domenica 22 Dicembre 2024
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Vaicacao, progetto di cacao e filiera sostenibile che unisce da Olbia all’El Salvador

I fondatori: “Siamo ripartiti da capo in Sardegna con quello che avevamo a disposizione. Abbiamo iniziato con dei trita uva e abbiamo fatto tanti esperimenti. Il primo anno è stato di prove, fallimenti e riprese. Stiamo ancora perfezionando le nostre tecniche. Il bello è capire cosa fare a livello tecnico nel processo a furia di sperimentare e assaggiare."

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MILANO – Quando una passione diventa professione, è in grado di unire due paesi molto distanti geograficamente in un prodotto artigianale di qualità: questa è la storia dietro l’azienda sarda VaiCacao, portata avanti dal lavoro congiunto di Elisa e marito JuanRa.

VaiCacao, unione tra Sardegna e El Salvador

Come nasce? Raccontano i fondatori a partire da JuanRa: “Arrivo da El Salvador, il paese più piccolo dell’America Centrale. Qui, nel 2009 abbiamo creato con mio padre una cooperativa per rilanciare la coltivazione del cacao. Sempre nella mia terra di origine ho incontrato Elisa che a quel tempo lavorava per l’Onu in quella zona ed è stata proprio lei a voler valorizzare la nostra materia prima e portarla al mercato europeo.

L’industria però penalizza le piccole quantità e dover riempire un container non è tanto semplice, considerato che poi nessuno vuole pagare il giusto prezzo al chilo per il cacao. Creando VaiCacacao abbiamo voluto sperimentare un sistema diverso, con cuore sardo e radice salvadoregna, per costruire una filiera sostenibile. E lo stiamo facendo, contattando e coinvolgendo pian piano diversi coltivatori per sviluppare una rete composta da più piantagioni di cacao.”

Il cacao alle origini (foto concessa)

Vaicacao è un progetto di cacao e filiera: per una supply chain che non si focalizzasse soltanto su logiche di mercato ma che si concentrasse sulla qualità, meno sulla quantità, trasmettendo un migliore prezzo al chilo al cacaotero, e offrire la esperienza dei sapori autentici e puri delle diversi terroirs di cacaos Mesoamericani, attraverso la nostra collezione di prodotti vaicacao.

Continua Elisa: “Così ci siamo trasferiti in Sardegna e formalmente abbiamo iniziato con l’apertura nel 2017 di VaiCacao per creare un nostro mercato in Europa che ci permettesse di non dipendere solo da trading delle fave di cacao: abbiamo tracciato noi un percorso, puntando molto sulla purezza del cacao. Non è facile produrre il bean to bar, perché è molto costoso e molto lungo come processo, come qualsiasi metodo artigianale: per fare una tavoletta ci vuole una settimana tra il mulino a pietra – che da una texture più grezza e autentica – la torrefazione, vagliatura, macinazione, temperaggio, impacchettamento.

All’inizio avevamo pensato di fare tutto in maniera differente da come procede la classica industria, che riempie semplicemente di zuccheri il prodotto. Abbiamo puntato alla riscoperta dei benefici nutrizionali del cacao, con processi più lenti che permettono di conservarne le caratteristiche volatili. Ci concentriamo sulla riscoperta del cacao in origine, che è la parte più interessante, raccontandolo in chiave storica: la pasticceria e le praline sono arrivate dopo in Europa, ma nei paesi d’origine, il cacao era considerato per il suo valore spirituale e poi commerciale.

La bevanda che si otteneva dal cacao veniva usata in cerimonie e rituali di qualsiasi natura. Il cacao era il loro caffè perché molto energetico. Stiamo provando a trasmettere questo aspetto, insieme alla sua parte terapeutica e nutrizionale. I nostri prodotti, dalla granella pura alla tavoletta, sono pensati per valorizzare tutto questo: abbiamo anche realizzato un packaging in cui vengono indicate le origini del cacao, gli effetti sull’organismo, dando tracciabilità e comunicando la complessità della filiera. Portando alla luce i tanti protagonisti che ci aiutano dalla piantagione sino a noi.”

Come avete costruito la vostra filiera?

“Le relazioni commerciali sono state coltivate dal 2009, a partire proprio dalla piantagione di famiglia che soprattutto lavorava il caffè con una parte però dedicata naturalmente al cacao vicino al fiume. Con mio padre abbiamo avviato questa attività alternativa per recuperare i terreni abbandonati. Noi siamo stati i primi e in seguito, proprio poiché i rapporti sono sempre stati stretti restando in famiglia, nel 2010 con mio zio Jaime abbiamo sviluppato una sua piantagione.

