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TRIESTE – Bar e ristoranti, in tre anni giù il 15% delle serrande

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Licenze scese a 1216, erano 1438 nel 2010. Fipe: dal 1996 sempre negativo il saldo tra aperture e chiusure, ora aumentate anche in centro

Il bar Ponchielli ha chiuso, definitivamente. Il Paganini, dall’altro lato della chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, è ufficialmente in vendita dalla scorsa settimana con tanto di annuncio sui siti specializzati. Il buffet da Primo in via Santa Caterina?

Sul mercato. Il caffè Solaire di via San Nicolò, tra il ristorante La Tecia e la panetteria Viezzoli, cede la sua attività. Il buffet Motonave cerca un nuovo gestore.

La Sacra Osteria pure. La lista potrebbe continuare. Intanto i locali attivi nella nostra provincia sono scesi dai 1438 registrati a fine 2010 ai 1216 della fine dello scorso anno: se ne sono perduti in tre anni dunque 222, ossia il 15% del totale.

Alcuni gestori pubblicano persino un annuncio pur di cedere la loro attività; altri fanno girare la voce, senza confermare nulla pubblicamente ma muovendosi con discrezione.

«Nel nostro settore tra chiusure e aperture non si registra un segno positivo a partire dal 1996, – evidenzia Fabrizio Ziberna, segretario della Fipe provinciale – solo nel 2013 le realtà che hanno cessato l’attività sono state 118. E se fino a qualche tempo fa a soffrire era la periferia, ora le chiusure hanno contagiato il centro».

Nessuno canta vittoria, nemmeno chi gestisce locali sempre pieni. Chi opera nel settore sa bene che anche bar e ristoranti frequentatissimi possono registrare debiti non da poco. La quantità di locali che si sono concentrati nel centro cittadino è impressionante.

Ma «il settore è minato da persone non del mestiere che si sono improvvisate gestori», commenta Diego Pagan, titolare del Circus: «La concorrenza seria stimola, quella fatta da incompetenti distrugge il mercato. Perché è vero che i poco professionali dopo un paio di anni chiudono, ma intanto hanno rubato un po’ di clienti ad altri locali, copiando idee e offrendo le stesse cose degli altri magari a un euro in meno».

E Pagan, malgrado il suo locale raccolga consensi, non nega di aver «deciso di mettere sul mercato il Circus perché mi sono stufato di dover lottare con la pressione fiscale che non consente nemmeno a chi lavora bene e seriamente di stare sereno». Dice di volere piuttosto aprire un ristorantino «che non obbliga agli orari di un bar e che necessita di meno personale».

«In centro negli ultimi anni hanno aperto molti nuovi locali, ma la torta da dividere è sempre la stessa, – spiega lo chef Luca Morgan, titolare della Chimera di Bacco e dell’annessa Chimerina – e mentre per l’apertura dei monomarca si è scatenato un polverone, nessuno alza un dito per le aperture selvagge dei locali».

Morgan rivolge un monito anche a chi ha in mano le redini del nostro territorio. «Si punta sulle crociere – dice – quando a guadagnare da quel business alla fine è solo Ttp. I croceristi non spendono in città, non mangiano nei ristoranti, non comperano nei nostri negozi, al massimo consumano un caffè e comperano una pallina di gelato visto che sulla nave hanno negozi e l’all-inclusive sulla ristorazione».

Per dare respiro a esercizi pubblici e commercio piuttosto «serve mettere a punto una strategia per riportare a Trieste congressi, mostre, fiere – aggiunge Morgan – e l’aeroporto di Ronchi deve darsi da fare per attivare voli low cost da e per le grandi capitali europee».

A chiedere un intervento per portare a Trieste le grandi mostre ma anche le fiere per ridare respiro al settore della ristorazione è anche Valter Basiola, gestore di Celestino. «Malgrado il mio locale sia a due passi dall’attracco delle navi bianche – conferma – di crocieristi non ne ho servito uno. Trovo più utile puntare su realtà come Olio Capitale che ha portato a Trieste visitatori ed espositori».

I gestori si trovano a combattere con tasse che crescono, costi per il personale aumentati in tre anni del 10% e prezzi delle materie prime che lievitano. Ma su quali prodotti riescono ad avere il miglior margine di guadagno? «Sul caffè – valuta Walter Cusmic, contitolare del Malabar – mentre è ridotto quello sui vini. Dipende molto dai numeri, da quanto un esercente vende. Perché è vero che una bottiglietta di acqua minerale costa 5 centesimi e si rivende a 90, ma quante ne devo vendere per sostenere le spese necessarie a tenere aperto il locale?».

Fonte: http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2014/02/17/news/bar-e-ristoranti-in-tre-anni-a-trieste-giu-il-15-delle-serrande-1.8681889

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