NEW YORK (Usa) – Nei primi dieci mesi del 2006, l’importazione di caffè torrefatto negli Usa è calato del 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2005 fermandosi a 657.893 sacchi.
Cresce in compenso il valore delle importazioni, che sale a 179,91 milioni di dollari, con un incremento del 1,8%.
Il primo fornitore americano rimane il Canada, con il 38,6% del totale.
Il secondo posto è dell’Italia, che ha esportato oltreoceano 61.259 sacchi, per un fatturato di 23,86 milioni di dollari.
Ai minori volumi è corrisposto però un valore nettamente maggiore: il prezzo medio del torrefatto made in Italy è stato infatti di 389,49 dollari/sacco, contro i 283,16 del caffè di produzione canadese.
Alle spalle del nostro paese troviamo il Brasile, con 51.541 sacchi di caffè già torrefatto e un incremento a volume del +35,6%.
Ma all’orizzonte si profila il pericolo della Germania. I torrefattori della Germania, dopo aver dato una sonora lezione ai nostri esportatori e aver iniziato a dilagare anche nei nostri supermercati e ipermercati puntano ora al ricco mercato nordamericano.
Ricordiamo che soltanto tre anni fa l’Italia era il primo esportatore al mondo di caffè senza produrlo. Due anni fa il sorpasso dei produttori tedeschi che ora esportano quattro volte la quantità di torrefatto prodotta in Italia.
Una crescita formidabile aiutata anche da avamposti italiani, come quella torrefazione di Bologna che lavora per il marchio Tchibo.