domenica 22 Dicembre 2024
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L’approfondimento – “La storia dello zucchero” di Ernesta e Pasquale Pallotti

Lo usiamo spesso e volentieri per edulcorare le nostre giornate. Ma quanto ne sappiamo in verità dello zucchero? Scopriamo assieme un po' la sua storia

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MILANO – Il nome zucchero deriva dal Sanscrito “Sarkara” o “Sakkara” che significa sabbia o ghiaia. Da qui il Greco “Saccaron”. Oppure l’Arabo “Sukkar”. Poi il Latino “Saccharum”, zucchero, sugar, azucar, sucre, ecc.

Dagli Arabi era anche chiamato “Tabaxir“. Un termine persiano che significa umore latteo, succo o liquore. In India era conosciuto anche come “Gaura”. Un nome che probabilmente deriva da Gur. Antica monarchia del Bengala dove veniva coltivata la canna.

Zucchero: dall’oriente all’occidente

Il processo di estrazione dello zucchero era già conosciuto in India nel 3000 B.C. Infatti, una corona fatta di canne da zucchero é descritta nello Atharva Veda. Cioè il libro sacro degli Hindú scritto circa nell’800 B.C.

Il generale greco Nearco che accompagnò Alessandro Magno in India nel 4º secolo B.C. fu il primo Europeo a descrivere la canna come pianta che produce il “miele” senza bisogno di api.

Sembra comunque che la canna da zucchero sia originaria delle isole Salomone

Situtate nel Pacifico meridionale perché una leggenda locale dice che i progenitori della razza umana furono generati da un ceppo di canna.

Un germoglio crebbe in maniera anomala ed improvvisamente si trasformo in uomo; mentre un altro si trasformava in donna.

Dalle isole del Pacifico i metodi di coltivazione e lavorazione della canna si propagarono

In Indocina, Cina, India, nei paesi Arabi e successivamente nel bacino del Mediterraneo. Gli antichi Greci e Romani non conoscevano bene lo zucchero di canna che veniva forse usato solo come articolo di lusso. Pagato quindi a peso d’argento.

Usato anche come medicinale nel Medio Evo. Quando si sosteneva che “il Tabaxir va a proposito negli ardori così interiori come esteriori. Anche utile anche nelle febbri coleriche e nelle dissenterie”.

Teofrasto allude alla canna da zucchero quando, parlando del miele, dice che può essere di tre tipi:

Uno prodotto dalle api, cioè il miele vero e proprio; un altro che viene dall’aria, la biblica manna. L’ultimo, ancora, che é estratto dalle canne.

Plinio nomina lo zucchero con il nome di “sal indicum”. Anche Dioscoride e Galeno ne parlano chiamandolo “sacchar”.

Solo nell’ottavo secolo dopo Cristo la coltivazione della canna e i metodi di estrazione e purificazione dello zucchero furono introdotti dagli Arabi.

A Cipro, Creta, Rodi, in Sicilia, in Spagna e nel Sud della Francia.

In Spagna la canna fu coltivata prima a Valencia, poi a Granada e Murcia

In queste zone del Sud della Spagna lo zucchero veniva prodotto in grande quantità.

J. Willoughby, un inglese che viaggiava in Spagna nel 1664, dice: “Sono andato a Olives e a Valencia. Dove, come a Gandia, ci sono “engines” per lavorare lo zucchero, i migliori sono a Olives.

La canna viene coltivata in luoghi bassi e umidi. E’ ben tenuta e concimata, piantata in filari o solchi regolari. A novembre e dicembre viene tagliata vicino alle radici. Le punte poi, che non contengono succo, vengono messe sotto terra fino a marzo; quando vengono piantate nei letti predisposti.

Continua la testimonianza

Da ogni talea germogliano da quattro a sei getti che saranno pronti per il taglio a dicembre. I nodi della canna sono molto ravvicinati uno all’altro alla base, distanti circa un pollice. Ma verso l’alto, dove la canna é più sottile, la distanza é maggiore.

Negli internodi c’é una polpa bianca piena di sciroppo dolce come il miele. A Gandia vendono le canne tagliate a pezzi tra due nodi per mangiarle succhiando il succo dalle due estremità.

Per fare lo zucchero le canne, pulite e tagliate a pezzi, vengono torchiate o con una macina di pietra perpendicolare che gira, come si fa con le mele per fare il sidro o con le olive per estrarre l’olio, oppure con due assi orizzontali, stretti con del ferro, che girano in senso contrario, e poi vengono pressate come si fa con l’uva.

Ancora sulla lavorazione

Il succo ottenuto viene fatto bollire in tre diversi calderoni, messi in serie. Nel terzo diventa denso e scuro. Viene poi messo in recipienti conici che, sul fondo hanno un buco chiuso da zucchero grezzo.

