MILANO – Ecco la quinta intervista ai vincitori usciti dal campionati italiani che si sono svolti al Sigep di Rimini: oggi parla Marco Poidomani (FOTO Romedia sopra e sotto) tricolore Coffee in good spirits.
Un’occasione rara per conoscere l’esperto di di Coffee in Good Spirits più bravo d’Italia attraverso le sue parole.
Cristina Caroli, Communication Manager SCAItalia, commentando queste interviste ha sottolineato che “tutte le gare che vi stiamo raccontando dalla viva voce dei protagonisti sono state messe a punto da tutti i concorrenti, con grande studio e dedizione: forniscono nuovi spunti e sfide per gli appassionati e fanno crescere la curiosità e la voglia di avvicinarsi alla Specialty Coffee Association e ai suoi ideali di eccellenza.
“Un’esperienza fantastica”, conclude Cristina Caroli.
LA CARTA D’IDENTITÀ DEL CAMPIONE
NOME E COGNOME: Marco Poidomani
NATO: a Modica (Ragusa)
IL 29/11/1975
IL MOTTO: Never give up
L’HOBBY NON A BASE DI CAFFÈ: diving
Come si è avvicinato a questa disciplina? Quando è scattato il colpo di fulmine con la caffetteria ad alto livello?
Quando la tua professione coincide con la tua passione, non puoi fare a meno di puntare sempre più in alto e non mi riferisco solo all’aspetto agonistico, ma alla continua ricerca e allo studio che possano darti nuovi stimoli e successi. Qualche anno fa, proprio durante il Sigep, Andrea Lattuada e Andrea Antonelli mi invitarono ad assistere a una gara in cui Francesco Corona partecipava con la preparazione di cocktail inediti al caffè. Quell’esibizione mi entusiasmò ed emozionò a tal punto che non smisi di pensarci: era affascinante il modo in cui il caffè poteva diventare ingrediente per esprimere creatività. Da quel momento diventò il mio pallino e mi tuffai con grande entusiasmo in questa nuova disciplina.
Come si è migliorato, come ha appreso nozioni e tecniche, ha dei maestri o figure che la ispirano o che le hanno fatto da guida fino ad arrivare al mondo delle gare?
La passione per il caffè è nata grazie a Giovanni Spadola, fondatore di Caffè Moak e al fratello Emanuele, che all’epoca lavorava come chimico in azienda. L’amore per il caffè e la continua attenzione per il prodotto di qualità erano i punti cardine dei loro insegnamenti. Il supporto, poi, dei figli Alessandro e Annalisa è stato fondamentale nella mia crescita professionale. Anche se già lavoravo, il mio obiettivo era diventare professionista e per esserlo dovevo affidarmi ai migliori trainer del settore, tra tutti Andrea Antonelli e Andrea Lattuada, ancora oggi mio mentore. Nel frattempo le opportunità di lavorare in giro per l’Italia crescevano e in una di queste occasioni
conobbi Marcello Vitellone, persona carismatica. Poi l’esperienza lavorativa all’estero, che mi ha dato, e continua a darmi, la possibilità di studiare con professionisti internazionali, di scoprire nuovi caffè e le continue evoluzioni del mondo della caffetteria. Tutto questo messo insieme rappresenta la mia biblioteca, fatta non solo di libri e attestati, ma anche di esperienze e rapporti umani.
Come ha impostato la sua preparazione e come ha trovato i tempi per farlo?
Ogni volta è sempre più difficile! Ho cercato di ritagliarmi tempo in accordo (a volte anche in disaccordo) con la mia famiglia. Mia moglie ha capito che volevo realizzare il mio sogno e che questa gara per me era molto importante. Devo ammettere che in alcuni momenti la stanchezza e il poco tempo stavano per farmi cedere, ma Valeria mi ha incoraggiato a non mollare e non smetteva di ripetermi: se vuoi, puoi! La mia vittoria, quindi, è anche la sua.
Per arrivare a gareggiare a Rimini ha avuto bisogno di un team? Chi sono stati i suoi trainer?
Avere un team che ti supporti per le competizioni è sicuramente un vantaggio, sia come sostegno morale che fisico. Nel mio caso, avevo tre team al mio fianco:
Family Team: mia moglie e i miei figli;
Supporter Team: Caffè Moak e la scuola MPT (Moak People Training);
Tecnical Team: Coach Andrea Lattuada e il team di gara Mariano Semino e Davide Cavaglieri.
Ci parli della sua gara: com’è nata, la fonte di ispirazione, il filo conduttore.