JuanRa (foto concessa)

C’è un’altra farm ancora in El Salvador, la Finca Parras Lempa della famiglia Morataya, con la quale da diversi anni stiamo imparando processi per ottenere la qualità giusta. Con la tecnologia riusciamo a raggiungerli, grazie alle video chiamate. Abbiamo contribuito ad aggiornare il profilo professionale di questi coltivatori , attraverso i nostri costanti feedback su ogni raccolta che riceviamo. Abbiamo iniziato questo movimento con un business plan per crescere tutti insieme. Le piantagioni di El Salvador nascono da investimenti fatti da persone che hanno iniziato da zero, prima come una cooperativa per scambiarsi reciprocamente il proprio know-how.

Quando la raccolta è pronta, la mettiamo in un container, attraverso la nostra azienda, stabilita nel 2015 in E.S. per riuscire ad acquistare direttamente ed essere strutturati per esportare e che in El Salvador acquista localmente con un prezzo superiore del mercato (il Fairtrade è solo un’etichetta che fissa una cifra di circa $2.4/kg nel porto di imbarco.

I sacchi spediti (foto concessa)

Considerando una tonnellata a $2,400 all’anno in porto e non al Farm Gate, i piccoli produttori che di solito gestiscono appena 2/3 ettari difficilmente riescono a vivere dignitosamente dal lavoro con il cacao. Con VaiCacao siamo partiti con 4.5 USD $ – al Farm Gate al chilo e oggi siamo saliti ai 7.50 USD $ al Farm Gate – ovvero in piantagione, soldi che arrivano direttamente a chi produce in piantagione, al netto dei costi di esportazione e importazione – e proveremo in futuro ad aumentare ancora di più.

Il mercato della Gdo vende il cioccolato a meno di un pacco di gomme da masticare: bisogna ristabilire il prezzo più adeguato al cacao, valorizzando il lavoro dietro che garantisce qualità. Non siamo trader e arriviamo direttamente al nostro consumatore finale con l’e-shop e i distributori internazionali. Tutto questo per sostenere i produttori all’origine.

Ci approvvigioniamo da varie piantagioni il cacao, iniziando da 1000 chili sino ad arrivare a circa 7 tonnellate all’anno, con quantità così piccole che il costo del trasporto non era economico. Il nostro è più un investimento, un sacrificio extra. Di solito studiamo le rotte confrontando le varie compagnie marittime: ora i trasporti sono quintuplicati i costi dopo la pandemia.

A volte quindi le navi arrivano dal Guatemala, o dalla Colombia. Di solito giunge via mare direttamente ad Olbia, grazie alla nostra relazione costruita con fornitori logistici, in modo da risparmiare tempo. Scegliamo comunque in base al prezzo, alle tempistiche. È stato per noi una grande conquista far arrivare il cacao ad Olbia: le tratte tra l’America latina e l’Italia ci sono, ma avere una rotta che riduce sino a 28 giorni i tempi di consegna, è fondamentale. Non ha aiutato il monopolio: abbiamo visto dei prezzi sino a 7000 euro, una volta ce n’era uno quotato sino a 8000. Forse adesso il contesto si sta ristabilizzando, ma le grandi compagnie sono due e dominano il mercato delle merci. “

Che tipo di cacao importate per VaiCacao?

“Stiamo importando cacao Trinitario con tendenza al Criollo. Ci sono ceppi antichi che sono rimasti nel Centro America e noi stiamo promuovendo questa specie pregiata. Abbiamo pochissimo Criollo puro che lanceremo prossimamente. Ricordiamoci però che il cacao ha bisogno di tantissima acqua e ombra, condizioni che possono cambiare di anno in anno . E ora c’è la sfida anche dei cambiamenti climatici “.

E come lo lavorate?

In fase di lavorazione (foto concessa)

“Per la tostatura possiamo sfruttare dei macchinari con una parte elettrica: i forni ventilati sono performanti che ci permettono di lavorare la materia prima. Sono soluzioni molto diffuse nella pasticceria e in Italia è più semplice procurarsele, perché abbiamo grandi produttori di macchinari di questo genere. In centro America è più difficile accedervi e per questo siamo tornati qua. Stare in Italia è un vantaggio.

