MILANO – Stefano Nodari, campione latte art 2023, dopo un lavoro concentratissimo in pochi mesi ma nella palestra dei migliori, Carmen Clemente e Manuela Fensore, cioè le campionesse mondiali della stessa disciplina, ce l’ha fatta a conquistare la gara del Sigep, alla sua prima volta di fronte ai giudici.
Nodari, com’è aver ereditato la carica che prima di te hanno ricoperto le campionesse mondiale, Clemente e Fensore?
“Non ho ancora bene realizzato la cosa e forse non è propriamente un bene, dato che devo
già pensare ai mondiali – scherza Nodari – Però sono molto contento anche perché non me
lo aspettavo: oggettivamente, dal punto di vista della tecnica, sapevo che altri competitor si trovavano più avanti di me.
Posso dirlo con certezza, dal momento che ho avuto pochissimo tempo per prepararmi alla
gare. Ho scritto il 31 agosto, ovvero l’ultimo giorno utile all’iscrizione a Carmen Clemente: “Se facciamo questa pazzia, cosa ne pensi”?. E lei mi ha risposto che ci avremmo provato, senza perdere tempo.
Fino al 5 settembre, non avevo mai neppure provato a disegnare un fantasy in tazza. Per me è stata una vera scommessa: nel 2019 sono entrato per la prima volta a Sigep, insieme all’azienda per cui lavoravo in quegli anni e quando sono passato di fronte alla Coffee Arena e ho detto “Nel 2023, gareggerò su questo palco”. Senza però avere alcuna idea di cosa comportasse davvero partecipare ai campionati.
Poi c’è stato il Covid, ho cambiato lavoro, ho seguito dei corsi per fare il Grading,
fermandomi però al livello verde. Quando mi sono iscritto per partecipare al campionato
l’ho fatto guidato solo dalla passione e mi sono voluto buttare. Dopo aver passato le
selezioni, la mia ex titolare mi ha mandato un messaggio: “Avevi promesso nel 2019 ed
eccoti qua”.
Da fine novembre fino ai primi di gennaio, continuando a lavorare nel frattempo in
pasticceria e quindi non avendo troppo tempo a disposizione, mi sono allenato almeno 4/5
ore al giorno e nelle giornate con Carmen sino alle 8 ore. Abbiamo lavorato tantissimo sulle tazze che ho voluto risultassero piuttosto simpatiche da vedere.
Sapevamo che sarebbero passati in 6 e non in 4, per cui mi son detto: devo arrivare almeno sin lì. Quando è successo, per me era già una vittoria. Ero orgogliosissimo di aver
raggiunto quel traguardo.
Poi è arrivato il primo posto: ho iniziato a sognarlo quando ho terminato la performance. Lì ho avuto la sensazione di aver fatto al meglio delle mie possibilità e di poter arrivare più in alto ancora. Non ho voluto assistere alle gare degli altri, perché l’emozione e l’agitazione avrebbero potuto compromettere la mia prova.”
Cosa ha portato a Sigep?
“Ho portato in semifinale un gufo, un cane e un pinguino in espresso. In finale ancora il
gufo, il cane e poi un elefante in Spa in designer. Il più difficile in assoluto per me e che mi
spaventerà ancora al mondiale, è sicuramente l’espresso per cui penserò a delle nuove
tazze.
La problematica è legata alla lattiera: per l’espresso era naturale utilizzarne una piccola da
300 ml. Ma per me l’impugnatura è complessa, avendo le mani molto grandi: non riuscivo a tenerla in modo tale da avere un maggiore controllo sul latte. Ho usato per questo una da 450 che però poneva altre difficoltà, di fronte a una tazzina così
piccola.
Avendo più tempo a disposizione per i mondiali, posso allenarmi di più per affinare la tecnica. La figura che invece mi ha dato maggiori soddisfazioni è stata quella del cane: le due rosette delle zampe, molto corte e vicine, erano rischiose, perché versando il latte, la prima rosetta soprattutto agli inizi tendeva a spostarsi. La linea della faccia che è nasce da un movimento continuo di un flusso sottilissimo con la tazza piena e la lattiera vuota, era difficile da padroneggiare. ”
Come ha trovato l’introduzione delle bevande vegetali in gara?
