MILANO – Una novità nell’universo Starbucks, che è una conseguenza dello spiacevole fatto di cronaca che ha visto protagonisti due clienti afro-americani. La catena, ora, aprirà le toilette anche a chi non consuma.
A confermarlo è proprio l’executive chairman Howard Schultz, che l’ha infatti annunciato durante all’assemblea annuale degli azionisti.
Toilette ad accesso libero per i clienti Starbucks
Da adesso in poi sarà possibile a tutti utilizzare i bagni delle caffetterie. La notizia arriva dopo il caso di Philadelphia. Dove due uomini di colore erano stati arrestati perché volevano usare il bagno di una delle caffetterie della catena senza aver mangiato né bevuto nulla.
«Chiediamo scusa alle due persone coinvolte e ai nostri clienti e siamo molti dispiaciuti che questo episodio abbia portato a un arresto.» Così aveva twittato il ceo Kevin Johnson dopo l’episodio.
Aveva annunciato anche che «stiamo rivedendo le nostre procedure e ci stiamo impegnando con la comunità e il dipartimento di polizia per fare in modo che questo tipo di situazioni non capitino più, in nessuno dei nostri negozi».
Schultz ha anche spiegato comunque la policy adottata finora lasciava a ciascun responsabile del negozio l’autonomia di decidere se permettere l’uso dei servizi igienici a tutti o solo ai clienti “paganti”. Adesso, invece, le porte saranno aperte a tutti.
#boycottstarbucks
Dopo l’episodio, sui social era partita la campagna #BoycottStarbucks. Attraverso questo hashtag, molti utenti hanno accusato la società di essere razzista. Dal momento che i due uomini arrestati erano di colore.
Secondo quanto riportato dall’Associated Press i due uomini erano entrati nella caffetteria e si erano seduti a un tavolo senza però ordinare nulla, e si erano poi alzati per andare in bagno. Dopo averli fermati, i commessi avevano poi chiamato la polizia. Gli uomini erano stati rilasciati per assenza di prove.
Un fatto che, di sicuro, non si ripeterà all’interno della catena di caffetteria americana.
La mossa della catena di caffè degli Stati Uniti potrebbe però aprire la porta (letteralmente) ad altri problemi, tra cui la droga, la prostituzione e il problema dei senzatetto. A parte gli episodi di vandalismo – si legge sulla Bbc – i bagni pubblici necessitano di manutenzione costante per rimanere funzionali e puliti. Ma allo stesso tempo per i senzatetto le strutture pubbliche sono spesso le uniche cui hanno accesso. Secondo le statistiche 2017 del National Alliance to End Homelessness, ci sono più di 500.000 senzatetto negli Stati Uniti, con il 34% che non trova (o non cerca) riparo nei ricoveri.
La normativa in Italia
E se il colosso Usa corre ai ripari, in Italia la situazione è ben diversa. Perché non è garantito alcun diritto all’utilizzo del bagno in bar e ristoranti, a meno di non aver consumato qualcosa. La normativa tutela solo colui che ha ordinato e pagato una consumazione.
Solo al “cliente” l’ art. 187 del Tulps (Testo unico delle leggi sulla Pubblica Sicurezza) riconosce il diritto ad avere un bagno messo a disposizione, gratuitamente, dal gestore dell’ esercizio. Secondo la norma, infatti, gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo. Il semplice “passante” che nulla acquista o consuma, invece, non potrà rivendicare alcun “diritto al bagno”, anche se affetto da serie patologie, a meno che l’esercente non sia particolarmente disponibile o comprensivo.
La disciplina ha però sollevato polemiche da più fronti. Da un lato gli esercenti si difendono sottolineando le spese di varia natura (acqua, sapone, carta igienica) cui andrebbero incontro. Dall’altro i rappresentanti del Codacons, Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori. La quale ritiene che un locale pubblico debba sempre mettere i bagni a disposizione di tutti.
La definitiva sentenza del Tar della Toscana
Sul dibattuto tema è intervenuta una sentenza del Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Toscana, n. 691 del 18/2/2010. Il giudice amministrativo è partito dal presupposto che il “pubblico esercizio è un’ attività economica, preordinato alla soddisfazione dei clienti, pertanto i servizi igienici sarebbero riservati solo a quest’ultimi”.
Ancora, prosegue il provvedimento. “È agevole ribattere che una cosa è l’attività di pulizia e manutenzione di un locale destinato ad uso bagno. Se ne possono far uso un numero limitato ed in una certa misura preventivabile di persone. Tutt’altra cosa è tale attività, se a poter fruire del locale destinato a bagno è la generalità del pubblico. Cioè, all’occorrenza, masse di persone ingenti e non predeterminabili. Si pensi ad esempio agli afflussi di pubblico, formato non soltanto da turisti, in occasione di famose manifestazioni culturali e cerimonie”.