MILANO – È passato qualche tempo dalla pubblicazione dell’articolo su Repubblica da noi qui riportato, firmato dal giornalista Massimiliano Tonelli, che ha colpito nel cuore del rito dell’espresso italiano. Il dibattito però non si è ancora esaurito e, dopo le tante voci che si sono espresse sul tema, si è aggiunto anche il cuoco del chicco Fabio Verona, che ha voluto dare la sua opinione da addetto ai lavori che con la cultura del caffè ci vive e lavora quotidianamente. La proponiamo di seguito, dal blog arabica100per100.com.
Verona sull’espresso
Se googolate la frase del titolo e scorrete le immagini che vi appariranno, scoprirete che nelle varie tabelle (colour coffee chart) delle cromie del caffè tostato, “l’Italian Style” corrisponde grosso modo al livello più scuro di torrefazione del caffè, praticamente carbonella.
Queste tabelle sono utilizzate a livello internazionale dai vari produttori di colorimetri ( strumenti atti a misurare il colore di una superficie) per associare un colore, che a seconda dello strumento utilizzato può essere espresso in diverse scale di misura (QUI le diverse scale equiparate dalla Sca su base di colore per tostatura da cupping) al colore che maggiormente si avvicina (cannella), o al paese dove viene maggiormente consumato (New England , Vienna, Francia, Italia, Napoli, Spagna) o al momento della giornata (da light city a full city mediamente intesi come dal breakfast all’after dinner).
Perché l’italian roast è più scuro?
Poniamoci questa domanda: perché nelle tabelle di tostatura internazionali il colore più scuro è abbinato al caffè italiano o spagnolo?
Ovviamente perché chi ha realizzato le tabelle ha preso un numero significativo di campioni di caffè tostato dal commercio e dopo averne misurato il colore ne ha determinato l’associazione.
Ed è proprio questo che ci deve far riflettere e preoccupare…
In questi giorni sono molte le polemiche sorte a seguito dell’articolo apparso su “La Repubblica” nel quale si denigrava il caffè italiano, ma piuttosto che polemizzare sarebbe opportuno fare una analisi consapevole della realtà.
Di certo non si deve fare di tutta l’erba un fascio, e sempre più spesso si trovano torrefazioni italiane che propongono caffè con differenti gradi di tostatura.
Ma nemmeno si deve gridare allo scandalo per quanto scritto da Tonelli nel suo articolo (magari incompleto), e anche difendere a priori ed a spada tratta l’Espresso Italiano quando questo presenta innegabilmente note negative non è altrettanto coerente.
Chi mi conosce lo sa, io sono per la chiarezza e la trasparenza, oltre che per la corretta informazione, che è quella che può portare il consumatore a diventare consapevole e quindi ad influenzare il mercato verso la commercializzazione di prodotti di migliore qualità.
Verona: Ma che gusto deve avere il caffè?
Cominciamo col dire che il caffè, frutto tropicale, è “naturalmente” un alimento che presenta note fruttate, acide, dolci, le quali attraverso la torrefazione si modificano, creando nuovi aromi e profumi, che si degradano quanto più la cottura prosegue (se siete interessati a qualche informazione in più sulla tostatura potete leggere questo articolo) .
Raccolta manuale del caffè presso la Hacienda San Pedro in Puerto Rico. L’esempio più semplice è quello di una torta, o se volete addirittura di una marmellata.
Iniziate a cuocere le vostre fragole e man mano che la frutta si addensa si riduce l’acidità e aumenta la dolcezza, ma se le si cuoce troppo gli zuccheri iniziano a caramellizzare ed infine a bruciare, lasciando solo un gusto amaro e di bruciato alla vostra marmellata.
A chiunque venisse proposta non potrebbe che creare disgusto.
Con il caffè è esattamente la stessa cosa: gli zuccheri bruciano, con l’aggravante che ci sono anche le parti fibrose, che aggiungono le note di cenere e di gomma bruciata.
