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giovedì 21 Novembre 2024
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Starbucks Reserve Roastery, i primi passi in Italia del flagship, in perdita di 23,5 milioni

Allo stesso tempo però, dal 2019 sino al 2023 c'è stata in ogni caso una crescita costante in termini di fatturato, è innegabile: dagli iniziali 12,7 milioni si è passati a superare i 18,2 milioni

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MILANO – Starbucks Reserve Roastery, 5 anni appena compiuti dalla sua apertura in Piazza Cordusio 3 nell’ex Palazzo delle Poste: il bilancio di questo primo periodo, considerata anche l’impatto della pandemia di mezzo, non è esattamente positivo.

Partiamo da alcuni numeri iniziali: soltanto per il recupero dello storico edificio sono stati stanziati 240 milioni, altri 26 sono andati nella caparra e le modifiche per implementare stabile.

Ma per rendere la Starbucks Reserve Roastery quella che è oggi, si è dovuto anche procedere con l’installazione degli impianti necessari: aggiunti alle spese, altri 25 milioni.

Starbucks Reserve Roastery: i conti che non quadrano

Infatti, a fronte delle lunghe file che hanno fatto notizie sin dalla sua inaugurazione e al flusso di consumatori attratti da questo Starbucks sui generis rispetto agli altri store, anche ai successivi Starbucks aperti in Italia, i numeri non sono positivi.

Adesso si parla di 23,5 milioni di perdite che non vengono compensate dai seppur alti guadagni: l’investimento per aprire in Italia è stato ingente, e ancora non è stato possibile recuperarlo del tutto.

Ovviamente una delle ragioni che hanno motivato questa lenta ripresa delle spese è influenzata dagli stop pandemici, ma non si può limitare il gap a questo fenomeno: le criticità reali derivano dai costi altissimi di gestione, insieme alla recente ondata di inflazione e, ovviamente, a quello che sin dall’inizio aveva tenuto alla larga la catena di Seattle dall’Italia, ovvero, la tradizione radicatissima dell’espresso.

Dal 2019 sino al 2023 c’è stata in ogni caso una crescita costante in termini di fatturato, è innegabile: dagli iniziali 12,7 milioni si è passati a superare i 18,2 milioni.

Per cui si può affermare che le vendite ci sono e pure oltre la media europea per locale che si aggira sui 10 milioni.

Tutta questione di strategia

Starbucks si è da subito inserito nel mercato italiano con un prezzo premium dell’espresso, 1,80 euro a tazza, un costo che certamente si pone al di sopra della media di 1,20 euro che si trova in altre città europee e sicuramente più elevato rispetto a quello che si trova nei classici bar italiani: anche a Milano, difficilmente lo si trova oltre l’euro e trenta al banco, seduti il prezzo sale.

Dunque il successo commerciale della Starbucks Reserve Roastery è innegabile, nonostante tutto: forse bisogna ancora attendere per assistere ad un maggiore equilibrio tra le spese effettuate e le entrate.

Cinque anni con il Covid di mezzo potrebbe esser un lasso di tempo troppo breve per descrivere un quadro che fin qui comunque ha dimostrato il grande potenziale di Starbucks in Italia, complici anche i grandi marchi coinvolti nella Reserve Roastery, Percassi e Princi.

E a proposito dei due partner Starbucks

Il matrimonio tra Starbucks e Percassi sembra funzionare bene: il gruppo bergamasco che ha in gestione esclusiva l’evoluzione del marchio di Seattle in tutta Italia, ha contribuito ai buoni risultati economici fin qui registrati.

Al di là delle perdite globali che hanno interessato la catena di caffetterie americana, la collaborazione con Percassi si è rivelata strategica, grazie alla conoscenza capillare del contesto e un’accurata organizzazione del retail.

Allo stato attuale, i numeri totalizzati da questo sodalizio parlano di 13 aperture milanesi e in Italia nel 2022 e l’obiettivo di aprine 100 in tutto lo Stivale nel giro dei prossimi due anni.

Prossimi step: aprire altri due locali meneghini entro la chiusura di quest’anno e poi puntare su Veneto, Toscana, magari trovando delle location meno costose a Milano.

Quello che pare funzionare meno è invece la partnership con Princi per i prodotti da forno in tutte le Reserve Roastery non solo quella di Milano

Certo è stata un’unione delle forze che ha fatto lievitare – in tutti i sensi – il fatturato anche in Piazza Cordusio (da 28 milioni nel 2019 si è arrivati nel 2021 a 35 milioni).

Eppure, il bilancio resta negativo, perché nel 2021 Princi ha totalizzato perdite sino a 8 milioni e 12 nel 2020.

Questo per il solito principio che qualità e redditività faticano a trovare il giusto compromesso.

Non ha certo aiutato il costo di produzione e di trasporto per delle soluzioni che contano proprio sulla loro freschezza quotidiana come marchio di fabbrica: farlo ogni giorno per tutti i locali Starbucks ha un prezzo elevato.

Mantenere costanti questi alti livelli qualitativi per ogni store non è un’altra cosa facile da realizzare: e così Princi si è visto costretto ad apportare delle modifiche sulle ricette, con zucchero e burro inseriti per rendere le creazioni più morbidi e golose.

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