MILANO – Continua il viaggio per immagini documentato dal mercante del caffè Giancarlo Samaritani, direttore commerciale di Chicco d’oro Italia insieme a sua moglie Silvia Minella, fotografa di culture diverse. Stavolta la tappa di questo percorso alla scoperta delle origini del chicco è la Tanzania, di cui leggiamo da varesenews.it.
Tanzania: gli Hadzabè, una tribù persa da qualche parte nel tempo
La tribù degli Hadzabè rappresenta il legame con il nostro passato, da migliaia di anni questa tribù vive nella grande Rift valley, oggi sono rimasti solo un migliaio gli appartenenti e circa la metà di questa antichissima popolazione vive tutt’ora in piccoli accampamenti mobili costituiti da capanne di paglia. A volte trovano rifugio in grotte naturali. La loro sopravvivenza si basa sulla ciaccia e sulla raccolta di vegetali selvatici come bacche, frutti del baobab o miele.
La coltivazione non è praticata in quanto il territorio è arido per via del clima caldo e secco, mentre la caccia viene praticata con armi semplici, vale a dire arco e frecce da loro stessi realizzati con rami di alberi e tendini di animali.
Le frecce di legno a volte sono rese più efficaci mediante l’applicazione di punte in ferro molto affilate ad avvelenate con la micidiale linfa della rosa del deserto.
Le punte di ferro vengono barattate con i fabbri della vicina tribù Datoga. Abbiamo seguito alcuni cacciatori in una escursione tra pietre ed arbusti spinosi. Mentre un tempo condividevano questo territorio con elefanti, leoni ed altri branchi di animali e cacciavano zebù e bufali oggi le battute di caccia si concludono spesso con l’abbattimento di qualche volatile.
E’ molto difficile descrivere uno stile di vita così primitivo
Ci sono stati tentativi del governo di modernizzare questa tribù, ma sono stati respinti, così come sono stati respinti missionari di ogni religione. Loro preferiscono vivere così, in piena libertà, senza leggi, se non quelle della natura, della convivenza pacifica e della condivisione. Non sanno leggere né scrivere e non hanno nemmeno il senso del tempo. Non seguono alcuna religione e non praticano la stregoneria. Sostengono di essere discendenti dell’albero di baobab.
Uno sguardo in Tanzania da vicino
La loro filosofia consiste nel non possedere più di quel che serve nell’immediato, nel caso contrario bisogna condividere con chi ha più bisogno. La condivisione è considerata un obbligo morale.
Per questo gli Hadzabè hanno vissuto per migliaia di anni tra le mega fauna della Tanzania senza lasciare alcuna impronta sulla terra.
La loro etnia non ha legami con nessun altra popolazione, si ritiene che possa essere una delle radici primarie dell’albero genealogico dell’umanità.
Anche la loro lingua è praticamente unica, impiega i suoni dello schiocco
Purtroppo la modernità non protegge il loro stile di vita ed il continuo restringimento del loro territorio lascia intravedere degrado e emarginazione sociale. I loro sistemi immunitari non sono in grado di combattere le malattie occidentali come ad esempio il morbillo o la tubercolosi.
Con orgoglio mentre ci troviamo sulla cima di una roccia ad ammirare l’enorme savana circostante uno di loro dice: “I nostri nonni hanno vissuto qui. Qui io faccio parte della terra. Qui è dove ci sentiamo liberi”.
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