MILANO – La Settimana del caffè – al via da quest’oggi a Londra – e il London Coffee Festival, che si è concluso ieri nel complesso della Old Truman Brewery, offrono l’occasione per fare il punto sull’andamento del mercato del caffè britannico, alla luce della rivoluzione culturale degli ultimi decenni.
Per constatare, ancora una volta, il grande successo dei coffee shop, nonché la crescente familiarità con l’espresso e con le bevande a base di espresso di una base sempre più larga di consumatori.
Tutte queste considerazioni non devono tuttavia farci dimenticare un dato di fondo: la rivoluzione ha riguardato sinora soprattutto il fuori casa.
Il mercato domestico rimane infatti ancorato alle vecchie abitudini: le trasformazioni, per quanto in atto, sono più lente, e il caffè solubile, pur perdendo quote di mercato, rimane il prodotto dominante nel canale alimentare, con una share del 77%.
Un’anomalia che non ha riscontro negli altri paesi consumatori tradizionali (dove il solubile assorbe quote marginali), sulla quale si sono interrogati i media in questi ultimi giorni.
Confrontare caffè fresco e caffè solubile è come mettere l’aranciata e il succo d’arancia concentrato sullo stesso piano: entrambi contengono la parola arancia, ma le analogie finiscono lì, osservava giorni fa sul blog gastronomico della Bbc, Paul Meikle-Janney, direttore esecutivo di Coffee Community.
“Sono due prodotti diversi: ciascuno ha un suo mercato e quello del solubile, come è giusto che sia, si sta restringendo”.
Ma come è nato l’amore dei britannici per il solubile? Le leggenda vuole che all’ampia diffusione del solubile abbiano contribuito le razioni K portate dai militari americani durante la seconda guerra mondiale.
Per i militari yankee, quelle bustine erano un succedaneo del caffè filtro, per i sudditi di sua maestà britannica divennero invece una novità entusiasmante, un modo per preparare il caffè in pochi istanti utilizzando lo stesso bollitore del tè.
Sebbene i cultori del cappuccino, del flat white e della nuova coffee culture urbana lo aborriscano, l’instant coffee continua ad avere un esercito silenzioso di fedelissimi.
Spesso inconfessati (“chi nasconde le bustine di solubile nella credenza”).
Ma c’è anche chi fa il pubblico elogio del solubile.
È il caso dello scrittore Philip Hensher, che lo definisce “una piccola magia quotidiana”.
Più prosaicamente Meikle-Janney, di Coffee Community, ne apprezza la praticità, che è indubbiamente il suo punto di forza rispetto agli altri tipi di caffè e preparazioni.
Ma non è detto – aggiunge – che rimanga così per sempre, dal momento che oggi – grazie alle macchinette automatiche, alle cialde o alle capsule – preparare il caffè anche a casa sta diventando un gioco da ragazzi .
Dimmi che caffè bevi e ti dirò chi sei
Non è un gioco lanciato sulle pagine di qualche social per moltiplicare i “Mi Piace”, bensì l’esito di uno studio condotto dalla nota psicologa clinica americana Ramani Durvasula, che ha analizzato un campione di un migliaio di bevitori abituali di caffè individuando una serie di profili e tratti psicologici, che definiscono un’estesa gamma di personalità.
Gli estimatori del caffè nero, ad esempio, sono i “puristi”, che prediligono l’essenzialità senza fronzoli.
Positivi, pazienti e lineari nei comportamenti spesso risultano però poco flessibili e refrattari ai cambiamenti, taciturni e lunatici.
I bevitori di Latte amano la comodità e si dimostrano disponibili con il prossimo. A volte tuttavia tendono a fare il passo più lungo della gamba.
Chi ama i cappuccini molto schiumosi o il decaffeinato ha la smania di tenere sempre tutto sotto controllo e tende a essere perfezionista; a volte è iperapprensivo o ossessionato dal salutismo.
Chi ordina frappuccini o altre bevande fredde è modaiolo e di tendenza, socievole e incline alle novità, anche a costo di rischiare oltre il dovuto.
I consumatori tipici del solubile, infine, sono tipicamente tranquilli e rilassati, ma anche pigri e disorganizzati.
I risultati dell’indagine sono contenuti nell’ultimo libro della dottoressa Durvasula intitolato “Sei quello che mangi: cambia il tuo rapporto con il cibo per cambiare la tua vita”