Lunedì 16 marzo Starbucks, con oltre 21.000 negozi la più grande e famose catene di caffetterie al mondo, ha avviato negli Stati Uniti una campagna chiamata Race Together per sensibilizzare i suoi dipendenti e incoraggiarli a parlare di problemi legati al razzismo con i clienti.
Nei giorni scorsi i baristi dei 12mila locali statunitensi sono stati invitati da Starbucks a scrivere Race Together sui bicchieri da caffè di cartone e ad incollarci sopra adesivi con lo slogan della campagna, nel tentativo di incoraggiare una conversazione sul tema.
Starbucks ha detto che non obbligherà i dipendenti ad aderire alla campagna, ma che appoggerà chi deciderà di farlo. Starbucks è stata però molto criticata per la sua iniziativa: la campagna è stata definita «ingenua» e potenzialmente «disastrosa».
Negli Stati Uniti infatti circa il 40 per cento dei dipendenti di Starbucks fa parte di una minoranza etnica, e forzarli a parlare di problemi razziali potrebbe metterli in imbarazzo o esporli a commenti inappropriati nei loro confronti.
In molti hanno accusato Starbucks e il suo CEO, Howard Schultz, di voler portare avanti una campagna politica per rafforzare il marchio, approfittando del fatto che negli Stati Uniti l’argomento è tuttora molto discusso.
Altri hanno sottolineato la difficoltà di parlare di un tema così complesso quando si è in fila per ritirare un cappuccino, nei minuti che si passano dentro al locale.
Il 16 marzo, il giorno dell’inizio della campagna, il vicepresidente della comunicazione di Starbucks ha chiuso il suo account Twitter a causa delle moltissime critiche ricevute riguardo Race Together (salvo poi riattivarlo il giorno dopo).
Mercoledì 18 marzo il CEO di Starbucks Howard Schultz ha difeso la società dalle accuse di scarsa delicatezza e opportunismo spiegando che «la nostra intenzione è sincera. Non stiamo parlando di un’iniziativa di marketing o di pubbliche relazioni».
Durante l’assemblea annuale degli investitori, tenuta a Seattle mercoledì 18, Starbucks ha anche fatto sapere che sta pensando di distribuire ai dipendenti “manuali di conversazione” con domande come: «In che modo è cambiata la tua opinione sui problemi razziali rispetto a quella dei tuoi genitori?».
Non è la prima volta che Starbucks porta avanti campagne dai risvolti politici. Nell’ottobre del 2013, durante lo shutdown del governo statunitense, Schultz avviò una petizione per chiedere ai parlamentari di approvare una legge sul bilancio entro l’anno.
Nel settembre del 2013, Starbucks invitò i clienti a non portare armi con sé all’interno delle caffetterie.
L’idea per la campagna Race Together è iniziata il 17 dicembre 2014, quando nella sede principale di Starbucks a Seattle si è tenuto un incontro sul razzismo fra dirigenti e dipendenti.
Nei tre mesi seguenti, il tema è stato discusso anche in assemblee locali di dipendenti di Starbucks.
La campagna Race Together è stata quindi avviata solamente nelle città in cui si sono tenute le assemblee, ed è stata poi estesa a tutti gli Starbucks degli Stati Uniti lunedì 16.
Per promuovere la campagna, Starbucks ha anche acquistato un’intera pagina pubblicitaria sull’edizione domenicale del New York Times e quella di lunedì 16 marzo di USA Today, due fra i quotidiani più diffusi negli Stati Uniti. Venerdì 20 marzo USA Today esce con un supplemento dedicato a Race Together.