Come ogni anno si inizia dal caffè. Ne ho degustati tanti, fino a quando non ho trovato quello che al primo sorso mi ha fatto dire “wow, sei tu il prescelto”. Una volta selezionato il mio monorigine e ingrediente principe, ho iniziato a creare la mia ricetta, cercando di rispettare gli equilibri della bevanda e abbinando una selezione di prodotti in grado di esaltarne alcune note. Credo che il caffè sia la fonte di ispirazione e nello stesso tempo il filo conduttore nella preparazione della ricetta; è Lui che ti guida nell’alchimia degli ingredienti e che rappresenta il filo conduttore di questa disciplina.
Come si è trovato con gli altri concorrenti?
Devo ammettere che per tutti la tensione è alta. Prima dell’inizio della gara ciascuno è concentrato per la propria esibizione e non sempre si riesce a parlare.
Com’era l’atmosfera nel backstage?
La tensione dei partecipanti viene alleggerita dalla tranquillità che il team di gara riesce a
trasmettere ai partecipanti. Inoltre devo complimentarmi con l’organizzazione per l’attenzione alla pulizia e all’ordine, condizioni favorevoli per chi poi deve gareggiare.
RIMINI 2017: Il momento brutto che ha superato.
Pronunciare il TIME iniziale! C’è un momento che dura pochi minuti, ma sembra interminabile ed è quando i giudici entrano e ti salutano. Istanti in cui mi sono passati mille pensieri (non tutti belli), ma poi la voglia di vincere è tanta, così prendi fiato e pronunci il fatidico “TIME”.
RIMINI 2017: Il momento bello che non dimenticherà mai.
Pronunciare il TIME finale!!
Pensava di vincere?
Lo desideravo tanto. Rincorrevo questo sogno da molto tempo e quest’anno ho dedicato
più ore agli allenamenti. Lo stesso giorno della mia gara mio figlio giocava la sua prima partita di calcio. Voleva a tutti i costi che io fossi tra gli spalti a tifare per lui, ma poi come un ometto mi ha detto: “Papà ti perdono solo se vinci”. Dovevo necessariamente portare a casa la vittoria.
A chi vuole dire grazie?
Questo premio mi rende particolarmente orgoglioso soprattutto agli occhi dei miei figli Giorgio e Ilaria e di mia moglie Valeria, che mi hanno sostenuto e ai quali, con grande sacrificio, ho dovuto togliere tempo. A loro dedico questa vittoria. Non posso non condividere questo importante risultato con la mia seconda famiglia: Giovanni, Alessandro e Annalisa Spadola, il team Moak e quello di MPT, in particolare Giovanni Peligra, per il sostegno, la fiducia e il supporto che mi hanno dato e continuano a dimostrarmi. Infine, un grazie di cuore al mio coach Andrea Lattuada e al team gara Davide Cavaglieri e Mariano Semino”.
Che cosa è cambiato nella sua vita da quando è Campione, giudica questo titolo
una opportunità professionale?
È sicuramente la realizzazione professionale di un sogno che ho inseguito da anni. La passione, il duro lavoro e la continua ricerca e studio in questo settore in continuo cambiamento mi hanno permesso di ottenere nella mia carriera importanti risultati e questo sicuramente è un titolo che attesta il mio impegno. L’agonismo, in generale, credo sia formativo nel percorso professionale di ciascuno. Allenamento, competizione e risultato conseguito sono tre fasi che mettono a dura prova le proprie capacità emotive e tecniche, ma ti danno l’opportunità di confrontarti e metterti in gioco.
E’ ovvio che portare con sé il titolo di Campione Italiano è certamente una carta vincente, non soltant dal punto di vista mediatico, ma anche per chi vuole avvicinarsi a questo settore e ti sceglie come trainer. Per questo il mio consiglio è quello di provare, di tuffarsi in questa bella esperienza e soprattutto di non mollare mai.
Ora, il prossimo impegno è a livello mondiale: la sua gara nazionale è una buona
base da perfezionare o dovrà cambiarla radicalmente?
Il giorno dopo la gara ero già alla ricerca di un nuovo caffè per la preparazione di un nuovo cocktail per la finale mondiale. Non l’ho ancora trovato, ma sarà “Lui” a guidarmi e ad ispirarmi. Ho in mente anche la scelta di alcuni ingredienti da abbinare, ma prima devo individuare il mio caffè protagonista.
C’è qualche campione internazionale che ammira in particolare, e che spera di incontrare personalmente nel suo viaggio per il mondiale, e tornare con il fatidico selfie?