MILANO – Il cappuccino: una delle cifre stilistiche del bar italiano insieme all’espresso che viene esportato nel mondo. La colazione preparata nel locale di fiducia è un must per molti, ma non tutti conoscono la genesi della tazza di cappuccio da abbinare alla classica brioche. Leggiamo l’origine della ricetta dall’articolo di Francesco Pozzo su proiezionidiborsa.it.
Cappuccino: la versione italiana
Questo prodotto di caffetteria deve il suo nome alla somiglianza del suo colore e quello della tonaca dei frati cappuccini. La storia narra che sia stato chiamato così da un presbitero friulano, Marco d’Aviano. L’uomo, infatti, si era recato a visitare Vienna da Papa Innocenzo XI per convincere l’Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico a combattere gli Ottomani.
Appena giunto in città, gli venne servita una tazza di caffè
Il friulano la trovò troppo amara e chiese di poterne mitigare il gusto con un’aggiunta di latte. In questo modo si creò un colore marrone chiaro che portò un cameriere a esclamare “Kaputziner!”, facendo riferimento al vestiario dell’ordine.
Inizialmente la bevanda assomigliava più a un caffelatte che ad un cappuccino come lo intendiamo al giorno d’oggi.
La storia segreta sull’origine del cappuccino, la seconda versione
Un’altra storia, invece, si incentra sulla figura del soldato Franciszek Jerzy Kulczycki. Questi, infatti, dopo avere combattuto contro i musulmani si era reinventato, aprendo una caffetteria a Vienna. Lì, grazie ai sacchi di caffè trafugati, proponeva diverse bevande dai sapori d’Oriente.
Ebbe così l’idea di rendere più dolce la miscela nera aggiungendo del latte, del miele e altre spezie aromatiche. Si attribuisce sempre a lui l’invenzione del croissant, allora chiamato “kipferl”. La sua caratteristica forma a mezzaluna era un segno di disprezzo nei confronti della bandiera turca e del popolo che aveva tentato l’assedio della capitale austriaca.