domenica 22 Dicembre 2024
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Starbucks risponde a Donald Trump: assumerà 10mila rifugiati in tutto il mondo

Il messaggio di Schultz sul sito di news delle caffetterie. Le caffetterie criticano la Casa bianca per i bandi contro immigrati musulmani e rifugiati: "Non rimarremo a guardare". Priorità ai lavoratori che hanno affiancato l'esercito come traduttori o personale di supporto. E intanto il management di Google lancia un fondo da 4 milioni, Airbnb offre alloggi gratis.

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MILANO – I provvedimenti di Donald Trump che bandiscono dagli Stati Uniti i migranti da sette Paesi islamici e l’ingresso ai rifugiati provocano la reazione delle imprese.

Chi prende direttamente posizione è Starbucks, la famosa catena di caffetterie, che assumerà 10.000 rifugiati in tutto il mondo nei prossimi cinque anni in risposta al decreto anti-immigrazione del presidente americano.

Lo ha annunciato lo stesso fondatore della catena statunitense, Howard Schultz.

E’ solo uno dei gesti clamorosi che le grandi Corporation stanno mettendo in atto.

I dirigenti di Google, ad esempio, hanno dato vita a un fondo già dotato di 2 milioni di dollari, che con le donazioni dei dipendenti potrà raddoppiare, per rispondere alla crisi dei migranti attraverso quattro organizzazioni che si occupano del problema, tra le quali Unhcr.

Mai il motore di ricerca aveva realizzato uno stanziamento simile per rispondere a una crisi.

Ma Airbnb non è da meno: la società degli affitti brevi – molto nota ai vacanzieri – ha detto che metterà a disposizione gratuitamente alloggi per aiutare coloro che sono rimasti intrappolati nel bando di Trump.

Tornando a Schultz, il manager di Starbucks ha preso carta e penna (digitali): “Vi scrivo oggi con grande preoccupazione, il cuore pesante e una ferma promessa”, si legge nella lettera scritta ai dipendenti perchè sappiano che “noi non rimarremo a guardare, non rimarremo in silenzio mentre l’incertenza sulle iniziative della nuova amministrazione cresce ogni giorno che passa”.

Ricordando la “lunga storia” della sua azienda nell’assumere giovani in cerca di opportunità, Schultz ha quindi annunciato: “Ci sono più di 65 milioni di cittadini del mondo riconosciuti come rifugiati dalle Nazioni unite e noi stiamo definendo piani per assumerne 10.000 nei prossimi cinque anni nei 75 paesi del mondo dove è presente Starbucks.

E inizieremo qui negli Stati Uniti, concentrandoci inizialmente su questi individui che hanno servito le truppe Usa come interpreti e personale di supporto nei diversi paesi dove il nostro esercito ha chiesto sostegno”.

Anche la Nike ha preso posizione contro il decreto. L’ad del marchio di abbigliamento sportivo Mark Parker ha spiegato che “Nike crede in un mondo dove tutti possono celebrare il potere della diversità. I nostri valori sono minacciati dal recente decreto. E’ una politica che non sosteniamo”.

E poi ha aggiunto: “Siamo contro ogni forma di discriminazione. Diamo il nostro meglio quando riconosciamo il valore della nostra varia e diversa comunità”.

Sabato scorso, infatti, tra le persone fermate all’aeroporto di New York a seguito della direttiva di Trump, che vieta l’ingresso alle persone provenienti da sette Paesi musulmani (Iraq, Iran, Yemen, Libia, Sudan, Somalia e Siria) c’erano anche iracheni che avevano lavorato come interpreti per i militari americani.

Schultz è anche intervenuto sulla questione del muro che Trump vuole costruire al confine con il Messico, paese dove Starbucks conta 600 caffetterie con 7.000 dipendenti, affermando che bisogna “costruire ponti, non muri con il Messico”.

Per ironia della sorte, le sparate di Trump contro il Paese confinante hanno provocato la reazione dei cittadini messicani, che hanno avviato il boicottaggio dei prodotti-simbolo degli Stati Uniti.

Proprio Starbucks è stato indicato nel tam tam dei social network come una delle aziende da evitare, in favore di prodotti messicani.

Tornando alla presa di posizione di Schultz, la sua compagnia si è detta in contatto diretto con i dipendenti interessati dal bando sull’immigrazione di Trump e ha garantito che farà “il possibile per aiutarli e permettere loro di districarsi in questo momento complicato”. Il numero uno ha colto l’occasione per promettere che sia lui che il direttore operativo Kevin Johnson, che dovrebbe sostituirlo come amministratore delegato nel corso dell’anno, inizieranno a dialogare con il personale con maggior frequenza. “I diritti civili che abbiamo dato per scontati per così tanto tempo sono sotto attacco, e vogliamo utilizzare una forma di comunicazione più immediata per capire e dialogare con voi sulle cose che ci stanno a cuore”.

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