MILANO – Hai fame? Bevi. Così mi ha detto una volta la mia nutrizionista. Duro, ma vero. Perché se per un motivo di salute certe cose non le puoi mangiare, e alle cinque di pomeriggio invece di una mela vorresti affondare i denti in un pezzo di focaccia genovese, per quella fame che non ha niente a che vedere con la pancia, ma solo con la testa, ciò non toglie che certe cose non le puoi mangiare.
Non è una privazione, un digiuno, un atteggiamento malato. È anzi una regola sana e uno strumento di controllo, purché ovviamente arrivi dal medico.
Quanto di quello che mangiamo (o fumiamo o un qualunque altro vizio poco sano) è solo per noia? O nervosismo? Nel mio caso, mi sono accorta, molto. Quindi ho provato a farlo, a bere quando avevo voglia di focaccia genovese. E ho scoperto due cose: la prima, più evidente, è che non era fame.
Era noia, o nervosismo, o capriccio. Come Pinocchio che non voleva mangiare le pere, e poi ne mangia anche la buccia. La seconda, invece, è stata una scoperta sorprendente. Cioè che bere è interessante, curioso, creativo, divertente, perfino colto. Oltre che sano.
Vi ho mai parlato della mia passione per tè, infusi e tisane?
La prima volta è stato durante una riunione di lavoro. Gabriella che si alza per prendere una bella teiera a fiori. “Volete provarlo?” chiede, immergendo una bustina di garza rettangolare nell’acqua bollente. È una miscela detossinante a base di tè verde e menta. Mi interrogo poco sulle sue proprietà, mi lascio conquistare dal profumo che riempie la stanza. Dal sapore: bollente la tazza, freschissima la sensazione.
Ne vorrei ancora. La tisana in questione è di uno storico marchio russo-francese. Il negozio è un arcobaleno di colori, odori e confezioni con grafiche e nomi accattivanti. Mi piace, a volte, giudicare dall’apparenza. Ne compro un po’. Un po’ troppi… svuoto gli scaffali delle miscele specifiche: rilassanti, energizzanti, depurative, a base di alghe o cioccolato.
Al supermercato bio approfondisco il discorso. Già conoscevo i bancha, i tè verdi tostati giapponesi, o la linea yogi, una serie di tè e tisane ayurvediche (ce n’è una a base di zenzero e arancia pensata apposta per le donne). Scopro anche un’altra linea con grafica da Alice nel paese delle meraviglie. Sono contenta di essere un po’ superficiale, sembra che in questo campo sia il criterio di scelta migliore: la tisana blu per la notte è rilassante davvero.
E pensare che fino a qualche anno fa ero una di quelle che considerava il tè una necessaria tortura sociale per incontrarsi con le amiche e sfoggiare i servizi di porcellana della lista nozze o, ancora peggio, qualcosa da bere quando hai mal di stomaco.
Oggi invece le considero erbe magiche.
La curiosità è infinita, quanto infinita è la possibilità di mischiare, provare, assaggiare. Sembra solo acqua bollente, vagamente colorata, ma in realtà lì infuse ci sono tradizioni, culture, paesi lontani. Arrivo in India, Cina e Giappone passando per la Russia e l’Inghilterra con il fischio del bollitore.
La più bella scoperta l’ho fatta quest’anno. Giuseppe mi regala uno strano oggetto cinese. Una custodia di seta con dentro un misterioso bulbo profumato. “È un tè al gelsomino”, mi spiega.
Lo immergo nell’acqua e torno bambina: il bulbo si apre diventando un grande fiore colorato, profumatissimo. Se dovessi sintetizzare il fascino e l’eleganza dell’estetica orientale in un solo oggetto, sarebbe quello.
Come è possibile che ne ignorassi del tutto l’esistenza? Si chiamano blooming tea, o flowering tea,, tè in fiore. Composizioni costruite con cura, chiuse su loro stesse e cucite a mano, poi essiccate, che si schiudono dopo pochi secondi nell’acqua bollente.
Così grazie al tè ho imparato due cose:
La prima, che a volte una regola che sembra crudele e odiosa può diventare il punto di partenza di un viaggio straordinario. Oggi bevo quando ho fame, sì, ma di sapori, odori ed esperienze.
E la seconda, non meno importante: che per i fiori di tè ci vogliono teiera e tazza trasparenti.
Fonte: http://ricominciodalcavolo.corriere.it/2014/06/04/hai-fame-bevi/