MILANO – Starbucks Oleato trova spazio nelle pagine della grande stampa statunitense, arrivando a interessare persino il New Yorker, l’iconica rivista letteraria della sinistra radical chic americana, che ha dedicato alla nuova gamma di bevande al caffè e olio d’oliva della Sirenetta un lungo articolo nel suo numero più recente. Lo firma, Gideon Lewis-Kraus, docente di giornalismo alla Columbia University, con un vasto background europeo. E una buona conoscenza del nostro paese (è sposato con un’italiana).
Molti grandi imperi, nella storia, sono andati in crisi quando i loro fondatori sono usciti di scena.
E Starbucks – osserva Lewis-Kraus – è diventato un caso paradigmatico di cattiva pianificazione nella successione in un’azienda americana.
Howard Schultz lasciò carica di ceo già nel 2000. Salvo tornare al timone nel 2008, per portare la corazzata Starbucks fuori dalle secche della crisi economico- finanziaria di fine anni Duemila.
Il tutto con una cura da cavallo: epurazione di top-manager e chiusura di migliaia di locali poco redditizi, con relativi esuberi.
Contemporaneamente, Schultz rilanciava la politica di aggressiva espansione in terra cinese.
Dopo avere anche coltivato (e poi accantonato) l’idea di correre per la Casa Bianca, Schultz lasciava le redini della società nelle mani di Kevin Johnson, nel 2017.
Ma, al ritiro di quest’ultimo, tornava nuovamente in sella nel 2022, in qualità di ceo ad interim, in attesa di trovare un nuovo grande timoniere. Alla fine, la scelta è ricaduta su Laxman Narasimhan, navigato manager di origine indiana, con un passato ai vertici di PepsiCo e Reckitt. Narasimhan assumerà la carica il 1° aprile.
In questo suo ultimo mandato – osserva ancora Lewis-Kraus – Schultz ha assunto il ruolo dell’imprenditore carismatico e visionario, che accorre ancora una volta, suo malgrado, a salvare l’anima di una società in balia di mere logiche contabili.
“C’è un fragile equilibrio da mantenere, tra la spinta al rinnovamento e la reinvenzione, e la salvaguardia dei valori fondamentali di un’azienda ed è qui che Starbucks ha smarrito la sua strada in passato […] pensando troppo alla finanza e alla borsa” spiega Schultz, in un’intervista alla giornalista di Cnn Poppy Harlow, citata nell’articolo.
Non a caso, una delle prime decisioni adottate da Schultz, subito dopo il suo più recente ritorno, è stata quella di sospendere la costosa campagna di buyback allora in atto, per rilanciare sugli investimenti e ridare slancio all’azienda”.
“Perché proprio Oleato?” chiede Harlow. “Il caffè è conosciuto da migliaia di anni, ma nessuno aveva mai pensato di emulsionarlo con l’olio prima del sottoscritto” risponde Schultz. Che, guarda caso, chiude la sua missione in Starbucks, con un ultimo colpo d’ala ispirato, ancora una volta dall’Italia.
Il paese che, quarant’anni fa, gli diede l’idea di trasformare i negozi Starbucks – dove allora si vendevano caffè, tè e spezie – in caffetterie, che incarnassero il concetto di “terzo luogo”.
Oleato sarà una nuova rivoluzione copernicana nel mondo del caffè, un game changer, come l’ha definito Schultz nella sua ultima call? O siamo di fronte all’ennesima trovata di marketing volta a catalizzare l’attenzione dei media e la curiosità dei consumatori – vecchi, nuovi e potenziali – dopo una trimestrale non proprio esaltante?
Ai posteri l’ardua sentenza, avrebbe detto Sciur Lisander. E il giudice ultimo sarà, come sempre, il mercato. Intanto, Oleato, dopo l’Italia, è pronto per il lancio planetario.
Si comincerà dalla California meridionale e poi il resto degli Usa, a primavera. Per passare successivamente a Giappone, medio oriente e Regno Unito.
Sarà interessante vedere quale sarà la narrativa di prodotto in paesi così diversi e distanti.
Ma, in conclusione, qual è il giudizio di Gideon Lewis-Kraus (e del suo suocero italiano) su Oleato?
Per scoprilo non vi resta che andare a leggere l’articolo, che trovate a questo link.