TRIESTE – Stessa regia, diversa la location. Triestespresso Expo – evento leader dedicato alla filiera del caffè espresso, organizzato da Aries – Camera di Commercio di Trieste e Assocaf Trieste – dice addio per sempre ai vetusti padiglioni del comprensorio fieristico di Montebello e trasloca nei Magazzini 27, 28 e 30 del Porto Franco Vecchio. Una sistemazione suggestiva, anche se in molti aspetti perfettibile, che porta la rassegna giuliana all’interno di un’area di grande interesse storico e culturale, oggetto di un complesso e tortuoso percorso di recupero e valorizzazione.
“Per ottenere questi spazi abbiamo dovuto condurre una vera e propria lotta” ha dichiarato in apertura dei lavori il presidente dell’Associazione Caffè Trieste Massimiliano Fabian. L’assessore regionale alla Funzione pubblica del Friuli Venezia Giulia Paolo Panontin ha espresso, dal canto suo, l’auspicio che lo sbarco (definitivo?) della fiera in Porto Vecchio possa dare impulso alla riqualificazione di questo sito straordinario.
CLUSTER ED EXPO DIFFUSA – Ad accogliere il pubblico del convegno di apertura, il Polo museale dell’ex Centrale Idrodinamica – un vero monumento di storia industriale e ingegneristica – nei cui spazi sono state opportunamente allestite la Conference Hall e l’events area. Non del tutto indovinata, a nostro avviso, la collocazione del banco assaggio della Fipe, con il rumore delle macchine espresso che ha coperto, a tratti, le voci dei relatori durante il convegno.
Il saluto delle autorità è andato oltre i convenevoli di rito. Il sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha colto l’occasione per illustrare, a grandi linee, l’importante esposizione parallela che, in contemporanea con Expo 2015, riproporrà i temi del cluster del caffé di Milano al Salone degli incanti di Trieste, con tutta una serie di eventi diffusi in città.
Max Fabian ha declinato numeri e statistiche relativi allo scalo giuliano, che sdogana oltre un quarto del caffè italiano e conta attualmente giacenze per 750 mila sacchi (Trieste, lo ricordiamo, è porto di consegna Liffe, ndr.), per concludere con un doveroso richiamo storico alle origini dell’Associazione Caffè Trieste, la terza più antica d’Europa dopo quelle di Amburgo e Amsterdam.
OSPITE D’ONORE – Robério Oliveira Silva è stato l’ospite d’onore della conferenza. Dopo aver esordito brevemente in un discreto italiano, il brasiliano direttore esecutivo dell’Ico è passato alla lingua inglese per illustrare, in un breve intervento, le più recenti statistiche dell’Organizzazione relative a produzione e consumi.
Ad aprire la panoramica, l’analisi dell’evoluzione recente dell’indicatore Ico e delle sue voci, con l’anomalo differenziale negativo colombiani dolci/altri dolci, il divaricarsi dell’arbitraggio arabica/robusta e l’accentuarsi della volatilità, con i relativi coefficienti ripetutamente in doppia cifra dall’inizio dell’anno.
Sull’annata appena iniziata impatterà, ancora una volta, la siccità brasiliana, come pure l’epidemia di ruggine del caffè, che è già costata 615 milioni di dollari ai produttori dell’America centrale.
Buone notizie, invece, dalla Colombia, dove la ripresa produttiva è stata coronata dal superamento del traguardo dei 12 milioni di sacchi di raccolto nel 2013/14.
Molto ottimistiche le proiezioni sui consumi, che crescendo al ritmo del 2,5% annuo potrebbero raggiungere il volume vertiginoso di 170 milioni di sacchi all’inizio del prossimo decennio.
VOLA L’EXPORT – Il presidente del Comitato Italiano Caffè Patrick Hoffer ha presentato in anteprima alcune delle cifre sul mercato italiano, che verranno pubblicate a breve nella relazione annuale. Il settore del caffè si conferma uno dei più vivaci nel contesto del food&beverage italiano, con un fatturato di 3,1 miliardi di euro, di cui poco meno di un miliardo è dato dall’export. L’Italia si colloca al quarto posto nella graduatoria dei massimi riesportatori di caffè mondiali, alle spalle di Germania, Belgio e Usa.
