mercoledì 15 Gennaio 2025

Kimbo racconta con le parole del presidente Mario Rubino, il piano Un chicco di speranza: “Che ora proseguirà nel 2025”

Il progetto “Un Chicco di Speranza” prosegue nel 2025 per sviluppare, come previsto dal protocollo d’intesa, i due successivi segmenti del progetto. In primo luogo, a partire dal prossimo febbraio, saranno allestiti all’interno dell’istituto penitenziario, in aule già individuate, un laboratorio ed un magazzino per la riparazione e la rigenerazione delle macchine bar di proprietà di Kimbo da utilizzare nel settore horeca

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MELITO DI NAPOLI (Napoli) – Un chicco di speranza, il programma di impegno sociale sviluppato con successo da Kimbo sul suo territorio, e che ha coinvolto dieci detenuti del carcere di Scampia che hanno ottenuto il diploma di barista professionista e così hanno tracciato nuove prospettive per la loro vita futura. Ne abbiamo parlato con Mario Rubino, presidente di Kimbo, per capire le origini e gli sviluppi di questo importante progetto.

Rubino, qual è stata la genesi del progetto Un chicco di speranza?

“Come spesso accade, il progetto è nato da un incontro fortuito quanto significativo, quello con Antonio Mattone, direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro dell’Arcidiocesi di Napoli.

  • CIMBALI M2

Abbiamo avuto modo di confrontarci in occasione della messa che il 29 aprile 2023, per dare il senso più alto possibile ai 60 anni della nostra azienda, fondata nel 1963 dai fratelli Elio (mio padre), Francesco e Gerardo Rubino (miei amatissimi zii), abbiamo chiesto di celebrare a don Mimmo Battaglia nel padiglione H del nostro insediamento industriale. Volevamo, come famiglia e come imprenditori, rimarcare quanto la celebrazione eucaristica fosse proprio voluta a suffragio dei nostri lavoratori, in un territorio tanto periferico per le geografie socioculturali ed economiche quanto per noi sacro e fondamentale, ovvero l’area metropolitana di Napoli.

Quando siamo arrivati a Melito, a ridosso di Secondigliano, nell’area oggi cinematograficamente nota come “Scampia”, non c’erano che immense distese di campi e di coltivazioni, prevalentemente di mele, da cui, appunto, deriva il nome della città che oggi ci ospita, Melito. Dopo di noi sono arrivati la 167, le “Vele”, e infine il “Carcere”. Come ci ha confermato lo stesso cantante Geolier, ex “ragazzo di Secondigliano” prima che rapper noto a livello mondiale, che abbiamo affiancato e sostenuto nella sua partecipazione a Sanremo 2024, la nostra torre Kimbo è un simbolo di orgoglio e di identificazione per le persone che vivono nell’area nord di Napoli.

Peraltro, il perimetro della Casa Circondariale “Pasquale Mandato” confina proprio con il perimetro del nostro stabilimento. Così, dal brainstorming con Mattone, è stato quasi naturale che io mi adoperassi a sensibilizzare la nostra azienda affinché desse vita ad un progetto di formazione e di avviamento al lavoro “reale e costruttivo” a favore dei detenuti
della Casa Circondariale di Secondigliano. Per “creare i presupposti di una cittadinanza attiva”, come recita il pay off del progetto.

Così, con l’avallo di tutta la famiglia Rubino, quella seconda e terza generazione che oggi porta avanti il marchio Kimbo nel mondo, e con il supporto del mio team di comunicazione, dopo mesi di incontri, studi, confronti e approfondimenti con Giulia Russo, straordinaria direttrice della Casa Circondariale “Pasquale Mandato” di Secondigliano, e con l’assenso del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si è giunti il 16 settembre 2024, nella sala conferenza del Carcere, alla firma del protocollo d’intesa per il progetto “Un Chicco di Speranza”.

Oltre che dalla dottoressa Russo e dal dottore Rubino, il protocollo è stato siglato anche da
Monsignor Domenico Battaglia per la Diocesi di Napoli, e da Patrizia Mirra, presidente del
Tribunale di Sorveglianza di Napoli, parti attive e fondamentali per l’attuazione e lo
sviluppo del progetto.

