MILANO – L’avevamo anticipato : dopo il caffè, per Starbucks è l’ora del tè. La scorsa settimana, infatti, è stato inaugurato il primo locale dedicato al tè dell’insegna Teavana, nell’upper East Side di New York. E non poteva esserci location più adatta, fa notare Forbes , in quanto si tratta di un quartiere ricco, in cui lo yoga va per la maggiore.
Non a caso, infatti, il nuovo logo di Teavana rappresenta uno yogi che tiene in mano una tazza di tè. L’acquisizione del marchio – per cui il ceo Howard Schultz ha staccato un assegno da 620 milioni di dollari – risale all’autunno 2012. L’obiettivo è ambizioso e prevede l’apertura di 10mila negozi in Nord America nel corso del prossimo decennio.
In pratica, se le cose andranno secondo i piani, Teavana passerà da 300 rivendite di tè e accessori a una dimensione pari alla metà dello Starbucks attuale che conta oltre 19mila locali.
Se l’insegna della sirena è la destinazione d’elezione di chi è in astinenza da caffeina, Teavana ha l’ambizione di diventare il punto di riferimento per una pausa pranzo rilassante o per un break nel pomeriggio. La proposta, insomma, colmerebbe lo spazio non occupato da Starbucks, permettendo all’azienda di coprire tutta l’offerta nel corso della giornata.
Il diverso posizionamento si percepisce già dal menu e dalle porcellane su cui viene servito il cibo. Il menu di Teavana comprende ricette esotiche come polpette di riso, pollo e zenzero o roti con cavolo verde e funghi, ma anche pasticceria e sandwich. Il pezzo forte, ovviamente, è una collezione di oltre cento tipi di tè, fra figurano cui miscele d’autore tipo cioccolato bianco, menta piperita e rooibos o caramello e sale marino.
Le tazze usa e getta, inoltre, sono inconfondibili. Realizzate dall’azienda italiana Seda Group specializzata in packaging, come spiega Business Week , danno corpo al posizionamento aspirazionale dell’insegna. Progettate per una temperatura massima di 205 gradi, non contengono materiale riciclato e sono sufficientemente robuste da poter essere utilizzate senza correre il rischio di scottature.
Nonostante l’entusiasmo di Starbucks per il mercato del tè stimato in 90 miliardi di dollari globali, c’è chi dubita della possibilità di replicare il successo del caffè. E’ vero che il consumo pro-capite di tè stia crescendo, ma è ancora un terzo di quello del caffè.
E il tè, compreso il tè freddo, rappresenta solo l’8% delle vendite di Starbucks negli Stati Uniti. Ma la Tea Association Usa rilancia ed evidenzia come l’interesse per il tè sia cresciuto del 16% negli ultimi cinque anni. Insomma, i dubbi sul settore rimangono, ma come ha osservato Nick Setyan, analista di Wedbush Securities: “Se c’è qualcuno che può creare la domanda per un prodotto, quello è Starbucks”.