Questa rubrica di Comunicaffè è aperta a tutti i lettori che possono coinvolgere collaboratori o parenti con i loro testi: la pubblicazione delle sintesi delle tesi di laurea con argomento caffè. Attendiamo le vostre segnalazioni.
TESI DI LAUREA La tradizione del caffè a Trieste e le grandi famiglie Nona parte. La decima e ultima parte seguirà con l’edizione di martedì 9 gennaio 2007
La rivoluzione Robusta, tendenza da arginare per un espresso migliore Dopo aver assistito per un paio d’anni, all’ascesa ed all’affermazione di caffé Robusta di produzione Uganda, Congo, Camerun, Costa d’Avorio, Angola, Madagascar, Giava ed altri, propongo misure efficaci per arrestare la pericolosa marcia dei caffé Robusta e frenare l’iniziativa assunta dai nuovi piantatori afro – asiatici e di adottare, opportunamente elaborati e seguire dei provvedimenti
La città di Trieste deve guardare al suo passato per apprendere come costruire il suo futuro commerciale. Ha l’obbligo di riaffermare la sua vocazione di città di collegamento, prima di tutto con Germania e Austria, sfruttando inoltre l’allargamento geopolitico ed infrastrutturale ad est incoraggiato dall’Unione Europea. In questo contesto il Corridoio 5 rappresenta per l’Italia l’opportunità per non perdere traffici, che attualmente raggiungono l’Europa centro – orientale passando a nord delle Alpi, con una potenziale perdita di competitività per il paese e per Trieste. Grazie a questo collegamento, il porto di Trieste, potrebbe riguadagnare il ruolo di porta sull’Adriatico, area di transito privilegiata della merce proveniente dai paesi dell’Europa Sud- orientale, dal Medio Oriente, dall’Africa e America Latina. Fra i grandi porti europei, Trieste è inoltre il più vicino al canale di Suez, consentendo una riduzione di più di 2000 miglia nei collegamenti con l’Estremo Oriente. E’ auspicabile quindi che si rafforzi sempre di più un sistema portuale dell’Alto Adriatico ispirato al principio della collaborazione tra i porti di Trieste, Monfalcone e Koper. Le imprese terminaliste Luka Koper e Compagnia Portuale di Monfalcone, hanno accettato di operare nel porto di Trieste portando la loro esperienza e le loro peculiarità, gestendo rispettivamente il Molo VII e l’Adria Terminal. Tutto ciò sotto il controllo e nell’ambito del ruolo di regolazione dell’Autorita’ Portuale di Trieste, impegnandosi a realizzare programmi operativi stabiliti di concerto che possano contribuire al rafforzamento del Porto di Trieste. Di fondamentale importanza è anche la realizzazione della terza corsia autostradale da Venezia a Trieste, in modo tale da permettere un maggiore e più facile flusso di camion. Gli stessi devono essere anche trasportati a mezzo ferrovia per non creare congestioni nella viabilità, che alla lunga scoraggiano l’attività economica. Sotto il profilo ferroviario sono in stato di avanzamento i progetti tra FS e Ferrovie Slovene per collaborare su basi di parita’ dandosi reciproco accesso alle reti e spartendosi il traffico. In breve il porto di Trieste – Capodistria potrebbe smistare traffico di merci verso Vienna, monaco di Baviera o verso Kiev lungo il Corridoio n. 5. L’esito delle trattative tra i due paesi per l’attuazione di questi progetti è di primaria importanza per il Porto di Trieste. Considerando logica ed urgente la prospettiva di un collegamento ferroviario fra Trieste e Koper.