I 10 detenuti che si diplomano al Kimbo Training Center di Scampia con Russo, Mattone e Rubino (foto concessa)

Si parla molto di sostenibilità: questo è un chiaro esempio di impatto sociale da
parte di un’azienda molto legata al suo territorio. Kimbo quindi si impegna
concretamente.

L’Art. 27, comma 3, della Costituzione Italiana recita: “Le pene non possono consistere in
trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del
condannato”. Come ha dichiarato la direttrice Giulia Russo, persona molto speciale che
porta avanti il suo lavoro con enorme passione, determinazione e sensibilità,
“L’educazione alla cittadinanza è da intendersi come una attività che mira ad aiutare le
persone in esecuzione penale a diventare cittadini attivi, informati, responsabili e capaci di assumersi responsabilità per loro stessi e per le loro comunità, una volta reinseriti nella
società”.

Con “Un Chicco di Speranza” Kimbo si è impegnata concretamente su tre obiettivi:

Abbiamo già organizzato un’attività di training funzionale alla formazione
professionale di barista quale opportunità di reinserimento sociale per dieci preselezionati
detenuti in regime di prossima libertà che abbiamo infatti già diplomato lo scorso dicembre
con una cerimonia molto emozionante al Kimbo Training Center alla quale hanno voluto
fortemente partecipare anche Lucia Castellano, Provveditrice dell’amministrazione
penitenziaria della Campania (la quale si è molto congratulata con noi proprio per la
concretezza del progetto), il giornalista Giulio Golia (che presto sarà portavoce del
progetto sui canali social con una serie di reel dedicati all’iniziativa) nonché alcuni
imprenditori del settore horeca (tra i quali Dario Montanaro, CEO del gruppo Nonna
Titti/Eccellenze della Costiera, e Giuseppe Medici, membro del Consorzio Conad “Sapori e
Dintorni” nonché titolare del pdv Gourmeet in via Alabardieri a Napoli) invitati da Kimbo
non solo per conoscere i dieci neodiplomati ma anche per approfondire, con le varie
istituzioni presenti, il tema delle agevolazioni fiscali per le aziende che contribuiscono al
reinserimento professionale degli ex detenuti.

Don Mimmo Battaglia con Mario Rubino (foto concessa)

Che cosa hanno imparato in 4 giornate di formazione questi 10 detenuti coinvolti e come li avete selezionati?

I dieci detenuti che hanno ricevuto il Diploma di Barista Professionista di I Livello si
chiamano Enzo, Davide, Raffaele, Roberto, Giuseppe, Antonio, Ciro, Francesco, Felice,
Salvatore… Sono nati a Napoli, a Salerno, nelle provincie del Casertano, nel Vesuviano…
Hanno età comprese tra i 63 e i 27 anni.

Sono stati selezionati dai responsabili dell’Area Giuridico Pedagogica del Carcere di Secondigliano, coordinati dal dottor Bruno Boccuni, che ci hanno conquistati per professionalità ed umanità. Il corso, articolato in quattro giornate suddivise tra teoria e pratica, ha visto i detenuti studiare tra i banchi e nell’area tecnica del Kimbo Training Center, luogo di eccellenza strutturato con dieci postazioni bar altamente professionali.

Gli esperti di caffè – che fanno continua ricerca per l’azienda – hanno condiviso le loro esperienze, la loro cultura, i loro piccoli “segreti” anche attraverso una speciale sezione didattica dedicata alle diverse metodologie di estrazione del caffè, con gli aromi delle varie miscele Kimbo. La Diocesi di Napoli, nella sua azione di impegno nella pastorale carceraria, seguita dal cappellano Giovanni Russo, si è adoperata per stimolare l’interesse dei detenuti nei confronti del progetto, accompagnando e sostenendo moralmente i destinatari nello sviluppo di una dimensione personale positiva rispetto alla scelta professionale, nella prospettiva di costruzione di un nuovo progetto di vita.”

Quali sono i feedback di tutte le parti coinvolte?

“Cito su questo le parole di Giovanni Russo, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria del Ministero della Giustizia, riportate anche nella nostra comunicazione
ufficiale: “Il nostro concetto di umanizzazione della pena passa per una revisione del
significato stesso delle modalità attraverso le quali noi intendiamo affrontare il detenuto e
le sue attività.

