TRIESTE – TriestEspresso Expo riparte dopo uno stop forzato di quattro anni, nella rinnovata cornice del Trieste Convention Center del Porto Vecchio. La filiera del caffè espresso, che non si è mai fermata durante la pandemia, torna ad avere la sua fiera in presenza. E ritrova un luogo fisico di incontro per tutti gli operatori della complessa catena produttiva alla base di questa bevanda.
Il tutto avviene però in una congiuntura particolare, segnata da una nuova, pressante emergenza, che colpisce tutti noi: quella della guerra e della crisi energetica.
Se ne è parlato nel convegno inaugurale, che ha avuto come tema “Dal caffè all’espresso tra sostenibilità e aumento dei costi dell’energia e delle materie prime”. E che è stato moderato dal direttore delle nostre due testate Angela Hysi Vicentini.
La drammaticità del momento è emersa, in particolare, negli interventi di Fabrizio Polojaz, e Omar Zidarich, presidenti rispettivamente dell’Associazione Caffè Trieste e del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè.
Da Polojaz, una disamina sintetica sul funzionamento delle borse e sul ruolo predominante assunto dagli operatori finanziari, per effetto della deregulation subita dai mercati negli ultimi decenni, che favorisce comportamenti speculativi sempre più aggressivi, atti ad amplificare a dismisura gli input provenienti dai fondamentali.
La forte volatilità e l’evoluzione erratica dei prezzi, di cui riferiamo puntualmente nei nostri resoconti, ha reso ancora più complicata la pianificazione degli acquisti da parte dei torrefattori.
Ma, come si è visto nell’intervento di Zidarich, i rincari della materia prima, per quanto pesanti, diventano quasi un problema relativo, a fronte dei salassi causati dalla crisi energetica.
Che non sono soltanto legati alle bollette dell’energia e del gas, i cui importi sono mostruosamente lievitati. L’effetto domino causato dalla crisi ha infatti determinato ricadute a cascata su tutte le voci di costo. I dati sciorinati in sequenza da Zidarich assomigliano più a un bollettino di guerra.
Nel 2020, il prezzo di acquisto dell’energia (Pun) sul Mercato del Giorno Prima (Mgp) era sceso a un minimo storico di 38,92 euro/Mwh. Altri tempi: già nel 2021 era passato a 125,6 euro/Mwh. A settembre di quest’anno è stato pari a 436,28 euro/Mwh, peraltro in calo da un picco di oltre 540 euro raggiunto ad agosto.
Da un anno a questa parte, inoltre, il prezzo del gas è rincarato del 177%. Ma gli aumenti sono generalizzati: crescono i costi dei trasporti, della logistica, degli imballaggi, dei sacchi di iuta, persino dei bancali.
Non dimentichiamo che il torrefattore supporta l’esercente fornendogli macchina, tazzine e altri beni in comodato. Anche qui il conto si fa sempre più salato. I tempi di consegna delle macchine espresso si sono dilatati a dismisura e i prezzi sono lievitati.
Colpa dei maggiori costi dei metalli, nella cui fornitura Ucraina e Russia hanno un ruolo fondamentale. E della difficile reperibilità della componentistica elettronica, causa la crisi dei semiconduttori.
I costi energetici mettono in ginocchio anche il settore dei pubblici esercizi, con un numero crescente di locali costretti a chiudere. Trasferire i rincari sul consumatore finale è in una certa misura inevitabile, ma rischia di trasformarsi in un boomerang, poiché scoraggia i consumi in un contesto di forte riduzione del potere d’acquisto delle famiglie.
La riprova nei dati su un locale campione studiato dal Gruppo. E nelle ripercussioni sui consumi viste a Roma, per un modesto ritocco al prezzo della tazzina.
“Abbiamo qui un problema su tutta la filiera” è la conclusione di Zidarich. E di approccio globale di filiera ai problemi del settore ha parlato il neopresidente del Consiglio internazionale del caffè dell’Ico, Massimiliano Fabian.
