MILANO – All’interno del Convegno “Il caffè tra qualità e nuove tendenze” tenutosi durante Venditalia, si sono espresse diverse figure di spicco, che hanno analizzato il settore Vending e, nello specifico, il prodotto caffè. Dopo, Paolo Andrigo, riportiamo l’intervento del secondo relatore. È Alessandro Galtieri, barista, Trainer Sca e Campione Italiano Brewing 2018. Difenderà i nostri colori a Belo Horizonte in Novembre.
Il suo punto di vista è interessante in quanto è inedito che un esperto di caffè specialty di tale calibro, esprima la sua analisi sul settore della distribuzione automatica. Due mondi che sembrano così distanti.
Ma che Alessandro Galtieri sia un pioniere, era stato dimostrato da tempo. Già negli anni ’90, infatti, è stato fra i primi a proporre nel suo locale una carta dei caffè con blend e monorigini, e in diversi metodi di estrazione.
Un vero precursore, di recente premiato anche con il Bargiornale Baraward 2017 per la migliore caffetteria dell’anno.
Entriamo nel dettaglio del suo intervento sul palco di Venditalia.
Alessandro Galtieri illustra le nuove tendenze del caffè
“In Italia si registra una nuova tendenza di gusto sul caffè. C’è infatti una ricerca di maggiore qualità e di un’offerta più ampia, sia di prodotto che di modi di prepararlo;
ma è una tendenza che nasce qui e adesso? Credo che sia interessante approfondire questo argomento per comprendere meglio il fenomeno.
La risposta a questa mia domanda retorica, si trova lontano, nello spazio e nel tempo. Siamo negli anni ’70, negli Stati Uniti. All’epoca, l’industria del caffè non navigava in buone acque.
La qualità era generalmente pessima, il mercato aveva raggiunto la saturazione e la nuova generazione, nata dal boom demografico, si era dedicata ad altre bevande, soprattutto
quelle gasate.
Alcuni trader lungimiranti, capirono che per uscire dall’angolo era necessario puntare sull’aspetto qualitativo del prodotto. Per cui, affiancarono all’offerta tradizionale, una nuova linea composta da prodotti di qualità reale, nettamente superiore.”
E’ in questo momento che viene coniata la definizione di specialty coffee
“Videro la luce le prime caffetterie in cui furono proposti questi nuovi prodotti. All’interno dei loro locali, questi pionieri raccontavano il caffè in tutti i suoi aspetti, dall’origine al
coltivatore, al processo di lavorazione; aggiungendo valore al pregio intrinseco.”
In questo modo, il caffè venne liberato dalla patina di banalità che gli veniva attribuita, e il consumatore rispose in modo estremamente positivo trovando luoghi accoglienti. Con un
concetto di qualità, onestà e trasparenza.”
Negli anni ’90
“In questi anni emerge una nuova tendenza dettata da una generazione di nerds, che, a differenza della precedente generazione yuppies, porta avanti le proprie competenze con
basso profilo.
Ha bisogno di luoghi di aggregazione, in cui basare perfino il proprio ufficio virtuale. Sono avidi di novità e vogliono suggestioni, qualità reale e prezzi contenuti.
Essi trovano in queste caffetterie il loro luogo di elezione; facendoli in qualche modo diventare il manifesto di un nuovo archetipo emergente.”
Un fenomeno non previsto
“Che lascia spiazzati i grandi player, ma trova preparato un grande imprenditore, Howard Schultz che comprende l’effetto propulsivo che può avere questa nuova tendenza: nasce Starbucks.
Un modello commerciale replicabile che offre a tutto il mondo la possibilità di identificarsi con il nuovo modello nascente.
Il fatto particolare è che, Starbucks, come tante altre catene di questo genere, offre un servizio che richiama lo stile italiano, anche se attraverso una lente distorta.
E’ così che, l’industria italiana già fiorente sul mercato interno negli anni ’90, conosce un insperato incremento delle vendite all’estero.
In una situazione del genere, è comprensibile che non senta affatto l’esigenza di modificare la propria proposta in ossequio alle nuove tendenze.”
I consumatori italiani
“Gli italiani, si sa, sono sempre stati molto legati alle proprie tradizioni sul caffè. Coloro che entrarono in contatto con il fenomeno Starbucks liquidarono l’esperienza con un
giudizio divertito ma negativo.
Di fronte ad un Frappuccino infatti, non intuirono il movimento di qualità che aveva generato questo cambiamento. Per questo il mercato italiano, risultò molto ostico. Rimase tale per lungo tempo, alla penetrazione delle catene di caffetterie.”
