TORINO – Il caffè, che fu vietato per i suoi effetti, la giada, con cui si formavano i recipienti in cui i sultani sorseggiavano il vino, pietre incastonate nei gioielli dei sovrani Moghul e le piastrelle che rivestono moschee e palazzi, gli automi medievali e le spettacolari feste dei regnanti ottomani. Tali meraviglie delle corti islamiche saranno illustrate da Sherif El Sebaie, collaboratore del simposio di Arte islamica dell’Università della Virginia, in una serie di incontri programmati dal Museo d’arte orientale di Torino; in calendario fino al 20 maggio 2020. Il primo incontro – intitolato “Kahve. Un caffè col Sultano” – ha trattato della scoperta di questa bevanda sugli altipiani etiopi e del suo approdo nello Yemen. E poi, l’arrivo sulle coste del Mar Rosso, il passaggio da La Mecca e Medina e al Cairo e la sua presenza a Istanbul; fino alla diffusione in Europa.
Caffè col sultano: la condivisione di più culture attorno alla tazzina
Sherif El Sebaie ha accompagnato così il pubblico sulle orme del “il vino d’Arabia”. In un viaggio che ha attraversato culture e tradizioni, divieti, pratiche religiose e cerimonie di corte.
Un modo per approfondire i diversi volti del caffè, andando a toccare le culture più lontane da cui però ha avuto origine il rito italiano.