In pochi mesi Teheran (nella foto Khomeini) si è riempita di caffè. Fino a poco tempo fa per bere un cappuccino non c’era che andare al caffè Naderì, un vecchio caffè che era stato famoso prima della rivoluzione come luogo d’incontro d’intellettuali e artisti, poeti e giornalisti. Ma negli ultimi mesi i caffè di stile parigino sono spuntati dappertutto.
Con arredi moderni, luci basse, tavoli di legno scuro e ottimi cappuccini , sono diventati rapidamente il posto di ritrovo preferito dei giovani. Al Café Nasdiq, in pieno centro, si fa teatro; in un altro, nel quartiere chic di Niavaran, si suona il rock. E da poco anche i basiji ne hanno uno, vicino all’Università e frequentatissimo, il Caffè Kerase. Il proprietario, un basiji trentenne, religioso e conseguentemente barbuto, prima di aprire il locale non aveva mai assaggiato un cappuccino in vita sua, come del resto la maggioranza dei suoi clienti.
Ma ha trovato dei dipendenti capaci di fare cappuccini “all’altezza degli standard internazionali” . Ci sono tanti giovani religiosi che vogliono ritrovarsi, scambiare idee, discutere di arte e di letteratura, in una parola essere dei buoni basiji , dice. Lo scopo del Kerase è offrire loro questa possibilità e contribuire in questo modo a ridurre le divisioni culturali tra la gioventù della capitale.
Per noi occidentali un buon basiji è quasi un ossimoro. Ma i basiji non sono solo gli hooligans in motocicletta che attaccano le ambasciate occidentali e le proteste degli studenti, dice un politico riformista: quelli ci sono, ovviamente, ma non sono la maggioranza. Al caffè Kerase i basiji buoni sorseggiano cappuccini e chiacchierano a voce bassa. Le donne sono tutte chadorì, anche le più giovani sono vestite di nero dalla testa ai piedi; ma a una straniera è consentito sedersi e bersi il suo cappuccino , a patto che rispetti “le regole della dignità islamica”.