Nodari: “Inizialmente la mia reazione è stata di panico. Perché non avendo mai provato neppure a fare un fantasy qualsiasi, oltre ad avere la difficoltà di imparare le basi, c’era l’ulteriore difficoltà dell’avena.
Ho scelto di fare una doppia montata piccola perché avevo paura della resa di questa
bevanda sulla seconda tazza. Dopo la selezione, il team di Alpro mi ha dimostrato il
contrario. Conserverò questa lezione preziosa per una prossima volta. ”
Nodari, e ora il mondiale?
“Le spese iniziali di questo progetto sono state ingenti e oltre il mio lavoro avevo ne avevo
aggiunto uno serale per guadagnare degli extra. I miei titolari di prima mi avevano
permesso di fare solo ore di pomeriggio e mi allenavo nello spazio Trismoka in cui
hanno ricreato il set di gara, mettendomi a disposizione attrezzature e caffè.
Da Carmen e Manuela andavo nel giorno di chiusura della pasticceria una volta alla
settimana, quando andavo in pausa e insieme facevamo anche training online: ogni
settimana mi veniva affidato un compito specifico da portare a termine e ciascuna tazza
veniva fotografata e valutata da loro, che mi fornivano soluzioni ai problemi che avevo
riscontrato.
E questo è stato soltanto per i nazionali. Per il mondiale penso che sarà uguale, ma dovrò
riuscire a gestire la distanza tra Milano e Trismoka per potersi incontrare di persona con
una maggiore frequenza. In questo momento ho preso una settimana di ferie per
riprendermi psicologicamente e riposarmi, perché poi mi aspettano mesi duri. Devo
realizzare prima di tutto di esser campione italiano.”
Conclude Nodari:
“E’ stato fin qui un lavoro di squadra. Non voglio che la latte art diventi un dovere, anzi vorrei che restasse un piacere e proprio per questo cerco di scherzare dopo 3 ore di training per smorzare la tensione. Questa per me è una passione, anche se sono molto autocritico: anche finita la gara mi sono arrabbiato perché il gufo era uscito imperfetto a causa di un tremolio della mano. Non accontentarsi mai da una parte è frustrante, ma dall’altra mi ha portato a vincere.
Infine, ho una fila di ringraziamenti da fare. Innanzitutto vorrei dire che le mie tazze, che ho scelto semplicemente perché mi piacevano così com’erano, rappresentano delle persone che mi sono state vicine particolarmente.
Il gufo è il porta fortuna più grande di mia cugina, che lo porta persino tatuato con la S
iniziale del nome di suo padre, che casualmente è simile a quella che c’è nella mia figura.
Il cane è proprio il mio, Maggie, che ho nominato anche durante la gara: mi ha dato sempre una coccola durante gli allenamenti andati storti.
Il pinguino è invece il soprannome che aveva una ragazza speciale che poi è diventata mia
moglie: Tecla. Invece l’elefante alla Spa è il mio miglior amico e la mia famiglia.
Infine voglio ringraziare ovviamente le mie allenatrici che mi hanno supportato e sopportato anche di fronte alla mia eccessiva autocritica.
Ringrazio anche Valentina Bertocchi per i disegni e Silvia Vezzoli che li ha impaginati.
Poi un grazie a Trismoka, che è come una grande famiglia e sono stati disponibilissimi nelle risorse e nel tempo. Grazie anche alla mia famiglia vera e propria e ai miei datori di lavoro che mi hanno dato modo di prepararmi e assentarmi.
E a tutte le persone che sono venute a fare il tifo per me in semifinale, tra amici, vecchi e
nuovi colleghi, persone di Trismoka, così come chi ha seguito la diretta da ogni luogo.
Vorrei dire anche che è stata una meravigliosa esperienza perché, nonostante fosse una
competizione che ci ha messo uno contro l’altro, ho sentito il desiderio reciproco di
aiutarsi, di collaborare, di esser disponibili tra sfidanti e anche tra persone appena conosciute direttamente in Fiera. Il clima che ho vissuto era stupendo.”