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Un caffè di Chicago mette al bando il Wi-Fi: la socialità prima di tutto

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MILANO – C’è stato un tempo in cui i bar erano solo un posto di conversazione, in cui le persone avevano l’opportunità di socializzare. Adesso la maggior parte di questi luoghi sono il ritrovo di molti lavoratori che anelano a un’unica cosa: la combinazione tra un buon caffè e il Wi-Fi.

Attualmente la normalità è entrare in un caffè servito di tutti i confort piuttosto che un luogo adatto alle relazioni sociali. È raro trovare posti del genere, la consuetudine si è ribaltata e ha lasciato che la rete permeasse in ogni luogo della quotidianità.

Ma ci sono ancora persone che cercano di difendere la tradizione, di preservare quella piccola parte di socialità che appartiene al mondo reale. Una di queste è Annie Kostiner, con suo marito ha aperto il caffè Kibbitznest a Chicago “per aumentare la consapevolezza sullo squilibrio tra l’uso della tecnologia e la comunicazione vis-à-vis”.

Per quanto il Wi-Fi sembri essere la nuova linfa vitale, alla fine della giornata c’è sempre quell’istinto a cercare il contatto umano di una persona comprensiva. Ecco spiegato il successo del caffè della Kostiner, un posto in cui i clienti possano rientrare in confidenza con queste necessità primarie tanto da dire alla proprietaria

“Sono così contento che lei abbia aperto questo posto”.

È facile poi che i Wi-Fi dipendenti s’imbattano in luoghi come questi. Alcuni sono irriducibili, altri felicemente convertiti, come Joshua Mullenax, sono pronti ad ammettere:

“Le persone sono stanche di guardare il loro telefono”.

Perciò, nonostante l’apparente anacronismo, è importante sottolineare che questo genere di locali è stato creato appositamente per essere una “terza casa”, una zona più informale del lavoro e accogliente quanto una casa.

L’espressione, infatti, compare per la prima volta nel 1989 nel libro “The Great Good Place” del sociologo Ray Oldenburg per designare quei locali che riescono a prendersi cura della salute mentale di ogni individuo lasciando un occhio di riguardo per la società intesa nel suo insieme.

Il sociologo continua:

“La sola conseguenza sociale prevedibile dell’avanzamento tecnologico è che le persone cresceranno ancora più distanti l’una dall’altra”.

Si potrà anche concordare con questa teoria, ma il modello di business si scontra con un fenomeno sempre più incalzante: il lavoro flessibile da remoto. Solo negli Stati Uniti le persone che lavorano da casa sono cresciute del 103% dal 2005, senza contare i cosiddetti self-employed (lett. autoimpiegati, ndr).

L’isolamento è diventato conveniente, è la moneta di scambio per non stare costretti negli orari di ufficio. Perciò è necessario contrastarlo con altre iniziative, con nuovi stratagemmi volti a esaltare la socialità.

Infatti, Kostiner spera di avviare un club del libro e incrementare il numero di eventi organizzati sempre all’insegna della libertà dalla tecnologia.

Se da un lato i caffè in stile vecchia scuola siano un tesoro prezioso da preservare, è anche vero che le evoluzioni del mercato del lavoro impongono la necessità di modelli più simili a Starbucks.

Tuttavia, è quasi impossibile pensare a chi sopravvivrà al confronto, ma è facilmente prevedibile una pacifica convivenza nella quale ogni attore soddisfa le necessità dei propri clienti.

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