Il nuovo Accordo internazionale ha aperto la strada al coinvolgimento del settore privato nelle attività dell’Ico. Un segnale in questo senso è stato appunto l’arrivo, ai vertici dell’organizzazione, di due figure espressione del settore privato. Oltre a Fabian, anche il nuovo direttore esecutivo, la brasiliana Vanusia Nogueira, giunge dal mondo dell’associazionismo di settore e ha un passato familiare nel mondo della produzione e del commercio.
Fabian ha riaffermato l’impegno a superare le divisioni e i dualismi che hanno caratterizzato tradizionalmente l’Ico cercando un approccio integrato ai gravi problemi storici – e non solo congiunturali – che attanagliano il comparto del caffè cooperando per il suo miglioramento e il suo sviluppo. In questa ottica, economia circolare e sostenibilità giocheranno un ruolo fondamentale.
La circolarità, che era vista inizialmente soprattutto come una virtù, si sta affermando sempre più come una necessità, visti i costi e la finitezza delle risorse. Il settore del caffè – ha spiegato Marcello Guaiana, responsabile progetti Economia Circolare di Area Science Park – come d’altronde l’intera industria deve superare il paradigma “estrai-produci-getta”, per passare a un modello diverso dove: si estrae il meno possibile, si produce risparmiando quanta più energia possibile e si rimettono in circolo gli scarti di lavorazione.
Questi ultimi, adeguatamente valorizzati, possono alimentare nuovi comparti industriali contribuendo all’economia, allo sviluppo e all’occupazione.
Un esempio concreto? Il progetto al quale sta lavorando l’istituzione di ricerca triestina nell’ambito delle iniziative della rete EEN e del sistema Argo, con il progetto Sissi, che punta alla valorizzazione della pellicola argentea del caffè o silverskin. Se ne parlerà approfonditamente in una tavola rotonda in programma oggi a TriestEspresso Expo.
Ricco di polifenoli, fibre alimentari e xantine, il silverskin, che veniva normalmente smaltito come rifiuto speciale, si presta a numerosi utilizzi: per la formulazione di integratori e cosmetici, come matrice per fertilizzare i terreni, ma anche per ricavarne cellulosa, lignina, lipidi e alcuni composti fenolici.
E infine, possibilità oggi più che mai allettante, per ricavare biogas, attraverso la digestione anaerobica. Ma opportunità di riciclo e upcycling sono offerte anche dai fondi di caffè, dalle capsule e da altri scarti della lavorazione e trasformazione del caffè.
A chiudere il cerchio, l’intervento finale di Andrea Giorgiutti, direttore del Servizio valorizzazione qualità delle produzioni – Direzione centrale risorse agroalimentari, forestali e ittiche Regione Fvg – che ha inquadrato il tema della bioeconomia, ossia di un’economia basata sull’utilizzazione sostenibile di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione in beni e servizi finali o intermedi, secondo una definizione della Commissione europea.
Essa non comprende non soltanto settori tradizionali – come l’agricoltura, la pesca, l’acquacoltura e la selvicoltura – ma anche settori economici più moderni, come quelli delle biotecnologie e delle bioenergie.
Tanto dall’intervento di Giorgiutti, quanto da quello di Guaiana, è emersa l’importanza del coordinamento e della correlazione tra imprese, distretti produttivi e cluster, e della condivisione dei dati nell’intento di trovare sinergie innovative nell’ottica della circolarità e della sostenibilità. Di circolarità dell’economia del caffè si parlò già in precedenti edizioni di TriestEspresso. E molti dei concetti a suo tempo enunciati stanno oggi prendendo o hanno già preso forma concretamente.
“Questa crisi ci proietta verso un mondo nuovo”, ha dichiarato con una punta di ottimismo l’assessore alla cultura del Comune di Trieste Giorgio Rossi.
L’etimo greco della parola crisi – aggiungiamo noi – ci rimanda al senso di “separazione” e di “fase critica”, ma anche di “punto di svolta”. A un momento di riflessione e di valutazione, che prelude a un miglioramento o addirittura una rinascita. Ci auguriamo che sia così anche in questa gravissima crisi, di cui non si intravede, al momento, l’uscita.