“Torrefazioni in crisi? Tante vanno benone”. La recente pubblicazione dell’indagine sulla crisi di alcune torrefazioni italiane, seguita a ruota dall’analisi del fenomeno da parte del conte Giorgio Caballini, presidente del Gruppo Italiano Torrefattori, ha sollevato perplessità e opinioni divergenti. Abbiamo affrontato il tema con Enrico Venuti (al centro della FOTO con il fazzoletto nel taschino della giacca), presidente della Sandalj Trading Company di Trieste, operatore specializzato che lavora prevalentemente con le torrefazioni – sia sul territorio nazionale sia estero – tra i maggiori crudisti italiani e azienda leader nel mercato dei caffè speciali.
Qual è a suo avviso e alla luce dei dati acquisiti, lo stato di salute delle torrefazioni italiane?
“Non posso certo negare, come del resto a ragione sostiene il conte Caballini, che la crisi non ci sia. Per quanto riguarda il settore delle torrefazioni, la situazione si è appesantita con una nuova causa di malessere: ovvero, uno spostamento del consumo che dal bar è migrato verso il porzionato. La crescita di questo settore sta mettendo in difficoltà molti bar e, a effetto domino, anche le torrefazioni. I consumatori poi si sono disaffezionati ai bar in quanto spesso non trovano più la professionalità e la cura nel servizio. Inoltre, di frequente, l’espresso bevuto al bar non è di grande qualità organolettica”.
Il futuro per le torrefazioni sta dunque nella qualità?
“Dal mio osservatorio piuttosto variegato, sia geograficamente parlando che in termini di quotidianità lavorativa, non sarei così pessimista circa la presunta ecatombe di aziende prossime alla cessione rilevata dall’indagine. A dare un incoraggiante segnale ci sono i dati della ricerca sull’alta qualità, quali i caffè tracciabili e quelli di eccellenza, in costante ascesa. Numeri che fotografano un settore in aumento e in buona salute. Le torrefazioni che trattano caffè di qualità incrementano pertanto il giro d’affari, non lo diminuiscono”.
Vogliamo parlare allora del prezzo: è un problema oppure no?
“In verità è un falso problema, poiché è ben vero che l’altissima qualità costa, ma è altrettanto vero che è ripagata da un consumatore finale fidelizzato. La nostra azienda riconosce il giusto prezzo ai produttori, e la trasparenza fa inoltre sì che i nostri clienti sappiano come questi costi sono formulati. Va sottolineato e ricordato che la buona qualità non comporta costi eccessivamente superiori, soprattutto se rapportata al numero di tazze estratte per chilo di caffè. In altre parole, si parla di centesimi di differenza tra una tazza e l’altra. Correlandola alla differenza per tonnellata sono poi i centesimi che distinguono la tazzina buona da quella cattiva o, quantomeno, scarsa. Se il “ core “ business è il caffè, non si può a mio avviso lesinare sulla materia prima”.
Ma le top quality sono sempre disponibili e facilmente reperibili?
“Diciamo che in linea di principio lo sono per il cliente che si rivolge a noi, perché è il nostro lavoro. Per quanto ci riguarda l’iter è alquanto complesso: in primis ci sono la fase della scoperta e della ricerca qualitativa. Prima di passare all’acquisto di un lotto proviamo, dieci, venti campioni. Va da sé, insomma, che fare qualità è senza dubbio più faticoso, poiché, come per tutte le cose, anche nel caffè l’eccellenza richiede un impegno maggiore. Non privo di difficoltà ma, se alle spalle ci sono l’esperienza e il desiderio di lavorare bene, diventa tutto più semplice”.
Intervistati per la bontà del loro torrefatto i clienti della Sandalj sono gli unici a citare il fornitore del verde.
“E noi ne siamo naturalmente lusingati oltre che fieri: Sandalj è sinonimo di garanzia, perché acquistare caffè Sandalj si traduce in certezza della qualità. In un settore in continua evoluzione come il nostro,mantenere un rapporto di fiducia con la clientela che torni nel tempo a rifornirsi da noi, non è scontato né tantomeno frequente. Il valore aggiunto dell’affidabilità qualitativa è addirittura sfruttato da alcuni che, c’è giunta voce, millantano di aver acquistato dalla Sandalj i loro caffè, nonostante siano anni che non ci contattano. Siamo diventati insomma una sorta di “fornitore aspirazionale” e “ bollino di garanzia”.
La qualità può potenzialmente rappresentare un rischio: il container che arriva si presume di nome e di fatto di qualità.
“Venticinque anni fa capitava alle volte di respingere partite di caffè inadeguate. Oggi invece acquistiamo solamente su approvazione campione. Grazie a una ricerca mirata su 20-30 campioni analizzati nel laboratorio Sandalj, diretto da Edy Bieker, scegliamo solamente il lotto che ci piace. Acquistato il caffè, attendiamo i campioni di pre imbarco: se approvati, la merce viene pagata e successivamente imbarcata. All’arrivo a Trieste, il campione di sbarco deve ovviamente coincidere con quelli precedenti. Durante la permanenza a magazzino viene poi assaggiato ciclicamente dai nostri tecnici. Di alcuni prodotti di prestigio, come ad esempio il Jamaica Blue Mountain, certifichiamo la corrispondenza del DNA”.
Anche in Italia si stanno diffondendo le micro-torrefazioni: qual è la sua opinione in merito?
“Assolutamente positiva. A me piacciono molto per lo spirito d’iniziativa che le sostiene. Perlopiù sono piccole realtà locali, in genere pasticcerie o bar che acquistano una mini macchina per tostare. Un segmento molto vivace che punta solo sulla qualità estrema”.
Tornando ai nuovi caffè: come si trovano?
“Con un certosino lavoro di ricerca. Da parte nostra verso l’esterno, ma anche tramite i produttori che ci contattano. E’ risaputo che Sandalj ricerca il meglio, premia i microlotti e mette in risalto le piantagioni virtuose. Non è una ricerca semplice poiché la concorrenza è agguerrita. Giapponesi e americani acquistano tutto senza battere ciglio e a prezzi molto elevati. Portare in Italia le qualità che cerchiamo è dunque spesso difficile nonché oneroso. Detto ciò, mi farebbe comunque davvero felice se anche in Italia si apprezzasse di più la percezione relativa alla qualità organolettica del caffè. La verità è che da noi, una certa parte di torrefattori guarda più al prezzo che alla “potabilità “del caffè, mentre all’estero il primo requisito è la qualità del prodotto”.
In questo scenario quale ruolo ricopre la Sandalj?
“Chi punta solo sul prezzo entra in una spirale discendente. Ritengo sia anche per questa ragione che alcune torrefazioni sono sofferenti. Del resto è così in molti settori: il mercato premia l’eccellenza qualitativa senza scorciatoie. Il chicco di caffè non è il prodotto di una catena di montaggio, ma un prodotto della natura e come tale va rispettato e avvicinato con umiltà e voglia di studiare, poiché non si smette mai di imparare”.