Veronica Rossi, sustainability senior manager del Gruppo Lavazza e vincitrice del premio SDG Pioneer Italy 2024 nella categoria Large national and multinational organizations, rivela l’impegno dell’azienda nei confronti della sostenibilità nell’intervista di Roberto Giovannini per il portale Materia Rinnovabile.
In particolare, Rossi rivela l’organizzazione per la direttiva CSRD, emanata dall’Unione Europea a dicembre 2022 e recepita dall’Italia a settembre 2024, che ha esteso l’obbligo di divulgare il proprio impatto sociale e ambientale. Leggiamo di seguito un estratto dell’intervista.
Partiamo da una domanda generale: come si inserisce la sostenibilità nella strategia del Gruppo Lavazza? Come vi siete organizzati per la CSRD?
“Ho la fortuna di lavorare in un’azienda che alla sostenibilità crede da tempo, e questo ha permesso di prepararci con largo anticipo. Il mio dipartimento di sostenibilità, che fa parte della direzione Finance, è già un passo avanti per l’integrazione tra bilancio finanziario e non finanziario.
Il dipartimento è costituito da quattro unità: supply chain, sostenibilità sociale, sostenibilità ambientale e strategia/reporting, dove lavora un team di tre persone che da mesi si dedica alla CSRD. La direttiva non si applica subito al Gruppo Lavazza, che si trova insieme alle aziende con più di 250 dipendenti non quotate, che partiranno nel 2026, ma il lavoro è iniziato ugualmente già quest’estate, con un anno e mezzo di anticipo.
Il primo passo è stato fare una gap analysis, un punto di partenza obbligato. Lavazza ha già dieci anni di esperienza nei bilanci di sostenibilità usando gli standard GRI, ha già una solida struttura per la raccolta dati e coinvolge le società estere del gruppo da sei anni. Abbiamo sviluppato un tool di raccolta dati da tutto il mondo, con un sistema di approvazione strutturato: chi inserisce i dati li fa validare dal responsabile locale (per esempio, il responsabile salute e sicurezza in Francia), e poi questi vengono consolidati e approvati a livello di gruppo.
Questo sistema non è ancora un vero e proprio controllo interno in stile CSRD, perché non coinvolge l’audit interno, ma è già un passo avanti: ruoli chiari, approvazioni definite e un processo rodato che, con qualche aggiustamento, potrebbe diventare conforme ai requisiti futuri.
Per le gap analysis sugli SRS, ci stiamo facendo aiutare da una grande società di consulenza. Il motivo? Non solo la mole impressionante di data point che vengono richiesti, ma anche alcune complessità interpretative. Su certi punti c’è bisogno di una guida esterna per navigare tra definizioni che, a volte, risultano davvero intricate”.
E poi, immagino, la doppia materialità. Ci state lavorando?
Rossi: “Anche sulla doppia materialità ci siamo mossi in anticipo: abbiamo già fatto l’esercizio quest’anno, lavorando in autonomia con il supporto del team di Accounting e Reporting. Essere integrati nella direzione Finance ci ha aiutato parecchio, soprattutto per far percepire anche ai colleghi che si occupano di bilancio tradizionale l’impatto di queste nuove richieste”.
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