Questi recipienti, una volta riempiti, vengono coperti con una pasta preparata con un tipo di argilla detta “spanish gritty” che si trova vicino a Olives.

Vengono poi messi in altri recipienti di forma diversa. In questi, attraverso il buco sul fondo dei coni, cola lentamente la parte liquida detta melassa.

Si lascia riposare per 5-6 mesi

Durante i quali lo zucchero nei recipienti conici diventa duro. Mentre il liquido che si é separato viene fatto bollire di nuovo per ottenere uno zucchero grezzo rosso di scarso pregio.

I pani conici vengono estratti dai contenitori e fatti seccare per 14-15 giorni. Hanno un colore scuro e possono essere usati così come sono ma per ottenere uno zucchero più bianco. Bisogna farli bollire di nuovo nella serie dei tre calderoni anche se nel processo si perde circa un sesto del prodotto.

Si fa passare lo zucchero fuso da un calderone all’altro appena incomincia a bollire

Filtrandolo attraverso colini di lino, ma nel terzo si lascia bollire fino a che non si alza una schiuma bianca. Questa viene presa con una schiumarola e messa in un lungo truogolo a raffreddare.

Poi si mette nei recipienti conici a scolare. La schiuma che si alza in continuazione é bianca, ma diventa scura raffreddandosi.

Per ottenere uno zucchero più bianco si possono mettere due o tre dozzine di bianchi d’uovo nel terzo calderone. Quello usato per la raffinazione. Quando il processo é terminato, i pani di zucchero nei recipienti conici diventano duri e bianchi in 9-10 giorni”.

Da Valencia la coltivazione della canna fu introdotta nel 15º secolo dagli Spagnoli nelle isole Canarie

Mentre i Portoghesi la portarono a Madera.
Dopo la scoperta dell’America, la coltivazione della canna e l’arte di fare lo zucchero furono estese da diverse nazioni europee. Con grande successo nelle Antille ed in Brasile.

Si pensa dunque che la canna sia stata portata dagli europei in America e che non vi fosse già presente. Ma ci sono buoni motivi per ritenere che questa opinione non sia corretta e che la canna fosse già coltivata dagli indigeni in alcune isole dei Caraibi e sul continente americano.
Padre Hennepin dice “da trenta leghe sotto Maroa fino al mare le rive del Mississippi sono piene di canne”.

Francis Ximenes sostiene che la canna cresceva spontanea vicino al Rio della Plata

John de Laet la menziona come indigena nell’isola di S. Vincent.
Senz’altro fu trovata nel Pacifico nelle isole della Società, isola di Pasqua e alle Hawai.

Dove i nativi conoscevano bene il succo di canna anche se non sapevano fare lo zucchero. La canna di Tahiti portata nelle Antille diede una resa in zucchero molto superiore a quella delle canne precedentemente coltivate.

Dimostrando che non erano specie diverse, ma che il cambiamento di clima e di terreno ne miglioravano molto la qualità.

Sir John Laforet che portò alcune canne Tahitiane e Indiane ad Antigua così descrive la sua esperienza

“C’erano tre tipi di canna prese sulle coste di Malabar (India), a Tahiti e a Batavia (Indonesia). Le prime due avevano un aspetto molto simile. Erano più grandi di quelle coltivate ad Antigua, con gli internodi distanti 8-9 pollici ed una circonferenza di 6 pollici.

Il loro colore e quello delle loro foglie é diverso da quello delle nostre canne. Sono pronte per la raccolta in 10 mesi. Sopportano il clima secco meglio delle altre e non sono attaccate da un insetto detto “borer”.

Quelle di Batavia hanno un fusto color porpora

Internodi corti, circonferenza piccola, ma danno tantissimi getti che crescono molto rapidamente. Circa in un terzo del tempo necessario alle nostre piante”.

Grande produttrice di zucchero, tra le colonie inglesi, divenne la Giamaica. Scoperta da Colombo nel suo secondo viaggio nel 1494, colonizzata dagli Spagnoli nel 1509 e presa dagli Inglesi nel 1656.

La coltivazione della canna vi fu introdotta nel 1660 dal governatore Sir Thomas Modiford da Barbados

Dove lo zucchero si produceva già da qualche anno.

Ligon, nella sua storia di Barbados, narra: “Quando arrivammo sull’isola, nel settembre 1647, constatammo che la produzione dello zucchero era solo agli inizi.

Alcune piante di canna erano state portate dal Brasile e moltiplicate sul luogo fino ad averne una discreta quantità. Era stato costruito un piccolo “ingenio” per fare lo zucchero. Ma, dato che i coloni non conoscevano i segreti del lavoro, i risultati erano scarsi. Lo zucchero prodotto era così umido e pieno di melassa da non meritare di essere portato in Inghilterra.

