MILANO – Il ramo caffè si conferma un pilastro fondamentale per le attività di Strauss Group, alle quali contribuisce per oltre il 50% del fatturato. Il colosso israeliano del food chiude un esercizio 2022 travagliato. A determinarlo, la difficile congiuntura internazionale, ma anche un richiamo per salmonella, che ha portato a uno stop di tre mesi dello stabililmento di Nof Hagalil in Israele, che è andato ad aggiungersi a un problema analogo verificatosi, in precedenza, nel sito produttivo americano di Ruffin Mill (Virginia).
Quest’ultimo stabilimento, che Strauss Group possiede al 50% con PepsiCo, è la più grande fabbrica al mondo per la produzione di hummus.
La situazione è normalizzata da tempo, ma entrambi gli incidenti hanno riscosso un pesante tributo sui conti di quest’anno, già minati dai rincari delle materie prime e di numerose altre voci di costo.
Ciononostante, il fatturato del gruppo è cresciuto del 6,5%, a 9,5 miliardi di shekel (circa 2,4 miliardi di euro).
Ma il risultato operativo è precipitato a 379 milioni di shekel (96 ,1 milioni di euro), subendo una flessione del 61,4% rispetto all’esercizio 2021. E l’utile netto si è contratto del 73%, a 174 milioni di shekel (44,1 milioni di euro).
La divisione caffè ha contato per il 51% circa del fatturato del Gruppo. Le vendite sono ammontate a 4,804 miliardi di shekel (1,22 miliardi di euro), in crescita del 37,3 %, per una crescita organica del 31,7 %.
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