MILANO – Avevamo conosciuto Tanya Nanetti quando aveva raccontato il progetto condiviso con il compagno Endri per la diffusione della cultura del caffè, Coffee Insurrection. Una delle donne che contribuiscono da anni e ogni giorno a portare avanti il concetto di bevanda di qualità, attraverso formazione, passione, aggiornamento e professionalità. Torniamo a parlare con lei per capire un po’ meglio come procede la scena dello specialty, così come quella della tazzina più in generale, nel paese in cui attualmente vive, il Portogallo. Dove si è appena conclusa l’edizione del 2022, del Lisbona Coffee Fest.
Tanya Nanetti, trainer, head barista, coffee writer, dall’Italia al Portogallo: ci racconta come si è formata, cosa rappresenta il caffè per lei e, domanda non banale, com’è arrivata sino a Lisbona?
“Il mio amore per il caffè è nato viaggiando… prima non ero mai stata una grande fan
dell’espresso italiano, non ne ho mai amato il sapore amaro e bruciato, poi l’amore a prima
vista all’assaggio della mia prima tazza di specialty. Sarò banale, ma come per molti altri è successo a New York, da Stumptown Coffee Roasters. Assieme a Endri, il mio ragazzo,
abbiamo ordinato due V60 senza avere la più pallida idea di cosa fosse, ed il resto è
davvero storia.
Tornata a casa, sempre assieme a Endri, mi sono iscritta all’Istituto alberghiero serale
dove ho preso il mio secondo diploma; e poi ci sono stati vari corsi Sca, qualche lavoretto
in Italia che ha aiutato a formarmi professionalmente (tra tutti non posso non citare i mesi
trascorsi ad “Aroma” al fianco di Alessandro Galtieri e Cristina Caroli) e poi Berlino. In un
momento in cui non riuscivo a trovare un lavoro in Italia, dopo una cinquantina di curriculum inviati senza ottenere alcuna risposta, ho spedito un solo curriculum all’estero a
The Barn, e sono stata invitata per una prova… e sono stata assunta! Quello è stato uno
dei periodi più emozionanti della mia vita per ciò che riguarda la mia crescita professionale: non solo lavorare a The Barn comportava training, cupping e lezioni, ma tutta la scena berlinese era davvero entusiasmante.
Poi, il Covid ha interrotto un po’ i sogni di tutti, e sono tornata a casa
È stato qua che ormai un anno fa ho iniziato, sempre con l’aiuto di Endri, a creare la pagina Coffee Insurrection: è un sito internet che, da una parte, si prefigge come obiettivo di mappare il più possibile gli specialty coffee shops e roasters in giro per il mondo, e dall’altra ha come focus principale la nostra piccola, speciale, community. Mentre raccoglievo i dati degli specialty coffee in Portogallo, ho trovato un coffee shop in Algarve che sembrava molto carino e ho scritto per chiedere se cercavano una barista per l’estate: la risposta è stata affermativa e così mi sono trasferita.
Nel frattempo ho visitato più volte Lisbona (città che amo dalla prima volta che l’ho visitata
più di dieci anni fa) e ho conosciuto i proprietari di Buna Specialty Coffee Shop, una
carinissima caffetteria specialty, in pratica l’unico coffee shop in tutta la città a offrire caffè
tostato chiaro. Quando, appena finita l’estate, sono rimasti senza Head Barista mi hanno
contattato, ed ora eccomi qua.”
Quindi Tanya Nanetti, lo specialty a Lisbona gode di buona salute? Com’è rispetto all’Italia? Ci sono più coffee shop specializzati, i consumatori sono più aperti… l’espresso quanto costa?
“Lo specialty è arrivato in Portogallo attorno al 2015, con l’apertura di un paio di roasters, e
negli ultimi anni c’è stato un vero boom soprattutto a Lisbona, ormai piena di expat e
turisti. C’è però una tendenza diffusa nello specialty locale verso una torrefazione piuttosto
scura, diciamo dal medio al dark: sicuramente ciò avviene per cercare di attirare più clienti
del posto, abituati a miscele scurissime un po’ come avviene in Italia.
A mio parere, si potrebbe però osare di più: da Buna ormai abbiamo impostato il brew bar con un diverso guest roaster ogni mese, sempre light roast e sempre con una scelta di
chicchi interessanti (geisha, fermentazioni anaerobiche, etc…) e la clientela pare esserne
entusiasta.
Certo, la maggior parte dei clienti sono appunto gli expat o i turisti, ma alla fine è normale
anche così: dopo tutto qua in Portogallo gli stipendi sono ancora più bassi che in Italia, e un espresso al bar si paga ancora 65 centesimi, mentre un espresso specialty singolo è attorno a 1,50€…”
Com’è tornare a lavorare come trainer freelance all’estero? Chi frequenta i corsi ha uno spirito diverso, lo stesso formatore è una figura professionale differente rispetto al ruolo che gioca in Italia?
