MILANO – La Cina ama il caffè di Starbucks, non il suo prezzo. La catena statunitense è sotto accusa, dopo un servizio in cui la televisione di Stato ha denunciato che i prezzi applicati sono maggiori rispetto a quelli presenti in altri Paesi.
Ma Starbucks è solo l’ultima multinazionale occidentale – dopo Apple, Nestlé e Danone – ad aver subito le critiche degli organi d’informazione locali, dopo una rapida espansione nel mercato cinese: nel 2010, i negozi nel Paese erano meno di quattrocento; presto, Starbucks aprirà il suo millesimo punto vendita. Nei piani della più grande catena di caffé al mondo, la Cina diventerà il prossimo anno il suo secondo mercato più importante, superando il Canada.
Secondo la China Central Television (Cctv) la multinazionale americana ”puo’ contare su margini di profitto piu’ elevati in Cina” per una politica dei prezzi ”che non tiene conto del salario reale del lavoratore medio”.
Un caffe’ in uno Starbucks cinese costa 27 yuan (3 euro), ”circa il 33% in piu’ del caffe’ in un bar della stessa catena negli Stati Uniti”, come riferisce l’agenzia Xinhua. Non e’ la prima multinazionale ad essere criticata in Cina per i prezzi dei suoi prodotti: recentemente era accaduto anche alla Apple, per il prezzo di lancio, ritenuto ”proibitivo” dai media locali, del nuovo I Phone 5C.
Atualmente la Cina rappresenta il terzo mercato per Starbucks, dopo Stati Uniti e Canada. La multinazionale americana si e’ difesa spiegando che ”i prezzi piu’ alti riflettono i costi piu’ elevati in Cina e nel Sud-Est asiatico delle materie prime e della logistica”.