Con nuovi suggerimenti dal Brasile, consigli di stranieri di passaggio e viaggi fatti dagli abitanti di Barbados in altri paesi per imparare l’arte di fare lo zucchero, la produzione migliorò molto.

Quando ripartimmo, nel 1650

Avevano imparato a raccogliere le canne a piena maturazione, cioè a 15 mesi, e a raffinare lo zucchero fino a ottenerlo bianco; ma non eccellente come quello del Brasile.

Perché la fabbricazione dello zucchero é un processo complicato che richiede la conoscenza di qualche nozione di chimica. Ma, soprattutto, una grande esperienza pratica”.

Nelle colonie Inglesi la lavorazione finiva con la separazione delle melasse

Cioè delle sostanze zuccherine che non cristallizzano, e lo zucchero grezzo veniva spedito alle raffinerie in Inghilterra.

Venezia, che era stata a lungo il principale centro di raffinazione dello zucchero prima della scoperta dell’America, fu soppiantata nel 16º secolo da Antwerp. In Olanda.

Successivamente da Londra dove, nel 1544, furono costruite le prime raffinerie.
Nelle colonie Francesi, Spagnole e Portoghesi lo zucchero veniva raffinato sul posto.

Le melasse, colate dai pani di zucchero, insieme con le scorie della lavorazione venivano fatte fermentare e distillate per produrre il Rum.

La quantità di Rum ottenuto in proporzione allo zucchero variava moltissimo secondo le stagioni e la lavorazione seguita, ma la proporzione che normalmente si ottiene é di 5-6 galloni di Rum per un hundred-weight di zucchero.

La coltivazione della canna e la fabbricazione dello zucchero e del rum divennero presto l’attività principale di molte isole delle grandi e piccole Antille ed i proprietari delle piantagioni su isole come Barbados, Giamaica, Guadalupe, Haiti e Cuba accumulavano enormi fortune che permettevano loro di vivere nel lusso a Parigi, Londra e Copenaghen. Era l’unica ricchezza ed è ancora oggi il principale prodotto delle isole, ma le cose sono cambiate.
“Sono stati i chimici tedeschi a uccidere l’industria dello zucchero di canna”, scrive Michener.

Verso la metà del XVIII secolo lo zucchero era divenuto un genere di consumo indispensabile

Quegli stessi chimici scoprirono che, se è vero che si può ricavare ottimo zucchero dalla canna, se ne può ricavare di ancora migliore, con assai meno fatica.

Anche se a costi elevati, dalle barbabietole.

L’estrazione dello zucchero dalle barbabietole ebbe gran sviluppo nell’Europa napoleonica, durante il blocco continentale

Gli interessi coinvolti giustificarono l’applicazione di misure protezionistiche a favore della nuova coltura. Con grave danno per l’economia dei paesi produttivi di zucchero di canna.

Ora la coltivazione della canna è in parte meccanizzata

Soprattutto negli U.S.A. e nelle nuove zone produttrici del Brasile, e lo zucchero viene estratto e raffinato in moderni zuccherifici.

Tuttavia, esistono ancora in centro e Sud America dei “Trapiche” che lavorano la canna con sistemi tradizionali.

I motori diesel hanno sostituito i buoi. Ma il procedimento seguito non è molto diverso da quello usato tre secoli fa.
Il prodotto ottenuto è detto “dulce de cana” o “tapa de dulce” o “panela”.

Ernesta e Pasquale Pallotti

*Pasquale Pallotti e la moglie Ernesta hanno dedicato una vita alle piantagioni di caffè prima in Africa e poi in America Latina. Oggi è attivo in Costa Rica nella produzione, lavorazione ed esportazione di caffè di alta qualità.

Pasquale Pallotti è anche autore del libro “Il caffè Produzione” (Blu Edizioni s.r.l.). Una guida esauriente e ricca di illustrazioni, tabelle e fotografie, Per chi vuole conoscere il lavoro che si svolge nei paesi tropicali di produzione per giungere alla tazza di caffè. La storia del caffè come bevanda.

La descrizione botanica della pianta del caffè; l’ ambiente in cui vive, le tecniche d’ impianto; le cure agronomiche della piantagione.

La raccolta e la lavorazione delle ciliegie per preparare il caffè verde, crudo o mercantile destinato all’ esportazione. Le caratteristiche del caffè verde. Ancora, i sistemi di classificazione di alcuni importanti paesi di produzione. Dati statistici sulla produzione, esportazione, mercato e consumo del caffè nel mondo negli ultimi anni.

Info: pallotti44@gmail.com

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