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venerdì 22 Novembre 2024
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Ad Abbiategrasso, la teeria che dà inizio alla cerimonia a mezzanotte

a parlarci di questo magico luogo è Stefania Gilardi che dieci anni fa, insieme al marito ha rilevato il locale rinominandolo Tetè a Thè mantenendone intatta la filosofia e portando avanti un lavoro appassionato fatto di ricerca e divulgazione, dedicando alla camelia sinensis tutta la sua energia e il suo entusiasmo

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ABBIATEGRASSO – E’ vero che agli italiani piace tanto bere il caffè, ma se si offre loro una tazza di tè certo non si tirano indietro. Anche questa bevanda conosce dei rituali specifici che vanno studiati, se si è appassionati, in modo da svolgerli in maniera appropriata. Non è un caso se si parla di cerimonia del tè: ma se si pensa solo ai Paesi orientali, ormai bisogna aggiornarsi. Anche in Lombardia c’è una teeira rinomata, di cui leggiamo dall’articolo di Liana Bertolazzi su in-te.it.

Teeria lombarda, una piccola cattedrale della bevanda

Ad Abbiategrasso c’era un magazzino più antico del Castello Visconteo ma si ipotizza anche che fosse una strada coperta. In tempi più recenti il locale venne utilizzato per la stagionatura dei formaggi. Il cambio definitivo avviene verso la fine degli anni ’80 quando il famoso architetto Alberto Clementi, leggendario non solo per le sue frequentazioni, da Andy Warhol a Jerry Hall a Loredana Bertè – solo per citarne alcune – trasforma completamente questo luogo in una sala da tè particolarissima attraverso un attento lavoro, quasi maniacale, di recupero storico.

Nasce così Teeria et Budineria, dove il tè si sveglia a mezzanotte e un bancone sul fondo, a forma d’altare, ci ricorda che qui siamo nella cattedrale del tè

Oggi, a parlarci di questo magico luogo è Stefania Gilardi che dieci anni fa, insieme al marito ha rilevato il locale rinominandolo Tetè a Thè mantenendone intatta la filosofia e portando avanti un lavoro appassionato fatto di ricerca e divulgazione, dedicando alla camelia sinensis tutta la sua energia e il suo entusiasmo.

Com’è nata la sua passione per il tè e come siete arrivati a Tetè a Thè?

“Direi che è nato tutto per caso. Da sempre io e mio marito siamo appassionati di viaggi e di enogastronomia. Ed è stato durante un viaggio in Giappone che è nata la mia passione per il tè. Fino ad allora conoscevo più o meno solo il tè della bustina. Arrivati in Giappone siamo rimasti affascinati dalla cultura, dal cibo e ovviamente dal loro meraviglioso tè. Tornata in Italia – prosegue Stefania –ho voluto conoscere più da vicino il mondo e le tradizioni giapponesi.

L’incontro con Rossella Marangoni (nota studiosa di lingua e letteratura giapponese autrice di libri come Zen per citarne uno) mi ha portato ad amare ancora di più questa cultura e fare un altro passo verso il mondo del tè. A questo va aggiunto che da un po’, insieme a mio marito, pensavamo di aprire una nostra attività e l’amore per il tè ormai segnava il nostro percorso. Una sera abbiamo visto l’annuncio con cui veniva messa in vendita Tetè a Thè. Crede nelle coincidenze? Noi ci abbiamo creduto”.

Inizia così la seconda vita di Tetè a Thè e di Stefania, di questa teeria speciale

Che, in tempi non segnati dalle restrizioni, apre alle venti e trenta e chiude all’una o alle due di notte, a ricordarci che è sempre l’ora del tè.Una sala da tè ad Abbiategrasso, centrale ma defilata.

“Ci piace pensare che una sala da tè vada ricercata che resti un po’ fuori dalle strade più affollate. Un pensiero che abbiamo condiviso con l’architetto che l’aveva realizzata e voluta proprio in una zona un po’ nascosta. Il locale ancora oggi mantiene inalterate le caratteristiche che l’hanno resa famosa qui come fuori dalla città. Certo abbiamo aggiunto corsi, selezioniamo sempre nuovi fornitori per proporre al pubblico delle novità ma vogliamo che il messaggio di cattedrale del tè resti inalterato”.

Servire il tè in un orario così particolare vi penalizza rispetto a locali che offrono cibi e bevande più in linea con la nostra tradizione?

