Starbucks sceglie Londra: via da Amsterdam anche se pagherà più tasse
LONDRA – La capitale mondiale del caffè non è in Italia, nonostante la nostra passione per espresso e cappuccino; e nemmeno in qualche paese sudamericano dove si trovano le piantagioni da cui arrivano gli aromatici chicchi. E’ Londra.
Lo afferma la Starbucks, più grande catena al mondo di caffetterie “all’italiana”, che ha deciso per questo di spostare il proprio quartier generale europeo da Amsterdam alla metropoli sul Tamigi, nonostante il fatto che il trasferimento costerà più tasse all’azienda americana. “Londra è la città perfetta per noi perché il Regno Unito è il mercato in più rapida espansione in tutta Europa per il nostro business”, afferma Kris Engskov, presidente della divisione europea della Starbucks.
E aggiunge: “E’ impossibile ignorare i progressi fatti da Londra in materia di caffè. Se uno è nel business della tecnologia, vuole avere la sua sede nella Silicon Valley. Londra è diventata l’equivalente della Silicon Valley per il caffè, un centro di innovazione mondiale per chi commercia in espresso, latte macchiato e cappuccini. Perciò è lì che noi vogliamo essere”.
Il trasloco significa che la Starbucks dovrà pagare più tasse, perché avere il quartier generale delle sue operazioni europee ad Amsterdam offriva un miglior trattamento fiscale: ma la decisione è stata presa lo stesso.
Per questo è doppiamente significativo. La Starbucks è stata al centro di forti polemiche negli scorsi anni, quando è emerso che, sfruttando le scappatoie legali esistenti, nel 2012 aveva pagato soltanto 8 milioni di sterline (circa 10 milioni di euro) in imposte societarie per i precedenti quattordici anni di affari in Gran Bretagna, durante i quali ha realizzato oltre 400 milioni di sterline di utili.
Niente di illecito, perché la compagnia poteva dimostrare di avere chiuso in passivo in 14 degli ultimi 15 anni, pagando interessi su attività in altre aree.
Ma aveva suscitato lo stesso accuse di “evasione legalizzata”, accomunata in questo ai giganti del digitale, da Facebook a Google ad Amazon, anch’essi in grado di pagare poche o addirittura zero tasse nel Regno Unito grazie a una legislazione fiscale estremamente favorevole alle persone giuridiche.
Messa sotto accusa da associazioni di consumatori e criticata anche dal governo Cameron (che ha promesso di chiudere almeno alcune delle scappatoie, ma non lo ha ancora fatto), la Starbucks si è impegnata a pagare più tasse e ha cominciato a farlo, versando “volontariamente” 20 milioni di sterline di imposte per gli ultimi due anni allo stato britannico.
Ora con il trasferimento a Londra dovrà comunque pagare un po’ di più, sia pure restando molto lontana dall’aliquota ufficiale per le aziende che sarebbe il 28 per cento dei profitti. La decisione di spostarsi nella capitale britannica, riportata oggi con ampio rilievo da tutti i giornali inglesi, è stata accolta con favore dalle autorità della metropoli.
“E’ una prova di più che Londra è un centro globale di importanza chiave per il business, la località più desiderabile per le aziende per il proprio quartier generale”, commenta Colin Stanbridge, capo della London Chamber of Commerce. La Fiat-Chrysler non è sola, dunque, nell’avere scelto Londra come base.
Fonte: http://www.repubblica.it/economia/2014/04/17/news/starbucks_londra_amsterdam-83835264/