Se Trieste saprà prendere al volo queste occasioni, potrà ritornare al ruolo che le compete e che ha già avuto per larghi periodi nel suo passato. Porto di scambi e di leadership mediterranea sempre più affermata nel caffè, grazie anche all’apporto della tecnologia Silocaf1. C’è bisogno di strategie a lungo termine, di intelligenze che sentano la voglia e l’entusiasmo di mettersi alla prova per l’affermazione di questa città. Le persone che hanno dato tanto con la loro storia per la creazione di questo libro, hanno inseguito la loro strada per raggiungere il successo, ma l’hanno fatto anche per l’amore e la passione che hanno dentro per Trieste. E’ un dovere per i giovani di questa città costruire ed allargare ciò che essi hanno realizzato negli ultimi decenni. Non farlo sarebbe una sconfitta per noi, per Trieste. Appendice Documento autentico del comm. Primo Rovis indirizzato al Presidente dell’Istituto Brasiliano del Caffé, Paulo Guzzo, per convincerlo sulla bontà del progetto di portare a Trieste il caffé brasiliano. Nel breve scorcio di un paio d’anni, abbiamo assistito all’ascesa ed all’affermazione di caffé Robusta di produzione Uganda, Congo, Camerun, Costa d’Avorio, Angola, Madagascar, Giava ed altri. Questa ascesa ha incoraggiato l’iniziativa privata di molti piantatori afro – asiatici che, vista aumentare sensibilmente la domanda, stanno ampliando le piantagioni ( non soltanto per questi tipi, ma pure per gli Arabica) tanto che nel giro di pochi anni, proseguendo in questa maniera, essi potranno costituire un serio pericolo per l’economia dei paesi dell’America latina, e in particolare per il Brasile, conquistando i mercati finora forniti esclusivamente da questi paesi. In un primo tempo l’orientamento verso i tipi Robusta era dovuto principalmente alla differenza di prezzo e non alla qualità: infatti i caffé Robusta vengono chiamati dall’importatore e dal torrefattore ” legno “, non caffé. Questo mio lavoro si propone di suggerire delle misure efficaci per arrestare la pericolosa marcia dei caffé Robusta e frenare l’iniziativa assunta dai nuovi piantatori afro – asiatici e di adottare, opportunamente elaborati, i seguenti provvedimenti: 1) Ribassare sensibilmente il prezzo di alcuni tipi di caffé di qualità più scadente. Questi tipi che potrebbero essere, ad esempio, i Paranà 5/8, Vitoria Rio 7/8, dovrebbero costare almeno dieci centesimi di dollaro al chilogrammo meno dei rispettivi Robusta. Tale provvedimento farebbe sì che il torrefattore, per ragioni di interesse, riprenderebbe ad immettere nelle sue miscele di qualità bassa per uso famiglia, il caffé brasiliano meno pregiato, prodotto in quantità rilevante che in pochi anni, specialmente in Italia, è quasi scomparso perché sostituito dai Robusta afro-asiatici. Fenomeno questo riscontrabile pure in altri paesi, compresi gli Stati Uniti come dimostrato da statistiche. 1 La tecnologia “Silocaf” – stoccaggio e lavorazione del caffè verde e delle soft commodity – ha reso famosa la Pacorini nel mondo. Attraverso il processo “Silocaf”, il caffè viene controllato nelle sue variabili qualitative da un panel di assaggiatori qualificati e poi, secondo lo standard di lavorazione concordato con il cliente, viene sottoposto ad una serie di trattamenti, per migliorarne le caratteristiche organolettiche, attraverso l’eliminazione di difetti e retrogusti, ottenendo risultati qualitativi costanti nel tempo. Questi servizi vengono forniti dalla Pacorini a Trieste, Vado Ligure e New Orleans e recentemente anche nell’area di Vitoria – Brasile. Il Silocaf di Trieste è l’impianto tecnologicamente più evoluto in Europa, con una capacità di stoccaggio pari a 10.000 tonnellate suddivisa in 147 celle; è un impianto industriale utilizzato per migliorare qualitativamente il caffè verde attraverso una serie di interventi, rivolti all’eliminazione delle impurità e dei difetti, tramite processi quali: pulitura, selezionatura ottica, crivellatura, lavaggio o vaporizzazione. www.pacorini.it – consultato in marzo 2005