“Assolutamente no, questo luogo è dedicato agli amanti del tè e qui trovano ciò che nessun altro offre. Prevalentemente gli abbinamenti sono tra tè e dolci ma non mancano clienti curiosi che si spingono anche su più inusuali accompagnamenti salati. Abbiamo una lista di puri e aromatizzati ma puntiamo più sulla qualità che non sulla quantità. Se poi qualcuno volesse degustare anche a casa i nostri tè abbiamo un corner shop con un’ampia offerta di tipologie che si completa con l’oggettistica”.

La sala della teeria

L’orario di apertura ci fa immaginare abbinamenti più vicini ad una cena o a un dopocena e in questo nostro viaggio alla ricerca dello stile italiano del tè chiediamo anche a lei come vede il tè a tavola nel nostro paese.

“Molti anni di lavoro, di studio e di ricerca mi portano a dire che abbiamo ancora molta strada da fare. La richiesta di tè in Italia è ancora sbilanciata a favore dei tè aromatizzati, circa ottanta contro venti e la nostra cultura fa sì che il tè sia associato a cibo dolce prevalentemente. Proprio per avvicinare le persone al tè da diversi anni propongo corsi sia di primo livello che professionali (Stefania Gerardi dirige la Tea Accademy Italia organizzazione certificata dalla UK Tea Accademy di Jane Pettigrew ndr) e posso dire che che ci segue fa un percorso che lo porta a conoscere e valutare il tè in modo molto più ampio e complesso rispetto al semplice consumatore.

Credo che tra qualche anno anche nel nostro paese il tè potrà essere proposto come bevanda da consumare al pasto al pari di un vino o una birra però non me lo immagino servito con il metodo cinese del gong fu cha (l’arte di servire il tè a più infusioni ndr) ma con il metodo all’occidentale che prevede un’ infusione unica. Tra l’altro gli italiani hanno un palato straordinario e imparano velocemente a distinguere i tè sia per categoria che per qualità. Per farle un esempio, in una classe che si svolgeva intorno al periodo natalizio, oltre ad un percorso sui tè puri ho voluto proporre un tè natalizio e quindi aromatizzato. C’è stata quasi una bonaria rivolta – Ma come? Mi hanno apostrofata, questo non è all’altezza. Ecco, il percorso è ancora lungo ma certamente chi si appassiona poi va veloce”.

I corsi dedicati al tè

Immagino che il suo lavoro di ricerca la porti a viaggiare molto, ci può raccontare chi o cosa ha cambiato maggiormente il suo modo di guardare al mondo del tè?

“Il viaggio in Giappone di cui le ho parlato, in primis, da lì è partito tutto. Pensi era un viaggio fatto con dei punti Mille Miglia, ne avevamo tanti e abbiamo scelto un luogo lontano. I viaggi in Cina ma soprattutto l’incontro con Jane Pettigrew a lei devo gran parte della mia conoscenza del mondo del tè e un merito su tutti, quello di avermi fatto scoprire l’ampia offerta del mondo del tè anche ma non solo di quello cinese. Oggi molti paesi offrono prodotti davvero interessanti pensi al Nepal, il Vietnam o il Myanmar, solo per fare degli esempi. Saper apprezzare prima e far conoscere poi tutte le proposte che vengono dal mondo del tè è un dono che mi è stato fatto da Jane, una donna aperta al nuovo e sempre in movimento. Un dono che oggi offro con piacere sia ai miei studenti che ai miei clienti”.

Pensando ad un cliente italiano con poca conoscenza del tè cosa offrirebbe per farglielo apprezzare? E poi un’ultima domanda, cosa secondo lei può rovinare maggiormente un tè pregiato?

“Un buon tè nero cinese in foglia per rispondere alla prima domanda. Sulla seconda dovrei fare l’elenco ma al primo posto lo zucchero. Un tè zuccherato non è più un tè. Proseguo l’elenco con temperature, acqua, tempistiche ma anche accessori. Le racconto un episodio che mi è capitato ad una fiera del gelato a Rimini qualche anno fa. Avevo il compito di presentare il tè a dei barman.

Così ho iniziato con una preparazione tipica dei nostri bar caffè ovvero: acqua a cento gradi, non microfiltrata, bustina, possibilmente tazzina da cappuccino e senza considerare i tempi d’infusione. Risultato: imbevibile. Nella seconda parte ho preparato la stessa tipologia di tè in bustina ma questa volta rispettando temperatura dell’acqua, tempi di infusione e partendo da un’acqua microfiltrata, erano stupefatti. La terza preparazione partiva da un Keemun in foglia preparato ad arte e lì è calato il silenzio”.

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