lunedì 23 Dicembre 2024
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Terza Luna: a Bari si beve anche il tè, non solo specialty: “Una nostra scelta di qualità”

I titolari: "Il nostro obiettivo non è quello di arrivare a tutto il mondo: a noi va bene rimanere un po’ nella nicchia e sappiamo che le persone che provano i nostri tè non tornano indietro.”

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MILANO – In Italia non c’è solo l’espresso: insieme allo specialty, anche la cultura di un’altra bevanda che richiede un consumo più prolungato, sta guadagnando il suo posto tra le abitudini degli italiani. Parliamo di tè, ovviamente di alta qualità e rigorosamente in foglie, materia che insieme a spezie, infusi, cacao, è trattato dalla A alla Z da Terza Luna.

Un’attività che nasce tempo fa a Bari, e che da allora sta riscuotendo il suo successo anche tra chi vuole trovare soluzioni alternative al caffè. Ne abbiamo parlato con i titolari, per
esplorare anche un mercato differente dal caffè, ma che ha molti tratti in comune e interessanti.

Terza Luna, cominciamo dalle presentazioni: com’è nata nel 2011 l’idea di un concept incentrato su una bevanda poco consumata in Italia, come il tè?

“Terza Luna è partito dalla passione che condividiamo io e la mia compagna Beatrice che è infermiera, nutrizionista e insegnante di Ayurveda. Siamo cresciuti entrambi a contatto con le piante e io ho anche maturato competenze per la gestione aziendale nei miei precedenti lavori. Ad un certo punto abbiamo scelto di farne un mestiere a tutti gli effetti. Per questo siamo venuti a vivere a Bari e ci siamo detti di trasformare il nostro amore in una professione e cercare di guadagnarci.”

Quando e in che modo siete entrati in contatto con questa cultura?

“Innanzitutto, ancor prima di aprire il negozio di Terza Luna, abbiamo girato buona parte dell’Asia e così questo percorso è continuato anche in seguito, permettendoci di mettere a frutto la nostra competenza sul campo. Già da piccolo nutrivo questa passione per le piante, ereditata dai miei genitori, mentre Beatrice ha studiato naturopatia in Spagna.
Aprendo il locale i nostri viaggi sono continuati nello Sri Lanka, dove si produce tanto tè e spezie. Da questa esperienza abbiamo preso contatto diretto con i produttori. Il vantaggio di visitare questi luoghi di origine è stato quello di formarsi direttamente alla fonte, piuttosto che informarsi teoricamente.

Abbiamo voluto investire per formarci proprio nelle terre dove si coltiva la materia prima. Con lo stesso obiettivo siamo stati anche a Taiwan, anche questo grande produttore di tè di eccellenza. Siamo passati poi in Cina, in Vietnam, in Nepal: in ciascuna tappa abbiamo portato avanti un po’ questa nostra avventura, spinti sempre da un vento favorevole. Siamo riusciti a confrontarci con tanti contadini che ci hanno aperto le porte delle loro
attività.

A Taiwan abbiamo incontrato il Global Tea Hut, una realtà che pratica la via del tè come lo si faceva anticamente in Cina. Si tratta di preparare il tè mantenendo una grande presenza, un’estrema cura, recitando una preghiera, sempre restando ben focalizzati sull’infusione e sul set up e sulla scelta degli strumenti. È una cerimonia sia estetica che spirituale.”

In Italia sono cambiate le abitudini e quindi l’interesse verso il tè e gli infusi da quando avete iniziato? E come?

“Sì direi di sì. È stato un trend che prevede una crescita fino al 2035 e oltre. A parte questo dato, abbiamo registrato noi stessi un aumento di clienti che arrivano da noi per trovare delle alternative per la colazione. Il latte, così come il caffè iniziano a dare problemi: al bar spesso si trova di pessima qualità e quindi le persone si rivolgono a Terza Luna per bevande che possano svegliarle al mattino.

Uno dei box di degustazione (foto concessa da Instagram)

Il tè poi è anche percepito come più salutistico rispetto al caffè. Abbiamo creato proprio seguendo questa tendenza una linea a parte dell’healthy mood, con proprietà specifiche per venire incontro alle nuove esigenze dei consumatori: le piante “superfood” – vengono chiamate fuori dall’Europa – come le bacche di Goji, il matcha, la Saji, il cacao stesso, l’Eleuterococco, tutte caratterizzate da una grande propensione terapeutica. Poi con lo scoppio della pandemia, sono in tanti che consumano più tè alla propria scrivania di
casa. “

Con Terza Luna come selezionate le vostre piante e da quali mercati principalmente? Avete contatti diretti con i coltivatori?

“Abbiamo sviluppato nel corso del tempo una selezione ben nutrita. I tè in purezza li prendiamo direttamente dai coltivatori in Cina e a Taiwan. Le botaniche come la camomilla, il biancospino, tentiamo di farle arrivare il più possibile dall’Italia, che comunque possiede delle ottime piante molto di più al centro nord. C’è un controllo maggiore, sono più fresche, la filiera è più corta.”

Come funziona la filiera del tè?

“Dipende: esistono in Europa delle grandi ditte che importano e si possono acquistare dei tè da loro: questa è la scelta più semplice. La maggioranza ha sede in Germania, perché ha i porti che funzionano da sempre (Amburgo e Rotterdam ricevono i grandi container dall’Asia). Ma con Terza Luna, per i tè puri non, ci rivolgiamo a questi intermediari, perché trattano dei prodotti più standardizzati. Parliamo di grosse quantità e di qualità più bassa. Noi lavoriamo con numeri più ristretti e ciò ci permette di importare direttamente per via aerea. I piccoli produttori non riempiono grandi container nelle navi. Adesso esistono i
corrieri che permettono lo scambio diretto: in Vietnam e in Nepal è più difficile approvvigionarsi, ma nel resto dei casi si può fare.”

