MILANO – Prima finale italiana della Starbucks barista championship. La competizione, che ha trovato, mercoledì 31 luglio, il suo spazio nello store di via Filippo Turati 25, ha visto trionfare una giovanissima partner, Francesca Pedretti, 21 anni. In questa occasione di incontro, l’intervista a Vincenzo Catrambone, il General Manager Starbucks Coffee Italy. Il quale ha mostrato come un Cicerone, i meccanismi, le particolarità e le caratteristiche che fanno di Starbucks, il colosso mondiale del caffè. Ora, anche in Italia.
Vincenzo Catrambone mostra l’universo Starbucks-Percassi
Dentro lo store di via Filippo Turati 25 con Vincenzo Catrambrone. “La prima cosa che colpisce il cliente è il percorso da seguire. Che inizia con l’esposizione del merchandising e del food. Caratterizzato da un’offerta che i partner modificano a seconda delle ore della giornata.
Quando un cliente richiede un prodotto in cassa, la comanda arriva all’operatore che poi prepara l’ordinazione. La quale verrà consegnata al termine percorso, in fondo al negozio.
Quando si giunge in cassa, l’operatore classicamente segna sul bicchiere non solo il nome del cliente, ma anche il tipo di bevanda e la personalizzazione. Una volta fatto ciò, si mattono all’opera due partner: uno addetto ai caldi e uno ai freddi. Sono loro che preparano il prodotto finale da consegnare al cliente.”
L’Italia è il primo Paese in Europa a testare i menù board digitali
“Gli schermi sono qui in Italia per la prima volta. In tutta Europa, in America e nel mondo infatti, esistono ancora le vecchie lavagnette. Al mattino, sugli schermi viene proposto il menù di colazione, pranzo e merenda della giornata.
Alla sera, non prevediamo la formula dell’aperitivo. Non abbiamo i superalcolici, ma siamo gli unici in Italia ad offrire la birra. I soli store dove ho visto la presenza dell’alcol sono gli aeroporti di Londra e Amsterdam.
In quanto Italia, abbiamo apportato modifiche nell’offerta del food. Per adeguare il format a quel che sono le abitudini alimentari degli italiani.
Abbiamo il caffè estratto cold brew, anche se nel nostro Paese ancora non è un prodotto molto conosciuto. In alcuni store spilliamo il nitro cold brew, che somiglia per aspetto alla birra ed ha un gusto molto particolare, completo. ”
Le macchine dentro gli store italiani
Continua Vincenzo Catrambone: “Un’altra personalizzazione attuata in Italia? Per il caffè non siamo partiti con l’uso delle macchine semi automatiche tradizionalmente utilizzate da Starbucks. Ma abbiamo deciso di affidarci a quella che è la Ferrari delle macchine del caffè. Ovvero la Black Eagle VA 388 della Victoria Arduino Simonelli Group.
Una macchina del caffè professionale. Anche i tre macinini on demand, tutti italiani Mythos One, sono di livello eccellente. Le attrezzature che abbiamo adottato, dimostrano che l’arrivo di Starbucks in Italia si sta distinguendo per scelte di qualità.”
Una qualità che ha un costo
“I prodotti li facciamo pagare il giusto. Anche osservando i competitor, noi rientriamo comunque nella media. Chi entra qui da Starbucks poi, si sente a casa propria. Senza la pressione di dover esser cacciato. Qui possiamo contare circa su 75 posti a sedere. Senza contare la parte esterna, altri 10-12 posti.”
I consumatori sono preparati al rincaro dell’euro a tazzina
“Sicuramente. Anche perché la cultura del caffè di Starbucks ormai è riconosciuta. Offriamo una bevanda di qualità e, di conseguenza il consumatore non si stupisce. In ogni caso la tazzina di espresso, anche qui non costa due euro, ma un euro e trenta. Esattamente come lo si acquista anche negli aeroporti e in molti altri bar di Milano. ”
La formazione del personale
Risponde subito Vincenzo Catrambone: “Assolutamente il nostro pezzo forte. Perché, avendo lavorato per altre aziende internazionali, ho potuto fare un confronto su questo aspetto. Qui da Starbucks la formazione è seguita in maniera quasi ossessiva.
La formazione del barista, da manuale Starbucks, prevede due settimane minime di corso. L’operatore viene dotato di un barista plan, da seguire rigorosamente, che comprende la pratica e la teoria. In Italia, è stato deciso di raddoppiare questo lasso di tempo. I baristi quindi hanno svolto ben 4 settimane di piano formativo.
Raddoppiata proprio per poterci contraddistinguere per qualità a livello europeo. Alla fine di questo percorso didattico, quando il manager o il tutor riterrà che sia arrivato il momento giusto, l’operatore viene sottoposto a un vero e proprio esame. Il barista poi riceve un attestato per certificare le sue competenze. E questo è un iter che interessa tutti i livelli aziendali: dall’operatore al manager.”
Vincenzo Catrambone sulla Starbucks barista championship
“Starbucks organizza ogni anno questa competizione a livello europeo, che coinvolge tutti i Paesi. Per cui, ogni negozio ha prima svolto una gara interna, dalla quale sono emersi i primi due talenti. A loro volta, questi, hanno seguito corsi di formazione, in Italia legata alla Sca.