Sfido io che poi il caffè va bevuto con zucchero e talvolta anche latte!
Detto questo, tutti gli eccessi sono opinabili o di gusto personale, e quindi non si discutono, ma se comprendo che culturalmente in Italia non si sia abituati a caffè molto acidi, non riesco a farmi una ragione sull’ostinarsi a bere prodotti bruciati o ampiamente difettati.
Già, perché purtroppo molto spesso se non sono bruciati, molti dei caffè in commercio sono ricchi di difetti, che l’utente medio non sa riconoscere e che quindi non rifiuta.
Di chi è la colpa allora?
La colpa è un po’ di tutti, dai torrefattori che pur di vendere ad un pubblico ignorante danno loro quello che chiedono (ma è una delle due leggi del mercato: o lo segui o lo crei!) fino ai grandi chef stellati o associazioni blasonate che annoverano tra i propri prodotti caffè con queste caratteristiche negative, fino ai baristi che non conoscono il prodotto e non lo preparano nel modo corretto, causando loro stessi sovente delle gravi criticità al caffè stesso prima ancora che alla bevanda.
Nel mondo delle associazioni e dei ristoranti stellati entreremmo in un ginepraio di situazioni economico commerciali dalle quali voglio restarne fuori, ma rimango dispiaciuto, in quanto molti sono personaggi trainanti, sempre sotto i riflettori mediatici, e che quindi fanno tendenza.
Se finalmente iniziassero a voler fare tendenza anche con il caffè con la stessa qualità che propongono e divulgano con il cibo, allora forse sì che le cose cambierebbero!
Dobbiamo essere fiduciosi e propositivi!
Di certo siamo in un periodo dove, proprio grazie alla facilità con la quale si riesce a fare comunicazione, possiamo portare un messaggio a molti consumatori per renderli consapevoli (vedi ad esempio il mio blog: una volta avrei potuto scrivere solo se avessi fatto parte di una testata, e magari con qualche censura in più…), e quando intendo consapevoli non voglio dire indottrinati, ma informati in modo trasparente.
Molti miei colleghi stanno portando avanti campagne di divulgazione sulla qualità del caffè, sulla necessità di fornire una maggiore sostenibilità all’intera filiera; molte torrefazioni portano avanti progetti con caffè di qualità e con il coinvolgimento dei baristi nella formazione per la trasformazione in espresso (elemento di fondamentale importanza nella filiera e non solo, qui ad esempio il CSR di Costadoro).
Io, nel mio piccolo, cerco di scuotere sempre un pochino le anime, di farvi uscire dal torpore e dalla vostra confort zone, spronarvi a cercare e provare nuove caffetterie che propongano caffè specialty, oppure monorigini, e dove quanto meno il barista sia in grado di indicarvi quale tipologia di caffè state bevendo (non la marca della torrefazione) e di preparavi l’espresso seguendo le regole base.
Quali sono le regole base? Potete scoprirle in questo video pubblicato da “La Stampa” qualche anno fa.
La corretta routine del barista, sarebbe già un bel passo avanti…
Inoltre, lo scrivo qui pubblicamente, sono disposto in forma gratuita a realizzare degli incontri formativi con i patron dei ristoranti stellati o con le associazioni del buon cibo per affrontare insieme, serenamente e oggettivamente, un percorso di conoscenza e di confronto sul caffè.
Se qualcuno è interessato può scrivermi direttamente a arabica100per100@yahoo.com e sarò lieto di mettermi in gioco.
Verona: Ai baristi dico solo studiate, studiate, studiate!
Il vostro ruolo è determinante per la corretta preparazione di un espresso, e a settembre uscirà il mio libro “Professione Barista”, che potrà esservi di grande aiuto per comprendere facilmente l’importanza del vostro lavoro e trovare i suggerimenti rapidi per migliorarlo o renderlo anche solo più performante, parola di #coffeechef!