MILANO – La crisi, si sa, è spesso un’opportunità. Prendi i bar, tipologia di locale tipicamente italiana. Da un lato i 170mila pubblici esercizi disseminati in ogni angolo del nostro Paese risentono anch’essi della crisi: meno soldi può anche dire meno tazzine e meno cornetti.
Anche se va detto che in Italia il 47 per cento degli italiani continua a fare colazione fuori contro il 31 della Spagna e il 17.18 di Gran Bretagna, Germania e Francia. Ma dall’altro lato c’è la possibilità di intercettare il segmento della ristorazione puntando su due fattori e i più bravi riuscendo addirittura a coniugarli: da un lato la qualità, dall’altra il prezzo.
Semplificando possiamo metterla così: chi non può permettersi un’esperienza gourmet in un ristorante stellato, volentieri ripiega su un «riassunto» di haute cuisine declinato nei bar di qualità, a prezzi decisamente inferiori.
Del resto, il mercato modellato dalla crisi è questo. «Prima – spiega Andrea Illy, presidente e ad di Illycaffè nonché presidente della Fondazione Altagamma, che riunisce 80 imprese del lusso – si poteva rappresentare con un’anfora, una larga base di consumi di massa e un collo per il segmento lusso.
Ora è invece una clessidra: con una base di consumi low cost, poco interesse per prodotti medi e crescente domanda per il segmento top. E il mondo del bar deve rispondere a questa istanza di lusso puntando sulle contaminazioni, perché in un locale non si entra più semplicemente per ristorarsi ma per concedersi un piacere, fare un’esperienza plurisensoriale».
L’occasione per fare il punto sul multiforme mondo dei bar è stata la presentazione a Roma dell’edizione 2014 della guida «Bar d’Italia» (352 pagine, 10 euro) edita come ogni anno dal Gambero Rosso.
Che oltre a segnalare le eccellenze italiane (bar dell’anno è stata scelta la Caffetteria Piemontese di Palmanova, in Friuli; gli altri indirizzi con i migliori punteggi li indichiamo nelle schede tipologia per tipologia), segnala le tendenze. La prima è il trionfo della provincia sulle metropoli. Dei 35 locali al top solo 13 si trovano in grandi citta: quattro a Torino, due a Genova, Roma e Venezia, uno a Firenze, Milano e Palermo. La secondo il trionfo del Nord, dove vince la maggiore tradizione e dove si trovano25 insegne (le altre sono 5 al Centro e 5 al Sud).
Un’altra tendenza è il trionfo assoluto della qualità e dell’artigianato. I bar si stanno trasformando in veri laboratori del made in Italy gastronomico. Solo così si spiega il successo (meritato) di posti come Lievita a Riccione, dove tutto è fatto in casa, compreso le brioche con lievito madre; o Pavè a Milano, dove molti garantiscono si mangi il miglior pane del capoluogo lombardo; o, restando in Lombardia, Pasqualina a Bergamo, dove si tosta in casa il caffè crudo. In genere dietro locali del genere c’è il lavoro e l’entusiasmo di giovanissimi imprenditori: i tre ragazzi di Pavè insieme non assommano novant’anni.
E poi c’è la vera carta vincente: essere multiformi, vivere dalla mattina alla notte, dal caffè macchiato al gin tonic, non limitarsi alla colazione e alla pausa pranzo. Esempio classico di questo genere di locali è il brianzolo Colzani, gestito dai due fratelli e Marco: pasticceria, ristorante, lounge, spa, libreria, galleria d’arte. In una parola: italiano. In un’altra parola: bar.
Fonte: il Giornale