2) Tutti i paesi dell’America latina, ed il Brasile in particolare, dovrebbero momentaneamente comprimere il prezzo di vendita, riversando sui mercati mondiali l’eccedenza di caffé, accettando ogni forma di scambio con i paesi acquirenti ( anche se talvolta non tanto vantaggiosi) pur di stroncare ogni iniziativa tesa ad incrementare nuove piantagioni in Africa, Indonesia e India. Un immediato sacrificio da parte dei paesi latino americani fatto o in questo momento tanto delicato, impedirebbe il dilagante pericolo già in atto, pericolo che in un prossimo futuro potrebbe essere fatale alla loro economia basata per quasi due terzi sul caffé. Il Brasile, il Colombia e gli altri paesi latino americani, veri colossi della produzione del caffé, conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, devono necessariamente, in questo particolare momento, dimostrare di possedere i mezzi adeguati per soppiantare, oggi e domani, ogni concorrenza quando questa incominci a diventare pericolosa. L’accordo di Mexico City e Rio tendente a sostenere i prezzi ha dimostrato chiaramente l’unione e la fratellanza che legano i paesi dell’America latina; e se ha avuto da un lato un lusinghiero successo, dall’altro, invece, ha aperto la strada all’introduzione di quei tipi di caffé robusta che fino allora nessuno osava comperare. I paesi concordatari avrebbero dovuto, in pari tempo, vista la non adesione dei paesi afro asiatici, immettere sui mercati una quantità di caffé scadenti ad un prezzo inferiore a quello dei caffé Robusta. ( da notare che in quell’epoca il peggiore, e per qualità il più scadente caffé brasiliano, era più apprezzato del Robusta qualificato) ciò non avrebbe influito né compromesso minimamente la vendita dei caffé qualificati latino-americani, anzi avrebbe potuto aumentarlo, perché i torrefattori acquistando vari tipi di Robusta per la composizione delle miscele scadenti per famiglia, ebbero modo di conoscere alcuni tipi di Robusta assolutamente di gusto neutro; tipi che potevano, se pure in minima quantità, venire immessi pure nelle miscele di qualità fine per bar, compromettendo così anche la vendita dei caffé qualificati. Mentre per tradizione, in Europa, una buona miscela di caffé si componeva dal 50 al 60% di Santos (Minas – Rio per i Balcani) ed il rimanente di Colombia, Salvador, Costarica, Guatemala, Haiti, Messico o qualche altro tipo centro americano ben conosciuto, a seconda della simpatia del torrefattore, con un’aggiunta al massimo del 5% Moka extra, Sanani o Harrar, oggi l’orientamento sui nuovi tipi Milds arabica come Mysore, Kenya, Tanganica, Congo, e su tutti gli altri tipi di Robusta che hanno il giusto neutro provenienti dagli stessi paesi, sta soppiantando i classici tipi di produzione l’America latina. Il fenomeno è dovuto principalmente alla assoluta mancanza di una valida propaganda per questi ultimi tipi. Infatti quando un concessionario dei tipi afro – asiatici si presenta all’importatore oppure al torrefattore per vendere i suoi caffé, la sua prima preoccupazione è quella di decantare e di illustrare i tipi arabica da sostituire ai Santos ed ai centro-americani per le miscele fini; ed il Robusta per sostituire i tipi Rio, Vitoria, Paranà per le miscele meno pregiate. Ciò, ripeto, è dovuto alla mancanza di appoggio pubblicitario e da una differenza di prezzo, che basterebbe lievissima, per fare abboccare il compratore, specie il torrefattore, il quale è lusingato dalla più lieve differenza di prezzo che incide sensibilmente sul suo margine di utile. L’introduzione nelle miscele dei accennati nuovi tipi di caffé, è incominciata in un primo tempo per piccole dosi, che sono andate gradatamente aumentando fino al punto di cambiare il gusto al palato del consumatore, il quale, pur essendo buon bevitore, non è per niente erudito in materia di caffeè, e si assuefa al nuovo gusto senza nemmeno accorgersene. Dirò che per quanto riguarda l’Italia, abbiamo già alcune regioni, per esempio l’Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio ed altre, dove assolutamente non si consuma più caffé che abbia una minima traccia di gusto “riato”. A Bologna e a Milano, dove svolgo attività di torrefattore, fino al 1954/55, quasi tutte le miscele dovevano avere uno sfondo “riato”, il 100% addirittura in quelle basse per famiglia. Oggi, Trieste e qualche altra regione d’Italia mantengono, sia pur debolmente, quel tradizionale uso del caffé “riato”; però la percentuale va gradatamente scemando di giorno in giorno, tanto che, prima di due anni, sarà totalmente sostituito. Da rilevare che nella vicina repubblica jugoslava, il 95% dei