Noi abbiamo regalato ai nostri ragazzi questa possibilità preziosa di formazione. Dopodiché, tra questi selezionati si svolge la finale nazionale che ora è in corso in questo store per la prima volta in Italia.
Chi conquisterà il premio, come vincitore italiano volerà all’Emea di Londra. Rappresentando l’Italia alla finale europea. In palio, il brico d’oro e poi, per il campione italiano, un viaggio in Rwanda.”
Perché tra tutti gli store, per la competizione è stata scelto quello di via Turati 25
“Semplicemente perché è il negozio che possiede un piano interrato che consente di ospitare la gara. Il prossimo anno, con un numero più elevato di store, ripenseremo la location.”
E l’espansione lungo lo Stivale?
Vincenzo Catrambone è cauto: “La prossima apertura effettivamente sarà quella di Torino. Poi teniamo d’occhio Roma. Stiamo valutando alcune location, anche se non è sicuro che saremo in grado di aprire entro l’anno. Perché è una città un po’ più blindata.
Noi vorremmo portare Starbucks in tutte le città d’Italia. Ma vogliamo arrivare pronti, per rispondere alle esigenze mirate dei diversi consumatori.”
Il numero di aperture che ha rilasciato in un’intervista, Percassi, che parlava di 300 Starbucks in Italia?
“Questa è una cifra che è il riflesso del sogno del presidente Antonio Percassi. E’ normale che, nel momento in cui si ha l’opportunità di sviluppare un brand come Starbucks, la volontà di chiunque sia quella di aprire un numero maggiore di negozi. Poi però ci si scontra con la realtà dei fatti. E quindi con le location da trovare, le posizioni strategiche in Italia.
A Milano abbiamo aperto in diversi punti nevralgici.”
E dal punto di vista della gestione, quali sono le difficoltà?
“A livello gestionale, Percassi non ha molte difficoltà. In quanto leader nella gestione e sviluppo delle reti commerciali in Italia e in Europa. Possiamo contare su un know-how importante. Io ho iniziato con una start-up per l’espansione dei negozi Nike in Italia. Ho un esperienza alle spalle di 18 anni. Ho seguito anche la start-up di Atalanta Retail. Infine, mi hanno coinvolto nel progetto Starbucks.
Ogni negozio ha le sue problematiche, al di là della città in cui ci si muove. Anche a Milano, così come Roma. Noi gestiamo le persone: quindi i clienti sono esigenti, soprattutto quando hanno a che fare con Starbucks. La sfida è lasciarli soddisfatti.”
Ma chi entra da Starbucks?
“In realtà abbiamo una clientela abbastanza variegata. Se inizialmente si poteva pensare che i Millennials fossero gli unici utenti di Starbucks, ora è stato smentito questo fatto. Il Frappuccino lo chiedono anche le nonne.”
Il personale
“I concorrenti che si stanno sfidando nella Starbucks barista hampionship sono già partner che lavorano nei nostri store. I ragazzi sono attivi in ogni negozio di Milano. E tutti con elevate competenze, che mettono alla prova la giuria.
Noi cercheremo di rendere Starbucks un’eccellenza in Italia agli occhi dei nostri consumatori.”
Oltre al personale, cosa c’è di made in Italy all’interno degli store?
“Innanzitutto le macchine del caffè. Ma non solo. L’offerta food è customizzata. Noi prepariamo giornalmente il menù con cura assieme ai nostri partner. Il prodotto è made in Italy: alcuni artigiani locali o altre aziende del food, si occupano quotidianamente di realizzare le ricette a disposizione del consumatore. Dietro c’è artigianalità e passione.”
La parte della comunicazione all’utente: quanto è importante?
“La connection è uno dei pilastri di Starbucks. Nel gruppo Percassi poi, dai primi giorni del mio ingresso nell’azienda, il cliente è la persona più importante su cui concentrarsi. Per lavorare bene per la sua soddisfazione, la connection è fondamentale.
E’ necessario stabilire un contatto. I nostri ragazzi in cassa sono aperti, dialogano con il cliente e lo guidano. All’ingresso, quando i flussi lo consentono, mettiamo a disposizione all’entrata un partner che guida il cliente all’uso efficiente del format di Starbucks. Molto diverso dal bar tradizionale italiano.
Quando abbiamo l’opportunità, in sala un ragazzo racconta l’offerta e le soluzioni Starbucks. Questo vuole essere il famigerato “terzo luogo” oltre casa e lavoro.”
Qual è il momento di maggior afflusso?
“Abbiamo tre pick hour importanti: la colazione alla mattina, piuttosto scontata, dove offriamo un assortimento importante di food tra proposte italiane e americane. Con i muffin che arrivano direttamente dalla Pennsylvania.
In secondo luogo arriva il pranzo, rivalutata dai clienti che hanno assaggiato la qualità dei nostri prodotti. Infine, abbiamo la fascia dedicata alla merenda, che è anche quella che registra una maggiore affluenza.
Inaspettatamente solo da un certo punto di vista. Dalle due e mezza alle sei e mezza, forse è il momento più importante per Starbucks. Perché i ragazzi si ritrovano nei nostri store per bere il Frappuccino e riunirsi.”
di Simonetta Spissu