Tornando però all’onda generata dal basso
“Alla fine degli anno ’90 la spinta specialty non si è esaurita, anzi, continua ancora a crescere. In tutto mondo ormai, sono sempre più numerosi i baristi che si formano anche presso le Associazioni no-profit. A cui anche io ho aderito, da poco nate in America e in Europa.
Per cui, le competenze sono sempre più condivise. È un modello che diventa moda, e richiama sempre più i giovani. Che identificano questa tendenza con la moda hipster per comunicare con maggiore efficacia la loro diversità.
Nel 2000 nascono le competizioni ufficiali tra baristi circuito mondiale Wce. Ed è proprio grazie al confronto che, i baristi italiani, finalmente si accorgono di non essere gli unici e nemmeno i migliori.
Dopo anni passati a dare per scontate le proprie abilità sul
caffè, semplicemente in quanto italiani, si trovano disorientati dalla competenza dei professionisti stranieri.
Dopo questo primo momento di smarrimento, in cui è avvenuta la rivelazione, un piccolo gruppo di baristi tricolore ha iniziato a impegnarsi fortemente; aggiornandosi sui nuovi standard globali; cercando di colmare la lacuna con mentalità aperta.”
I nuovi consumatori italiani
“Anche i clienti, oggi, sono molto più aperti mentalmente rispetto a quanto non lo fossero quelli delle generazioni precedenti.
Viaggiano più frequentemente e, soggiornando in Paesi diversi, entrano in contatto con le altre culture, finendo per apprezzarle.
Sono molto meglio disposti anche rispetto a quelle bevande estratte in modo alternativo che prima, i loro genitori, avrebbero scartato bollandole come beveroni.
Anche se in leggero ritardo, le multinazionali si adeguano al nuovo trend proponendo linee di prodotti diversificati e di maggior qualità.
Prima su tutti la Nestlé che crea le capsule Nespresso, un prodotto iconico che penetra diversi settori del mercato con l’arma di una ampia gamma e gusto sempre piacevole.
Altro esempio è il progetto iTierra! di Lavazza che pure propone una diversificazione della proposta anche al bar e una
maggiore attenzione verso il produttore; accendendo i riflettori su uno degli anelli deboli della catena della qualità: il coltivatore, occupandosi della sua qualità di vita e prospettiva
futura.”
Che cosa c’entra il Vending con questa storia di qualità?
“Quanto precedentemente detto ci fa capire che quella che sta arrivando anche in Italia non è una moda passeggera ma una solida realtà.
Già oggi, si sono confrontate con essa grandi realtà commerciali come ad esempio Autogrill. Negli ultimi anni, in risposta alle nuove tendenze del mercato, ha incrementato la qualità del caffè con una miscela esclusiva, aumentando anche la grammatura, precedentemente più scarsa. Per migliorare il risultato in tazza.
Ha introdotto in via sperimentale le singole origini e il caffè filtro, per andare incontro alle richieste di clienti più esigenti, anche stranieri.
Quello delle singole origini è un mercato che esula da quello classico. Non è quindi vincolato alle stesse logiche di prezzo, per cui il cliente è disposto a pagare tranquillamente il 20 – 30% in più per un caffè di maggior qualità.
Inserirlo in un consumo veloce come quello dell’Autogrill è un
segno importante che anche le grosse realtà commerciali si preparano a far fronte alle nuove esigenze.
Il settore vending può cominciare a considerare il cambiamento in atto. Con il grande vantaggio di potersi ispirare alle esperienze dei grandi player che l’hanno preceduto.
Una situazione privilegiata in cui può programmare con perizia le sue prossime mosse per trovarsi pronto fare il salto di qualità.
In questo senso, sono stato felice di vedere Associazioni di categoria come Confida che guidano i propri associati a compiere questo passaggio mettendo a loro disposizione
disciplinari che superano gli standard qualitativi di legge;
consentendo a coloro che decidono di aderirvi, di entrare a far parte di una élite di produttori e distributori qualificati.
Associazioni che comprendono l’importanza di rendere disponibili corsi di formazione sul caffè.
Perché l’incremento della qualità passa necessariamente attraverso la conoscenza del prodotto. Una qualità reale, che comincia da dentro la tramoggia; che permette di intraprendere
un vero e proprio percorso di crescita professionale e di vendita al passo coi tempi grazie a un movimento che parte da lontano.
Un movimento di crescita qualitativa di tutto il comparto non può che essere positivo per tutti, operatori, aziende, consumatori ed economie dei Paesi di origine.”