domenica 22 Dicembre 2024
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Starbucks, Cina: margine di profitto già al 22% per il basso costo del lavoro

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MILANO – Come riferito anche in recenti resoconti e dettagliate analisi Starbucks ha piani ambiziosi di espansione in Cina e prevede che entro il 2014 tale paese supererà il Canada come secondo mercato più grande per la compagnia, divenendo probabilmente rivale degli Stati Uniti come mercato numero uno. «La Cina è l’opportunità più grande per la nostra compagnia. È qui che vogliamo investire, è qui che vogliamo crescere» ha detto a circa 300 impiegati il Chief executive di Starbucks Howard Schultz in un forum a Beijing.

Starbucks, da Seattle alla Cina: i margini salgono

La catena di caffetterie più grande al mondo, ispirata all’Italia e ad uno stile di vita occidentale, ha deciso di trasferire più potere dal suo quartier generale di Seattle al proprio team cinese. Non mancano le difficoltà, tra cui il fatto che i cinesi amino Starbucks così tanto da passarvi delle ore, molte volte senza neanche comprare una bevanda. Tale tendenza, il fatto che i cinesi preferiscano il tè ed il loro reddito più basso possono significare volumi di vendite minori, in proporzione, rispetto agli Stati Uniti.

I cinesi bevono, in media, soltanto tre tazze di caffè all’anno e per molti di loro i prezzi della catena sono inaccessibili

Molto spesso, la gente porta da casa i propri pasti e li consuma a Starbucks. Di recente però, camminare con la tazza della caffetteria americana sta divenendo una moda anche in Cina. Il primo Starbucks ha aperto nel paese nel 1999 ed ora la catena ha più di 570 punti vendita in 48 città. Entro il 2015, la compagnia prevede di superare i 1500 negozi, espandendosi in 70 città. Con una popolazione di 1,3 miliardi di persone, il mercato cinese è estremamente appetibile, pur contribuendo oggi a meno del 5% del reddito della compagnia americana. Gli Starbucks cinesi operano con un margine di profitto del 22% circa, più alto rispetto a quello dei caffè americani perché i prezzi sono essenzialmente gli stessi rispetto agli Stati Uniti, in un mercato noto per il basso costo del lavoro.

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