domenica 22 Dicembre 2024
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Da Tik Tok alla vita vera: i brand dall’online ritornano nell’offline con incontri al bar

Paradossi di questi anni capovolti: più il brand si posiziona iconicamente nella sfera intangibile del digitale, più suscita la necessità di essere vissuto dal vivo. Così al rafforzamento della narrazione social si riflette una componente fisica: nascono caffetterie in store di abbigliamento, aree relax nelle librerie, cinema immersivi nelle concessionarie d'auto

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LOS ANGELES (Stati Uniti) – Lontani dalla dipendenza della tecnologia che spesso inchioda gli sguardi sugli schermi: questo il principio che ha guidato di 19 ragazzi di Los Angeles, conquistando così l’attenzione del popolo sul web. Per raggiungere un obiettivo così difficile di questi tempi all’insegna degli smartphone a ogni costo, il gruppo di giovani ha voluto promuovere una serie di incontri faccia a faccia, dando nuova vita alla funzione di condivisione sociale delle caffetterie, a partire dalla piattaforma Tik Tok. Leggiamo la notizia dall’articolo di Gianpaolo Colletti, per IlSole24Ore.

Tik Tok come spunto per incontrarsi dal vivo

Hanno deciso di distogliere lo sguardo dallo schermo e di parlarsi oltre lo smartphone. E la notizia ha fatto il giro del mondo. A Los Angeles diciannove tiktokers statunitensi, quelli peraltro con il maggior seguito, si sono messi insieme sotto lo stesso tetto in una casa chiamata Hype House. Così questi giovanissimi creator hanno pensato di massimizzare la produzione di contenuti nel flusso senza fine della nuova snack TV di TikTok. Fenomeno non nuovo, quello degli spazi condivisi.

Già nel 2014 alcuni youtuber ci avevano provato. Obiettivo neanche tanto velato: ampliare i rispettivi pubblici con incontri dal vivo. Già emergono gli effetti benefici: l’account ufficiale della Collab House ha superato 4,5 milioni di follower e l’hashtag #HypeHouse ha già ottenuto oltre 100 milioni di visite. Un co-branding nel segno di nuovi spazi condivisi, ibridi, social.

Caccia agli spazi ibridi da Tik Tok si torna offline

Paradossi di questi anni capovolti: più il brand si posiziona iconicamente nella sfera intangibile del digitale, più suscita la necessità di essere vissuto dal vivo. Così al rafforzamento della narrazione social si riflette una componente fisica: nascono caffetterie in store di abbigliamento, aree relax nelle librerie, cinema immersivi nelle concessionarie d’auto. Nuovi racconti per brand che si riprendono (o forse non l’hanno mai perso) il proprio spazio nel percorso di acquisto del cliente.

«Le tecnologie digitali con la loro pervasività inducono il sistema del commercio a evolversi. Così gli spazi fisici devono qualificarsi maggiormente per dare una motivazione al consumatore. Oggi le dimensioni che rendono attrattivo uno spazio sono tante. Il filo conduttore resta il commercio non più inteso come vendita di beni, ma offerta di soluzioni che possano colmare i bisogni dei clienti.

C’è poi la valorizzazione dell’esperienza polisensoriale che nessun altro touch point può garantire rispetto allo spazio fisico come luogo di apprendimento qualificato e non più area di vendita: lo spazio diventa di intrattenimento, con la vendita come fattore collaterale. Ecco perché occorre costruire uno storytelling efficace», afferma Giuliano Noci, professore di strategie e marketing al Politecnico di Milano.

Intanto dall’osservatorio multicanalità del Politecnico emergono gli “everywhere shopper”: 6,9 milioni di individui evoluti

Sono per il 37% millennial, per il 47% generazione X, per 16% baby boomer. «La dicotomia offline e online è superata e siamo di fronte ad un flusso costante. C’è necessità di un nuovo paradigma perché viviamo all’interno dei nostri screen con esperienze ininterrotte tra analogico e digitale.

La sfida è mantenere alta l’attenzione sui vari canali», afferma Lidi Grimaldi, managing director dell’ufficio italiano di Interbrand, agenzia di consulenza internazionale impegnata sull’ascolto dei consumatori, sul design degli spazi e sulle strategie dei brand.

«È difficile dare una definizione unica a questi luoghi perché sono tante cose assieme e soprattutto luoghi di dialogo. Si registra un dialogo attivo e costante, con una narrazione creata con gli stessi clienti. Il brand è ancora un atto di leadership, ma si creano nuove traiettorie e alleanze con le varie audience», precisa Grimaldi.

Da venditori a consulenti: perché piattaforme come Tik Tok vanno cavalcate

Ripensare gli spazi e quindi le relazioni con nuove idee. Da qui nasce “Store del futuro – Experience more”, la call per le startup promossa da Axepta, società del gruppo BNP Paribas operante nel settore dei pagamenti, in collaborazione con PoliHub, il distretto dell’innovazione del Politecnico di Milano. Obiettivo: promuovere nuovi progetti imprenditoriali e soluzioni innovative nel retail. Dall’ideazione di tecnologie per migliorare la shopping experience allo sviluppo di modelli di omnicanalità per incrementare le conversioni.

«La trasformazione degli spazi presuppone una evoluzione della figura del commerciante. Diventa un consulente e non più un espositore di prodotti. Questo implica una dimensione di conoscenza maggiore del cliente: fare il commerciante significa evadere richieste che vanno ben oltre l’ acquisto», precisa Noci. Una partita che oggi può essere giocata ad armi pari tra grandi e piccoli player e non solo nell’ agone digitale.

Dall’offerta alla domanda

Perché di fatto evolve anche il consumatore. «Stiamo assistendo ad un fenomeno di mercato pervasivo e strutturale. I paradigmi comportamentali sono cambiati e in questo archetipo avanzato acquistano un ruolo rilevante non più soltanto i millennial, ma anche i baby boomer. Si abbassa il traffico nei grandi centri commerciali, nati come poli di attrazione legati a offerte convenienti. Paradossalmente avremo in futuro due logiche di fisicità in un quadro multicanale: piccoli spazi di vicinato dove si gioca la partita su tempestività, personalizzazione, servizio. E poi grandi spazi aggregativi nei quali la dimensione dell’intrattenimento sarà fondamentale», conclude Noci. L’ossessione dell’ engagement passa anche da spazi che reinventano le forme di aggregazione per nuove tribù di consumatori.

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