MILANO – Il primo ottobre si avvicina sempre di più e con esso, come ogni anno, anche la giornata dedicata al caffè che per questo complicato 2020, ha deciso di focalizzare l’attenzione su un tema tanto importante quanto sottovalutato: la salvaguardia dell’ecosistema delle piantagioni del chicco.
Sostenibilità quindi: di nuovo questo termine torna a popolare iniziative e strategie aziendali, per tentare di costruire un futuro dove questa materia prima continuerà ad esser prodotta, che sia Arabica o Robusta.
Varietà che attualmente, rischiano davvero di scomparire nel futuro prossimo. Ma la risposta potrebbe esser trovata nelle specie selvatiche della pianta, così come sottolinea l’articolo pubblicato sul sito advances.sciencemag.it.
Il commercio globale del caffè si basa su due varietà principalmente: l’Arabica ne copre il 60%, mentre la Robusta prende il restante 40%. La Liberica è invece una terza specie coltivata nel mondo ma irrilevante a livello di mercato.
Nonostante le varietà che hanno avuto più successo sino ad oggi, dal punto di vista agronomico e da quello economico, siano appunto l’Arabica e la Robusta, esistono tantissime minacce al loro mercato globale. Tra cambiamenti climatici, siccità, l’incidenza di funghi patogeni, malattie, pesti, l’Arabica del centro, del nord e del sud America, ma anche la Robusta africana, corrono seri rischi di estinzione.
Le varianti selvatiche avranno sempre importanza, ma saranno richieste in futuro le altre specie
La maggior parte dei consumatori, ma anche degli operatori del settori, non sono a conoscenza che esistano più di due o tre specie di caffè. In realtà ne esistono ben 124 riconosciute dalla scienza, tra cui quelle naturali nell’Africa tropicale, nelle isole dell’Oceano indiano, Asia, Australasia.
Tutte le specie presentano la morfologia tipica del seme e molte di queste varianti selvatiche sono e sono state utilizzate nelle zone locali e regionali al posto dell’Arabica.