La rieducazione è multipla, plurale, passa attraverso una revisione dei comportamenti e la ricostruzione di un rapporto sociale. E l’iniziativa che Kimbo, Diocesi di Napoli e Casa Circondariale di Secondigliano hanno siglato è un esempio virtuoso. Il progetto “Un Chicco di Speranza” è lo strumento attraverso il quale agenzie sociali così importanti come la Chiesa, come un’impresa affermata desiderano in qualche modo partecipare all’operazione di rieducazione che non può spettare soltanto solo all’amministrazione penitenziaria e non può essere confinata alle sue sole forze.

Da napoletano sono contento che tutti i partecipi del protocollo che si è firmato oggi siano un grande esempio di solidarietà e di generosità partenopea, anche perché non abbiamo dovuto inseguire gli imprenditori Rubino o la Diocesi ma sono stati loro che ci hanno incalzati affinché tutto questo si potesse concretizzare”.

Vorrei aggiungere anche le parole di Sua Eccellenza Monsignor Domenico Battaglia:

“Questo progetto non è un atto di pietismo, non è una solidarietà vuota, piuttosto è un
senso di giustizia. Perché il diritto da solo non basta. Quello che ci salva, quello che fa
bene alla società, è la capacità di fare rete, tutti insieme. Quello che ci salva è il “noi”, una
società dove chi sta dietro può andare avanti. Il “fare rete” e il “noi” sono il senso di questo progetto di speranza”.”

La prossimità tra la sede del training center e il carcere, ha aiutato l’organizzazione dell’iniziativa?

“La vicinanza tra i due siti ha reso certo le cose più semplici, soprattutto nell’ottimizzazione
dei tempi. I detenuti, in alcune giornate, hanno addirittura potuto raggiungere il nostro
Training Center a piedi. Ma sono molto grato per questo alla Magistratura di Sorveglianza
ed al grande lavoro della presidente Patrizia Mirra che ha vigilato e supportato le attività e gli spostamenti dei detenuti.”

Prossimi step del progetto un chicco di speranza, riproporre la formazione e gestire una piantagione di caffè: che cosa si può già dire di questo percorso futuro?

“Il progetto “Un Chicco di Speranza” prosegue nel 2025 per sviluppare, come previsto dal
protocollo d’intesa, i due successivi segmenti del progetto. In primo luogo, a partire dal prossimo febbraio, saranno allestiti all’interno dell’istituto penitenziario, in aule già
individuate, un laboratorio ed un magazzino per la riparazione e la rigenerazione delle
macchine bar di proprietà di Kimbo da utilizzare nel settore horeca.

A questa attività saranno destinati detenuti in regime di articolo 20 ter o 21, nonché beneficiari della misura alternativa della semi-libertà, i quali saranno preventivamente formati attraverso un corso tenuto nelle aule della casa circondariale da personale Kimbo altamente specializzato.

Successivamente, con il coinvolgimento della Facoltà di Agraria della “Federico II”, sempre
all’interno della Casa Circondariale, e con il coinvolgimento professionale dei detenuti,
sarà sperimentata la coltivazione di una piccola piantagione di caffè, sfruttando le
potenzialità ambientali e climatiche nonché ecosostenibili di un appezzamento di terreno,
dell’estensione di 10.000 metri quadrati, ubicato proprio nel perimetro dell’istituto penitenziario.

Abbiamo ricevuto tanto dalla città di Napoli e significativamente siamo e restiamo in
questa area geografica così unica e speciale proprio per manifestare la nostra gratitudine.

Se oggi Kimbo è il caffè di Napoli nel mondo lo dobbiamo anche alle nostre radici. Siamo
nati nel Rione Sanità e i fondatori della nostra azienda hanno scelto Melito di Napoli come
area per impiantare lo stabilimento industriale credendo e investendo sul territorio. Oggi
sentiamo il dovere di restituire, nel nostro piccolo, a chi tanto ci ha dato.

E, con l’esperienza di trent’anni di medico del Pronto Soccorso del più grande ospedale del Sud Italia, il Cardarelli, spero tanto di non essere l’unico, ma di riuscire a coinvolgere presto altri imprenditori nella mia visione di benessere e di sostenibilità sociale.”

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