Il barista è considerato un professionista a tutti gli effetti lì? O è anche lì un “piano b” per molti giovani. Soprattutto, lo è ancora dopo l’arrivo del Covid, o anche lì c’è il problema della mancanza di personale formato?
“Ho iniziato a lavorare come trainer qua in Portogallo appena trasferita a Lisbona, e dal
mese scorso sono diventata Coach per Barista Hustle. La maggior parte dei miei “corsisti”, almeno finora, sono stati clienti appassionati di caffè curiosi di imparare di più soprattutto per ciò che riguarda il brew bar. C’è ovviamente anche chi cerca di formarsi professionalmente per iniziare una nuova carriera, ma anche qua spesso il lavoro di barista è visto come “un piano B”, come una cosa da fare che non richieda troppo impegno, o studio.
E quindi la situazione è un po’ complessa: non c’è molto personale formato (se consideriamo i portoghesi) soprattutto perché “tradizionalmente” a nessuno è mai interessato che i baristi fossero formati; e quindi quando si apre un nuovo specialty coffee
(quasi sempre di proprietà di qualcuno che viene dall’estero) il proprietario cerca generalmente baristi già formati, che sono di norma stranieri…Ovviamente ci sono anche dei baristi local molto bravi, ma la scena è dominata dagli expat.
Nel mio piccolo, spero di riuscire ad appassionare sempre più persone al mondo specialty,
sia come trainer che come barista… non solo amo il caffè, ma anche tutte le storie che ci
sono dietro, dai produttori al consumatore finale… ed è questo amore che cerco di
condividere con i miei corsi e le mie ore spese dietro al bancone.”
L’horeca là come ha reagito al colpo della pandemia? Non è ancora finita, ma sicuramente ora si può cercare di fare una somma: quanti sono sopravvissuti, perché? C’è stato un supporto del Governo per le attività maggiormente colpite?
“Il Portogallo è in crisi da anni, da ben prima della pandemia… ma se c’è una cosa che mi
ha sempre colpito positivamente dei portoghesi è la loro voglia di rimboccarsi le maniche e
tirare avanti nonostante tutto, senza inutili lamentele. Forse è questo che, assieme a una
diversa gestione della situazione Covid, ha fatto sì che molti sopravvivessero. Per ciò che ne so io, il governo non ha supportato in maniera particolare, ma in qualche modo le
attività sono spesso riuscite a restare aperte, e lo sono tuttora.”
Tanya Nanetti è sicuramente esperta di comunicazione del mondo specialty: secondo lei, in Italia come si può abbattere il muro della tradizione e raggiungere il consumatore? Ora si parla molto di rincari e forse un po’ meno di qualità…
“Gli italiani sono un popolo strano, a volte… disposti a spendere decine di euro per una
bottiglia di vino o per del cibo di qualità (e non dimentichiamoci della bottiglietta d’acqua al
bar acquistata da così tanti a 1,50€ senza battere ciglio), ma non più di 1€ per un caffè.
Di sicuro la tradizione dell’espresso è dura da abbattere ma confido ci si possa riuscire.
Forse sarà difficile far cambiare idea alla massa, ma se noi baristi ci mettiamo un po’ di
impegno, trasmettendo il nostro amore, spiegando tutto quello che c’è dietro a una tazza
di specialty, insegnando con gentilezza e senza essere spocchiosi (evitando commenti del
tipo “no, lo zucchero non lo puoi mettere perché lo rovini!”)… beh, in quel caso sono
convinta che riusciremo a far cambiare idea ai consumatori, uno alla volta.”
E ora, progetti per questo 2022? Pensa mai a tornare in Italia?
“Un salto veloce per salutare parenti e amici lo faremo prima o poi, ma non credo per
lavorare. Dopotutto, il 2022 si sta già preannunciando piuttosto impegnativo: oltre al mio lavoro come Head Barista e trainer qua a Lisbona, attualmente già collaboro con Barista
Magazine e altre riviste online, ed ovviamente scrivo e mi occupo dei social media di
Coffee Insurrection. L’idea per quest’anno è di consolidare ancora di più il nostro Coffee Insurrection, affiancandolo a un altro progetto che, sempre assieme ad Endri, svilupperò nei prossimi mesi.
Questo nuovo progetto, questa volta di consulting, si chiamerà Third Wave Coffee &
Kitchen e avrà come scopo di aiutare chi vuole aprire una nuovo coffee shop o un nuovo
locale (o rimodernare uno già esistente).
Sarà un progetto che cercherà di essere di aiuto per tutte le problematiche che si
presentano quando si ha a che fare con una nuova realtà, e magari non si è esperti del
settore (come succede a molti proprietari dell’horeca): dalla configurazione perfetta del
locale al training dei dipendenti, dall’aiuto per decidere un menù adeguato (Endri, tra le
altre cose, è anche cuoco) alla scelta di una giusta strategia di marketing…
E poi, viaggeremo: idealmente sarà un lungo viaggio in centro e sud America che ci
porterà ad esplorare farm e a conoscere produttori, e ad approfondire ancora di più il
nostro amore per tutto ciò che c’è dietro allo specialty coffee…”