bevitori di caffé non consideravano caffé quello che non aveva gusto di Rio. E pure anche in questo paese è in atto, momentaneamente su piccola scala, l’introduzione dei Robusta. Per conseguenza logica l’affermazione di questo tipo di caffé, diventa nociva anche per le qualità fini, in quanto gradatamente abitua il palato del consumatore a quel neutro ordinario, tanto da non apprezzare più i tipi qualificati. A questo punto desidero esporre un paragone tra il caffé della sigaretta: il fumatore si orienta su un tipo di sigaretta dal gusto tipico specifico ( da paragonarsi al gusto del caffé “riato”) che dopo averne provate diverse ne rimane fedele. Però se questa sigaretta dovesse aumentare di prezzo per la forte domanda, e nello stesso tempo venissero poste in vendita altre sigarette di gusto neutro ( da paragonarsi ai caffé robusta) ma di prezzo sensibilmente inferiore, moltissimi fumatori acquisterebbero questi nuovi tipi di sigaretta (magari poche al giorno perché convenienti) alternando ogni due o tre abituali una di queste meno costose ed, in tal punto che, abituatisi al nuovo sapore neutro, anche se il prezzo di queste dovesse salire per la loro affermazione e la forte richiesta, quasi a raggiungere quello della prima, moltissimi continuerebbero a fumarle essendosi ormai abituati al nuovo sapore. Per ragioni di logica, il confezionatore, nello stesso tempo venditore di sigarette ( paragonarsi in questo caso al torrefattore) spingerà quel tipo che gli consente un maggior guadagno ( in questo esempio il caffeè Robusta) perché la percentuale degli utili sarà maggiore di fronte ad una minore esposizione di capitali. Coincidendo il maggior guadagno del confezionatore e venditore al minuto, al notevole risparmio del consumatore, logicamente la sigaretta neutro-ordinaria finirà per affermarsi, soppiantando il classico tipo precedente. Mentre con la sigaretta è più difficile imporre il nuovo gusto perché repentino, con il caffé, al torrefattore spronato dall’interesse, sarà più facile introdurre nella miscela ogni settimana l’1% del tipo a lui più conveniente. Di questo progressivo declassamento della miscela è impossibile che l’esercente ed il consumatore possano accorgersi. Da notare che la concorrenza spietata sorta negli ultimi anni, impone al torrefattori di escogitare tutti gli espedienti per diminuire il costo delle sue miscele. Da questa deduzione emerge l’assoluta importanza che si deve attribuire al torrefattore visto che ora il consumatore non acquista più caffé crudi. Il 99% lo vuole tostato, pertanto sono i torrefattori che hanno in mano il timone della nave e la dirottano dove più gli conviene. Facile arguire da questa esposizione la situazione attuale in cui si trovano i paesi latino-americani. La mia tesi si propone di sostenere i prezzi ( sempre moderatamente) per le qualità primarie e tradizionali, ma di controbattere immediatamente l’introduzione dei tipi afro-asiatici senza indugi, accoppiando alcuni tipi di maggiore interesse per la concorrenza, con i propri di qualità scadente, seguendo meticolosamente i prezzi e le condizioni che praticano sui mercati mondiali ed offrendoli ad un prezzo minore, sia pure lieve. Tale sistema spegnerà ogni velleità all’iniziativa preoccupante dell’insorgere di nuove piantagioni che stanno dilagando un po’ dappertutto. Il Brasile, con le sue scorte e le sue immense piantagioni, affiancato agli altri paesi dell’America latina aderenti al patto di Messico city e di Rio, hanno tutti i mezzi per porre in atto detto progetto, dopo averlo studiato ed elaborato meticolosamente. Si chiede di sacrificare oggi in parte e transitoriamente la loro economia, per salvaguardare il loro più grande patrimonio: i mercati del caffeè nel mondo. Trent’anni addietro, per la sovrapproduzione, in Brasile si bruciava il caffè per sostenere i prezzi. Giustizia. Ma allora non esistevano concorrenti, ovvero, erano insignificanti e senza velleità di espansione. Oggi invece questi sono pericolosi e presenti, approfittando dello sforzo che stanno compiendo i paesi dell’America latina che contingentano le esportazioni ed ammassano nei propri magazzini governativi immensi quantitativi di caffé per sostenere i prezzi. Intanto la domanda del caffeè Robusta aumenta, tanto che è difficile trovare delle disponibilità. Di conseguenza aumenta il prezzo, tanto che già alcuni tipi di Robusta ( che tre anni fa valevano il 25% in meno) sono quotati quanto un buon Rio, Minas o Paranà. Questa è un’assurdità. Cosa farà il Brasile, quando domani i fedeli consumatori del loro caffé dal gusto classico, si saranno abituati al gusto neutro ordinario di legno dei Robusta?