Con Terza Luna avete anche dei negozi sia a Bari che a Trani: avete in programma di espandervi ulteriormente in Italia?

“Abbiamo già abbastanza lavoro al punto in cui ci troviamo. Non vogliamo sottrarre ulteriore tempo ai viaggi. Abbiamo una partnership con nostri amici a Trani, con il nostro marchio Terza Luna e i nostri prodotti. Certo, il Covid ci ha bloccati sul tema dei viaggi: la Cina soprattutto è ancora chiusa e quindi ci siamo rivolti più al Sud e Centro America. Abbiamo quindi anche cambiato materia prima, virando sul cacao, che in Guatemala chiamano medicina, per le sue grandi proprietà.

Effettivamente trasmette il calore in tutto al corpo, è buonissimo da bere, porta felicità. Anticamente il cacao era come il tè, a uso esclusivo dell’imperatore dei Maya. Da queste terre importiamo il cacao cerimoniale che viene sciolto in tazza, con un risultato meno denso di quella più commerciale e resta maggiormente liquida, composta da una buona percentuale di cacao (15/20%). Può esser accompagnata anche da un rituale: in un incontro di amici, bere il cacao mette in comunione con le persone.

Il nostro cerimoniale è dato dalla massa di cacao (le fave che vengono fatte ossidare, fermentare, e poi sono macinate) nella quale gli aminoacidi e le vitamine salgono in superficie. Tutto è molto più assimilabile e viene percepito maggiormente. Oltre a questo c’è la parte legata a chi raccoglie e produce il cacao: lo importiamo da dei ragazzi che sono
stati qui questa estate a Bari dopo che averli incontrati prima in Guatemala. Abbiamo svolto delle belle cerimonie del cacao insieme”.

E all’estero come va Terza Luna?

“Con l’e-commerce qualcuno ordina i nostri prodotti anche dall’estero. Dovremmo aggiornare il sito in multilingua per permetterci di implementare questo canale. Ma avremmo bisogno anche di avere un magazzino più ampio, quasi il doppio di quello attuale. Abbiamo scelto di smettere di ingrandirci in questo momento, dato che ci troviamo in equilibrio. Potremmo spingerci oltre, ma al momento non ne vediamo il bisogno.”

I rivenditori dei locali sono tanti a chiedere i vostri prodotti? C’è bisogno di formazione per servire e valorizzare le bevande?

I prodotti di Terza Luna (foto dal sito)

“Noi forniamo i tè a circa 150 bar in tutta Italia e non sono pochi. Pensando a loro, abbiamo realizzato una serie di video tutorial per condividere le giuste procedure per valorizzare i nostri prodotti. Poi offriamo anche una formazione personalizzata, ma questi materiali servono ai gestori per poterli sottoporre al loro personale che spesso è soggetto a cambiamento. Spieghiamo le proprietà, la preparazione corretta.”

La scelta di proporre solo in foglia e mai in bustina vi penalizza molto?

“E’ una scelta di qualità. Se si aprono le bustine di tè si trova la polvere. Le bustine vengono composte da dei macchinari che hanno una granulometria massima: la foglia che deve entrare nella bustina deve essere per forza particolarmente piccola, spesso triturata. Il che comporta una velocizzazione nell’ossidazione.

Quindi il contenuto delle bustine è spesso di bassa qualità. Le foglie grandi non entrano al loro interno. Il nostro obiettivo non è quello di arrivare a tutto il mondo: a noi va bene rimanere un po’ nella nicchia e sappiamo che le persone che provano i nostri tè non tornano indietro.”

Quali strategie adottate per avvicinare una fetta più ampia di consumatori a questi prodotti?

“Svolgiamo un lavoro sui social molto efficace attraverso delle sponsorizzazioni insieme al nostro team e la cura delle immagini. Cerchiamo di non lasciare al caso la parte di comunicazione. D’altronde è quello che ho studiato e quindi so qual è la differenza tra il non avere una linea editoriale coerente e invece studiarne una mirata.”

Quali sono i vostri target di riferimento? Chi compra tè più di tutti?

“Sicuramente un pubblico principalmente al femminile, anche se oggi le categorie tendono sempre più a mescolarsi, fortunatamente. Una bustina di tè da 50 grammi costa relativamente poco e quindi anche molti giovani e studenti si stanno avvicinando a questo mondo. In realtà abbiamo notato che molte persone usano il nostro sito e quando vengono in negozio sono già piuttosto informati. Lavoriamo anche con le tisane terapeutiche che prepariamo noi stessi, le ricette sono studiate da Beatrice.

Questa è una sezione che va molto bene, prodotta usando le piante spesso di origine locale. Con le spezie e le botaniche collaboriamo con i bartender per rendere uniche le loro drink list, e le richieste arrivano da tutta Italia. Per esempio, insieme a Claudio Lepore abbiamo avviato una challenge fissa, dove fornivamo i prodotti ai baristi per sfidavano con i drink.

Proponiamo anche i monorigine. Lavoriamo con dei ragazzi della zona che hanno una microroastery con Luigi Paternoster, Pierre Caffè. Mentre il Bubble Tea non mi è mai piaciuto e non lo metteremmo in catalogo. Ci piace più rimanere sulla naturalità dell’offerta.”

Progetti futuri per Terza Luna?

“Viaggiare sempre di più, tornare anche in Paesi come la Cina. Continuare poi il discorso nel sud est asiatico, per andare in Birmania, in Thailandia. E dedicarci ai corsi e a ridare indietro la nostra conoscenza. È giusto condividere con la comunità.”

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