L’import ha fatto un ulteriore balzo in avanti raggiungendo quota 8,2 milioni di sacchi a fine anno solare 2013 (Brasile, Vietnam, India, Uganda e Indonesia le origini più importanti). Ancora più promettente l’andamento sin qui osservato nell’anno in corso, con 4,5 milioni di sacchi importati a fine giugno: un dato parziale che crea i presupposti per il raggiungimento, a fine 2014, del traguardo storico dei 9 milioni di sacchi indicato dallo stesso Fabian in apertura di convegno. Il caffè all’italiana allarga costantemente la platea dei suoi estimatori. Accanto ai mercati consolidati (il 70% dell’export prende la strada dei paesi UE) si osservano cospicui incrementi delle vendite nei paesi dell’Europa orientale, nei paesi arabi e in Cina.
Il mercato interno italiano presenta caratteristiche di maturità, in modo particolare per quanto riguarda i prodotti tradizionali, a cominciare dal macinato per moka. In forte ascesa invece il monoporzionato, in particolare i sistemi a capsule, che evidenziano tassi di crescita a doppia cifra e trainano il mercato.
Nel leggere i dati è bene tenere conto del forte impulso conosciuti dai canali di vendita alternativi alla Gdo (in particolare gli acquisti via internet) non sempre facili da rilevare nelle statistiche. Importante anche – guardando al calo recente dei volumi – l’impatto dello switch al monoporzionato, che riduce la quantità di caffè utilizzata nella preparazione per ogni singolo atto di consumo.
In integrazione alle cifre esposte da Hoffer va osservato che ulteriori dati – citati da Fabian in apertura del convegno – lasciano intravedere un’incoraggiante ripresa recente dei consumi, da verificare e monitorare ulteriormente nei mesi a venire.
METAFILIERE DEL CAFFÈ – A concludere i lavori, un interessante contributo di Furio Suggi Liverani – presidente Trieste Coffee Cluster – che ha spaziato, già in ottica Expo 2015, in aree tematiche di grande interesse, quali la sostenibilità delle filiere del caffè e i loro costi in termini di emissioni di CO2, ma anche l’evolversi recente e recentissimo della Top-of-mind awareness (TOMA) del consumatore, con una sensibilità sempre maggiore per problematiche quali la CSR (Corporate Social Responsibility) aziendale, la sicurezza alimentare, i valori ambientali.
Nell’analisi di Suggi Liverani – dopo un richiamo ai problemi demografici e all’agenda ambientale – una spassionata disamina delle minacce che incombono sulla supply chain del caffè.
A cominciare dal rischio concentrazione.
Un rischio che si manifesta a monte della filiera, dove la gestione delle piccole proprietà sotto i 5 ettari si fa insostenibile in molti paesi, in primo luogo dell’America centrale. Vi è il pericolo che gli small growers scompaiono, fagocitati dai produttori più grandi, oppure che optino per altre colture abbandonando il caffè.
Ma anche a valle della filiera: sette grandi gruppi controllano il commercio del caffè, due la logistica; quattro soggetti hanno in mano il 40% del mercato mondiale del caffè trasformato.
Un’ulteriore minaccia è quella della commoditizzazione del caffè, che rischia di tradursi in livellamento, appiattimento e banalizzazione dell’offerta, giusto per citare alcuni dei risvolti negativi.
Quali le risposte?
Puntare su un nuovo paradigma dei valori, che vada incontro alle esigenze e alle aspirazioni di un mondo e di un universo dei consumi in forte evoluzione.
Scommettere sui mercati di nicchia, come fanno molti torrefattori italiani con eccellenti risultati.
Un’ulteriore soluzione di sistema è quella della creazione di metafiliere, capaci di moltiplicare il valore aggiunto instaurando intersezioni, convergenze e sinergie operative tra settori diversi.
Un approccio strategico innovativo, che sarà oggetto di ulteriori analisi, durante della tre giorni triestina, nell’ambito degli appuntamenti di alta formazione professionale dedicati a manager e imprenditori.
Triestespresso Expo prosegue sino a sabato. Vari eventi collaterali coinvolgeranno tutta la città anche nell’arco del week-end.
Per l’integrale degli interventi del convegno vi rimandiamo ai video postati sul nostro sito.