TRIESTE – La giornata internazionale del caffè, appena festeggiata come d’abitudine ormai dal 2015 in poi, il primo ottobre, ha gettato luce su un rito che adesso è un po’ in bilico per colpa della pandemia: soffrono tutti i locali, ancor più i bar storici di città in cui il caffè è un simbolo come Trieste. Facciamo un viaggio nel passato di questa città, in un periodo storico più felice per i pubblici esercizi, dal sito triesteallnews.it.
Trieste, quale città “del caffè”, vanta da secoli uno speciale legame con la bevanda
A differenza che in altre parti d’Italia, la storia peculiare del capoluogo lo colloca con fermezza nell’alveo della tradizione dei caffè viennesi, dove per citare l’Unesco “si consumano il tempo e lo spazio, ma solo il caffè compare sul conto”.
La caffetteria rimane a Trieste – nei suoi locali storici, ma non mancano riproposizioni moderne – un luogo dove fermarsi per chiacchierare, leggere, studiare. Un luogo concettualmente lontano dall’immagine dell’impiegato che trangugia in fretta un espresso prima di recarsi al lavoro.
D’altronde, con la moda dei bookbar negli Stati Uniti, prontamente adottati dall’Italia come un’assoluta novità, questo è un modello che inizia a piacere anche oltre oceano
Quando si scrive di Trieste e caffè, tuttavia, è impossibile non pensare all’epoca d’oro della città, quando tra gli inizi del novecento e gli anni Venti i locali che oggi definiremmo “storici” abbondavano a centinaia, ciascuno con la sua clientela, con la sua classe di specifici avventori. Senza dimenticare le chiusure che si sono succedute negli ultimi decenni, spesso eliminando nell’indifferenza delle istituzioni locali elementi chiave della vita cittadina.
Si parte allora a Trieste da Piazza dell’Unità, a inizio novecento Piazza Grande
Accanto al sopravvissuto Caffè degli Specchi ricordiamo il Caffè Carrara, aperto tutta la notte, prediletto dalle compagnie teatrali; il Caffè Orientale, sotto il Palazzo del Lloyd, ritrovo degli impiegati comunali; il Caffè Carl al pianoterra di Casa Pitteri, sostituito dal Flora, a sua volta scomparso; sotto il Municipio c’era poi il Caffè Litke, successivamente noto come Municipio e infine come Garibaldi, forse il suo “titolo” più famoso.
Spostandosi in Piazza della Borsa merita una menzione il Caffè Tergesteo, “eliminato” con l’ultima ristrutturazione; mentre altrettanto antichi erano il Caffè Greco, ritrovo dei commercianti levantini negli abiti tradizionali e il Caffè della Borsa, circolo “esclusivo” degli ebrei polacchi.
A qualche centinaio di metri, Piazza della Legna, oggi Piazza Goldoni, esibiva una formidabile concentrazione di caffè storici: ricordiamo l’Armonia, l’Ambra, il Bizantino e il Barriera, mentre in via del Torrente si affacciavano i caffè Bergamin, Fabris, Faidalt e Domenig.
Il Caffè Bizantino – o casa Bizantina –
Ha compiuto il salto di qualità dall’essere un nome vergato ai margini dei libri a conservare una memoria storica tutt’ora viva nella popolazione. Situato in un bell’edificio di stile eclettico costruito dall’architetto Raffaele Vicentini, in Barriera Vecchia, era un ritrovo multiculturale che simboleggiava, nella sua babele di dialetti e lingue, il caffè quale luogo di incontro e scambio culturale.
Famoso per gli opulenti arredamenti in stile orientale, il Caffè Bizantino fu anche uno dei primi locali a disporre del telefono (1909). Verso gli anni Trenta del novecento il caffè fu rinominato “Bar Imperia” prima di scomparire sotto i colpi del “piccone risanatore”, nel quadro delle riqualificazioni del sindaco Enrico Paolo Salem.
I recenti lavori in Viale XX Settembre hanno riportato alla luce il nome precedente, via dell’Acquedotto. E merita allora ricordare uno dei suoi caffè più noti a inizio novecento, il Caffè Secession, in combinazione con il café-chantant, con spettacoli e concertini, noto come Caffè Eden. Non lontano e altrettanto famoso era il Caffè Ferrari, di metà ottocento, in corsia Stadion, oggi via Battisti all’intersezione con via Carducci.
La lista dei caffè della Belle Époque riempirebbe pagine intere
Ma merita menzionare come la scomparsa di caffè storici prosegua tutt’ora, sebbene l’opinione pubblica diventi sempre più sensibile e attenta alle alterazioni cittadine, specie quando coinvolgono luoghi particolarmente amati. Ricordiamo in quest’ambito due esempi paradigmatici: il Caffè Audace, che aveva provato a rilanciarsi con diverse, originali, offerte prima di fallire definitivamente (28 luglio 2014) e il Caffè Cattaruzza, “rimosso” dalle Assicurazioni Generali durante la ristrutturazione di Palazzo Aedes (luglio 2019). In quest’ultimo caso gli arredi e l’attività non erano stati vincolati e il Bar, nonostante le promesse del 2017, è stato eliminato a luglio 2019. Una perdita tutt’ora dolorosa specie per l’innegabile atmosfera del luogo, affacciato sul mare.