Dopo la torrefazione si procede con la pulitura delle fave di cacao con un macchinario. A mano togliamo i residui di buccia prima del processo del mulino. Facciamo sempre double check. Quindi viene rimossa la cascara (con cui si può preparare un infuso che a breve lanceremo) e si passa al mulino a pietra: la frizione consente al burro di cacao contenuto nelle fave di generare una massa da cui si crea la pasta o il cioccolato con l’aggiunta di zucchero.

Si macina per tanti giorni e molto dipende da ciò che vogliamo ottenere, se un prodotto più grosso, più liscio. Una volta che scarichiamo il macchinario, per ottenere il cioccolato viene fatto riposare per settimane e poi si passa al temperaggio con la macchina temperatrice per realizzare le tavolette lisce. E poi il packaging a mano.

Per la pasta di cacao il processo è più corto, si fa raffreddare e poi si taglia. Non facciamo il concaggio (processo che fanno quasi tutti ) perché cerchiamo di dare un cacao di qualità senza appiattirlo per livellare le imperfezioni. Ma quando il processo iniziale è buono tra fermentazione, essiccazione, selezione e torrefazione, non c’è bisogno di applicare il concaggio.

Usiamo temperature molto basse con tempi molto lunghi di cottura se è necessario e sempre calibrando i parametri sul profilo del cacao per esaltarne i profumi floreali, fruttati che con il concaggio potrebbero sparire. Non vogliamo un prodotto standard, ma consegnare dei sapori autentici, con la loro personalità.

Abbiamo cercato comunque di mantenere dei prodotti accessibili ai consumatori: la nostra tavoletta al pubblico è a 5.50 euro per 33 grammi. Certo è un po’ più alto rispetto ai 100 grammi nel supermercato da 1.80.

vaicacao
Il prodotto finale prende forma (foto concessa)

Ci diversifichiamo con il pubblico sull’e-commerce, i negozi retailers, con collaborazioni importanti con l’estero che ci permettono di crescere, ma anche in Sardegna. Abbiamo voluto localizzare il nostro prodotto: siamo l’unico bean to bar in Sardegna e abbiamo studiato ricette con le bacche di mirto, le mandorle della zona della giara, i fiori di lavanda e Fleur de Sel dalle saline di S.Antioco. Stiamo cercando di includere quelli che sono i prodotti che arrivano dal territorio sardo, sposandoli con prodotti più interessanti per il turismo durante l’estate.

Il nostro focus resta la qualità.

Stiamo per lanciare un paio di ricette nuove collaborando con un’altra azienda sarda, proponendo innovazione con il cioccolato, infusione con una bevanda molto tradizionale qua per l’estate. E poi altre origini di cacao che siamo riusciti a integrare nella nostra offerta, compreso il micro lotto del Criollo.

Abbiamo sempre eventi durante l’estate: siamo più però orientati a fare un lavoro inhouse e selezioniamo il più possibile gli eventi a cui partecipare.”

Come siete diventati trasformatori?

“Siamo ripartiti da capo in Sardegna con quello che avevamo a disposizione. Abbiamo iniziato con dei trita uva e abbiamo fatto tanti esperimenti. Il primo anno è stato di prove, fallimenti e riprese. Stiamo ancora perfezionando le nostre tecniche. Il bello è capire cosa fare a livello tecnico nel processo a furia di sperimentare e assaggiare.

Importante la formazione: ci siamo rivolti a vari mentori negli Usa e Italia, e tanti colleghi che ci hanno aiutato a comprendere i giusti processi. Di motivi per mollare al primo, al secondo e terzo anno ce ne sono stati tanti: ma per noi questa è una missione, uno stile di vita, che unisce due continenti nel rispetto del lavoro dei coltivatori, e ha creato un sistema che deve muoversi.

L'offerta VaiCacao (foto concessa)
L’offerta VaiCacao (foto concessa)

Non andiamo mai sotto il 70% di cacao. Il cacao è come il caffè buono, quello specialty. Se è delicato, non ha bisogno di molto zucchero. Per cui, vogliamo consegnarlo con il maggiore contenuto di cacao possibile e che sia un piacere mangiarlo. Il terroir per il cacao è peculiare e ci piace puntare alla purezza e meno dolcificato. Abbiamo provato lo zucchero di cocco, datteri polverizzati e il risultato è molto interessante dal classico zucchero bianco. “

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