Le produzioni mondiali aumentano spaventosamente in proporzione al consumo che è rimasto quasi sullo stesso livello di cinque anni fa. Quale prospettiva si profila, specie per il caffé brasiliano, quando entro un paio d’anni, come da previsioni, gli Stati Uniti che sono i maggiori acquirenti consumeranno il 40% di caffé solubile, usando i Robusta con resa maggiore degli Arabica? Già ora si nota un considerevole orientamento verso l’importazione dei Robusta negli Stati Uniti ( quasi un milione di sacchi) mentre fino a due anni fa era pressoché sconosciuto. Ed ancora, quale conseguenza potrebbe derivare se da un momento all’altro il torrefattore di larghe vedute iniziasse negli Stati Uniti una campagna pubblicitaria imperniata sul risparmio del caffé, dimostrando che si possono ottenere non due ma tre tazze di caffé della stessa fragranza ed aroma con lo stesso quantitativo di grammi, lanciando sul mercato un nuovo tipo di caffettiera onde potere utilizzare il caffé macinato fino, che per ottenere la bevanda, rende molto di più? Riferisco questo per esperienza diretta durante il periodo di occupazione militare degli Stati Uniti a Trieste quale fornitore per cinque anni degli “stores” per le famiglie dei soldati americani: l’esperimento riuscito nonostante il loro senso anti – economico ben conosciuto. A conclusione, per quanto concerne la situazione creatasi in Europa, come precedentemente descritto, sarebbe indispensabile che alcuni esperti di fama dei paesi aderenti al patto di Mexico City e Rio fossero inviati immediatamente in Europa, quale continente consumatore, e in Africa, Indonesia e India, quali produttori, per studiare e valutare da vicino questa situazione e gettare le basi per il futuro che si profila molto sfavorevole per l’economia degli stati esportatori dell’America latina. Non dimentichiamo che fra poco entrerà in atto il mercato comune europeo che è costituito dai sei paesi che figurano fra i più forti consumatori di caffé pro-capite del mondo dopo gli Stati Uniti. Alcuni di questi paesi sono produttori di caffé nei loro possedimenti e colonie ed hanno tutto l’interesse di agevolare e di incoraggiare, aiutando l’iniziativa dei piantatori, affinché si affermi la loro produzione. Tutto ciò perché facilitati dalla sterile opposizione dei paesi produttori dell’America latina. Non vorrei che mi si ritenesse immodesto per quanto suggerito. Tengo a sottolineare di essere convinto che molti argomenti da me esposti sono a perfetta conoscenza dei paesi interessati; solamente ritengo che a tali argomenti non sia data quella giusta importanza ed effettiva valutazione che posso dare io che vivo sul posto in qualità di torrefattore ed esercente a contatto diretto col consumatore. Quindi, solo un’azione immediata, studiata da vostra persona di assoluta fiducia potrà arginare il pericolo in corso e riconfermare la tradizione che godono i paesi produttori di caffé dell’America latina in seno al mondo intero. Istituzioni e depositi governativi dei paesi aderenti al patto di Mexico City ed in particolare del Brasile nei punti franchi di due o tre città marittime europee. Uno dei due o tre porti europei per costituire le basi di questo progetto, dovrebbe essere Trieste, che gode in seno ai paesi produttori ed esportatori di, una vecchia tradizione e fama, come uno dei primi porti di Europa. Infatti la posizione geografica può a ragione considerarsi punto nevralgico per lo smistamento delle merci per tutto il territorio italiano, per l’Austria, la Svizzera, la Jugoslavia, la Cecoslovacchia, l’Ungheria, ed altri paesi dell’Europa centro orientale. Inoltre il suo porto dispone di attrezzature altamente idonee e di magazzini appositamente studiati e creati per la manipolazione, conservazione e smistamento del caffé. Sistemi moderni che hanno il grande vantaggio di poter svolgere tutte le operazioni di scarico, immagazzinaggio e smistamento con notevole risparmio di tempo e di spese, le quali, si sa, incidono sensibilmente sul costo delle merci. Quale depositaria e fiduciaria tra le altre fanno capo a Trieste due grandi società di spedizioni internazionali: la ” Francesco Parisi” e la “Saima”, che con il loro buon nome garantirebbero, affiancate ai Magazzini Generali e all’Istituto di Credito e di Assicurazioni, i quantitativi di merce depositata. La società che verrebbe scelta sarebbe responsabile della merce depositata nei suoi magazzini, della sua conservazione e di tutte le operazioni di smistamento, incassi e rimesse. Il governo italiano agevolerebbe certamente questa iniziativa in quanto sta facendo tutti gli sforzi per incrementare l’economia triestina, la quale poggia essenzialmente sulle attività del suo porto. Tutti i procedimenti dovrebbero