giovedì 19 Dicembre 2024
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Tutto quello che c’è sapere sul cioccolato: dalle origini alla produzione

Igor Maiellano, Business Unit Manager di Valrhona, azienda tra le più note e apprezzate del settore. "Quando tutti i baccelli sono maturi, vengono raccolti a mano, con grande delicatezza, per evitare di danneggiarli, quindi vengono quindi aperti con un machete, poi si estraggono i chicchi e si dà inizio alla fermentazione, un passaggio fondamentale per l’estrazione degli aromi, e che può essere effettuato in modi diversi: a terra o in cassette di legno, in un centro di fermentazione o direttamente in piantagione."

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Dalla coltivazione del cacao su larga scala in America Latina dalla fine del XVIII secolo fino ad arrivare all’invenzione del concaggio (il continuo mescolamento della massa di cacao ad alta temperatura fino all’ottenimento di una consistenza liscia ed omogenea) nel 1879 da parte dello svizzero Rudolph Lindt, Linkiesta pubblica un articolo che esplora ogni aspetto del cioccolato. Riportiamo di seguito una parte dell’approfondimento inerente alla produzione di uno degli alimenti più amati al mondo a cura di Daniela Guaiti.

Come si produce il cioccolato

A guidarci nel viaggio attraverso le diverse fasi della lavorazione è Igor Maiellano, Business Unit Manager di Valrhona, azienda tra le più note e apprezzate del settore. “Quando tutti i baccelli sono maturi, vengono raccolti a mano, con grande delicatezza, per evitare di danneggiarli, quindi vengono quindi aperti con un machete, poi si estraggono i chicchi e si dà inizio alla fermentazione, un passaggio fondamentale per l’estrazione degli aromi, e che può essere effettuato in modi diversi: a terra o in cassette di legno, in un centro di fermentazione o direttamente in piantagione.”

Igor Maiellano continua: “Noi lasciamo fermentare naturalmente i semi, coperti da foglie di banano. È una lavorazione simile a quella del vino, e come per il vino la fermentazione è importante, il modo in cui la si effettua definisce il risultato finale, insieme alla provenienza del cacao. Noi ci approvvigioniamo in 15-16 Paesi, scegliendo caratteristiche diverse in base agli usi di destinazione”.

Alla fermentazione segue l’essiccazione “che avviene con essiccatori solari diversi a seconda delle zone. È in questa fase che si esprime il gusto del cacao. I semi vengono poi insaccati e spediti, e arrivano in nave fino alla cioccolateria. Si effettua una pulizia e una breve debatterizzazione, quindi si prosegue con la torrefazione, un passaggio più simile alla produzione del caffè che a quella del vino.”

La raffinatura

Maiellano aggiunge: “La temperatura varia non solo in base al Paese di origine, ma anche al singolo lotto. Con la frantumazione i semi vengono schiacciati e privati del guscio: si ottiene così il grue. Quello che avanza del guscio trova impiego in cosmetica. Le fasi successive sono quelle di assemblaggio e raffinatura: ci sono ricette diverse per blend differenti, a seconda delle proporzioni si definiscono i gusti.”

Maiellano conclude: “Si arriva così a quella che viene chiamata pasta di cacao, con una dimensione di 80 micron. Poi in base a quello che si desidera vengono aggiunti alla pasta burro di cacao, zucchero, in alcuni casi lecitina (noi usiamo quella di girasole). Poi con la raffinazione si porta la dimensione a 15 micron. Segue il concaggio”.

È quest’ultimo un passaggio fondamentale perché, spiega Maiellano, in questa fase: “si perde l’acidità e si sviluppano gli aromi. È come lavorare con un grandissimo mixer, in cui si impasta a una temperatura compresa tra i 50 e i 70 °C, girando e girando fino a ottenere il risultato desiderato”.

Si passa poi al temperaggio, che consente di ottenere un prodotto lucido, e al modellaggio, per dare forma alle tavolette. “Da 10 baccelli freschi si ricava un chilogrammo di semi freschi, da cui si ottengono 400 grammi di semi secchi e infine 330 grammi di grue”.

La natura e l’uomo

Quanto influiscono i fattori geografici e climatici sul risultato finale e quanto è frutto della sapienza e della maestria degli uomini che lavorano il cioccolato? Ovviamente è difficile dirimere la questione, ma fondamentalmente possiamo affermare che la provenienza sia un aspetto secondario rispetto al modo in cui vengono effettuate le diverse fasi della lavorazione.

Marco Gruppioni, proprietario di Ruket, piccola azienda artigianale che produce cioccolato ci aiuta a comprendere. Innanzitutto la sua azienda si rifornisce esclusivamente da piccoli produttori di cacao.

“Una scelta – spiega Gruppioni – che vuole salvaguardare l’operato dei piccoli in termini di operato e di retribuzione. Si tratta di piccole cooperative di 60-70 agricoltori, che imparano un mestiere. E che mi assicurano qualità. Per quanto riguarda la selezione dei cacao, procedo facendomi inviare campioni, assaggiando, provando a lavorare.”

Marco Gruppioni continua: “La varietà di provenienza, Criollo, Forastero o Trinitario, non è determinante: l’importante è la lavorazione. È il processo fermentativo che esprime tutti gli aromi primari. La seconda parte fondamentale è la tostatura, e quella la faccio io. Sono questi i due passaggi da cui deriva la qualità del cioccolato.”

Marco Gruppioni conclude: “La fermentazione deve essere effettuata entro un lasso di tempo non troppo lungo dalla raccolta; la tostatura deve essere effettuata a temperature e per tempi diversi a seconda dell’origine e delle caratteristiche del cacao. Personalmente non creo mai blend di origini diverse: le diverse zone e i diversi modi di coltivare danno risultati diversi, nei colori, negli aromi. Mescolare le diverse origini per me sarebbe come appiattire il risultato!”.

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