistema più ampio.

Il cinema è uno dei linguaggi universali che ragiona per immagini e quindi è alla portata di tutti, e che può contribuire a cambiare le cose se impiegato bene.”

Lamagna, cosa è cambiato nella sua visione?

“Io oggi non vado più al bar a bere il caffè. Lo acquisto e lo preparo in casa, perché so che l’euro non è sostenibile e arriva probabilmente da una torrefazione che non si preoccupa di avere un impatto sociale. Vorrei avere la possibilità di prendere un caffè al bar che oggi sia eticamente giusto. Ma sono davvero pochi e dislocati a Napoli. Ho imparato a prepararlo in altri modi: il mio preferito ora è il V60 con filtro di carta e prediligo l’Etiopia naturale. È stato un bel salto: adoravo il caffè napoletano. Oggi non riesco più a berlo per una serie di ragioni: ho allenato il palato a un altro tipo di bevanda e poi ho capito che si porta dietro troppe ingiustizie sociali e ambientali.

A casa mia ormai sono attrezzatissimo con tutte gli strumenti alternativi. Speriamo che il
documentario riesca a innescare lo stesso meccanismo: io sono riuscito a contagiare anche i miei amici.”

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