svolgersi regolarmente come se avvenissero nei magazzini del paese esportatore. Naturalmente la merce rimarrebbe di proprietà del paese produttore fino all’atto esecutivo della vendita, il cui importo verrebbe versato in conto corrente presso gli istituti bancari autorizzati. Vantaggi derivati dalla istituzione di detti magazzini: 1 ) L’importatore di caffé avrebbe la possibilità di acquistare direttamente dal paese produttore di caffé visibile ed a portata di mano, e sarebbe inoltre agevolato dal fatto di pagarlo all’atto del ritiro, senza dover effettuare aperture di credito con spese non indifferenti ed interessi bancari, che intercorrono dal momento dell’ordine a quello dell’arrivo della merce, periodo che può variare da uno a tre mesi a seconda del paese di provenienza, di itinerario e di eventuali trasbordi. 2 ) Sicurezza che la merce acquistata corrisponda fedelmente al campione, eliminando conseguentemente controversie e arbitrati, oggi frequentissimi. 3 ) Eliminerebbe la paura dei ribassi, che molte volte avvengono durante il periodo che intercorre dall’ordine all’arrivo in porto della merce. 4 ) Si potrebbero effettuare più frequentemente vendite di partite anche più piccole con maggiori ricavi. 5 ) I caffé ” in loco ” potrebbero senz’altro essere della massima preferenza da parte dei compratori in confronto agli altri, giacenti nei paesi di origine, che per averli dovrebbero incontrare le difficoltà sopra esplicitate. Svariati sarebbero quindi i vantaggi che deriverebbero da codesta istituzione dei depositi di caffé. Presentemente alcune ditte esportatrici hanno istituito alcuni piccoli depositi basati approssimativamente su questo principio con risultati positivi, in quanto vendono il caffé al momento più favorevole. Mentre una volta l’importatore comprava pochi tipi a partite e rilevanti, per fare delle speculazioni e vendendole quando il mercato era sostenuto; oggi questa speculazione è diventata tanto pericolosa che nessuno osa più rischiare, dopo aver subito, per ripetute volte, perdite ingentissime. Attualmente solo uno stato produttore ha la possibilità di tenere in deposito per un periodo anche lungo il suo caffé immagazzinato, in quanto tenerlo depositato, ad esempio in Brasile o in altro porto europeo, purché venga garantito, non comporta alcuna differenza. L’orientamento assunto negli ultimi tempi dagli importatori non è più speculativo, perché si accontentano di guadagnare di meno lavorando con le spalle coperte senza correre rischi stabilendo e vendendo buona parte delle partite quando sono ancora viaggianti. Mentre un tempo gli importatori erano pochi, tutti d’accordo anche se il mercato era in ribasso, non lo praticavano sino a quando non esaurivano quasi tutto il quantitativo depositato nei magazzini, e rispondendo al cliente che pretendeva la riduzione ” vada a prenderlo in Brasile! ” Oppure ” attenda due mesi che arrivino i caffé e ai nuovi prezzi! “. Oggi, invece, nello stesso tempo del ribasso della quotazione, non essendoci più possibilità di accordo fra di loro, anche perché aumentati di numero, alcuni lo praticano immediatamente, per tante ragioni ma soprattutto per la necessità di realizzare i capitali e per timore di ribassi ulteriori, inducendo così gli altri a seguirli. Una volta l’importatore concentrava tutti i capitali per acquistare grosse partite, Ora invece deve frazionare gli stessi capitali per comprare venti, trenta tipi di quantità minore perché con le nuove esigenze deve avere sul listino qualsiasi tipo che il torrefattore gli richieda per timore di perderlo come cliente. Vorrei attirare l’attenzione su alcuni particolari più salienti, a mio avviso determinanti per il sistema propagandistico da svolgere in Europa, che dovrebbe essere sostanzialmente differente da quello nord americano sia per il diverso modo di pensare, che per le possibilità economiche ben lungi da quelle europee, basti dire che per il reddito individuale e il conseguente costo della vita, non vi è paragone fra nord americani ed europei. Prima di iniziare la relazione dettagliata, tengo a fare presente che circa due anni or sono, di mia iniziativa, ho indetto un referendum a premi in materia di caffé, unico a tutt’oggi in Italia e credo in Europa, con lo scopo specifico di conoscere direttamente dal consumatore di caffé, e soprattutto al fine di scoprire qualche utile indicazione per incrementarne la vendita.
Matteo Apollonio
Matteo Apollonio lavora oggi preso la società Mokint di Trieste (uno degli azionisti è Mokarabia) che si dedica all’export verso i Paesi dell’ Est Europa. Nona parte (le parti precedenti sono state pubblicate il 10, 17, 24 ottobre; 7, 21 e 28 novembre; 6 e 12 dicembre). (Segue il prossimo martedì 9 gennaio 2007).