MILANO – Nel panorama di iniziative dedicate al caffè possiamo annunciare il convegno che la Fipe, la Federazione Italiana pubblici esercizi, ha promosso con Comunicaffè.
Il dibattito, che ha per titolo «L’espresso al ristorante», si svolgerà sotto forma di talk show stamani dalle 10.30. Con un record sarà il primo convegno in programma a Host. L’appuntamento è nell’auditorium che la Fipe ha preparato al padiglione 10 stand H74 L79 H.
Nella foto in alto sotto il titolo la posizione dell’auditorio preparato dalla FIPE.
Ma Comunicaffè, sempre nell’auditorium della Fipe, ha promosso anche un secondo appuntamento per lunedì 23 alle ore 14.30 con gli stessi riferimenti del primo convegno. L’argomento sarà: «Il riuso del caffè». Ne riferiamo a parte qui sotto.
Oggi interverranno: Luciano Sbraga, responsabile dell’Ufficio Studi di Fipe e vice direttore generale della FIPE, Federazione Italiana pubblici Esercizi; il presidente Rodolfo Citterio, consigliere delegato Fipe; Francesco Sanapo due volte italiano di caffetteria e titolare di 3 bar ristoranti; Fabio Verona, responsabile qualità Torrefazione Costadoro e giornalista dell’alimentazione; lo chef stellato Fabio Pisani del ristorante di Milano Il luogo di Aimo e Nadia, due stelle Michelin. Saranno introdotti e intervistati da Sauro Angelini. L’incontro sarà ripreso da una troupe televisiva.
Ma siete tutti invitati a partecipare e a intervenire.
Vediamo in rapida sintesi quali sono i motivi che ci hanno portato ad organizzare il convegno sul caffè al ristorante, dopo aver avviato sin dall’inizio dell’estate una campagna su questo tema.
Si perché al ristorante ci propongono, chi più chi meno, un menù da sogno, piatti ottimi, dessert da favola, carta dei e vini da leggenda, dessert memorabili, caffè espresso così così.
Succede così in buona parte dei ristoranti italiani. L’ultima portata, il caffè espresso, è quella meno riuscita. Quella che lascia il ricordo più scadente.
Esiste o è solo una chimera, un vero espresso nel mondo della ristorazione? È un argomento sensibile.
Simona Greco, responsabile di HOST lo definisce «Il tallone d’Achille dei ristoranti italiani».
Francesco Sanapo, tre volte campione italiano di caffetteria e finalista al Mondiale di Melbourne, ha aperto tre locali tutti suoi pur di veder concretizzato questo sogno.
Perché? Di chi è la colpa? Comunicaffè ha deciso di scoprirlo con l’annunciato dibattito al quale parteciperanno Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, Chef, esperti di caffetteria.
Ma il pubblico di addetti ai lavori per via del luogo, potrà, è questo lo spirito del convegno, completare il quadro della situazione.
In particolare al dibattito sono invitati i ristoratori perché sfatino il mito.
La ristorazione e il caffè espresso: due nemici per la vita? Di sicuro resta l’anello debole della ristorazione. Come simbolo di fine cerimonia, va a intaccare tantissimo la qualità dell’esperienza gustativa generale.
Il caffè è l’ultimo ricordo del palato dopo un pranzo. Tuttavia in tutta Italia e non solo, il caffè non è considerato come un prodotto degno di attenzione.
Nella maggior parte dei ristoranti stellati, l’Espresso non è all’altezza della stella, del cappello, della forchetta o della reputazione generale.
È come se tutto si fermasse al dolce. Il caffè nella ristorazione è un po’ lasciato all’improvvisazione.
Ma perché il caffè non è un fattore su cui la ristorazione decide di investire?
Pur nella sua semplicità l’espresso resta un semilavorato. Quindi, per terminare l’operazione, c’è bisogno di uno chef-barista.
Un esempio? Pensiamo al pesce. Arriva al tavolo, cucinato da un cuoco professionista. Lui ne esalta in tutti i modi i sapori, le potenzialità aromatiche. Il ristorante ha investito su questa figura.
Ma lo stesso esempio vale anche per il vino spiegato e commentato con competenza dal cameriere, talvolta da un sommelier.
Dovrebbe essere lo stesso per il caffè, che è messo nelle mani dell’operatore. Ma se quest’ultimo non è preparato, uscirà un pessimo risultato.
Il problema a monte è la mancanza di preparazione nella nicchia del caffè.
La formazione del personale porterebbe la ristorazione a fare un salto di qualità.
Investire sull’assunzione di un responsabile caffetteria, per garantire un buon espresso.
E se il barista è il fattore principale fattore, lo è anche la materia prima.
Che fare? Basterebbe anche solo organizzare delle degustazioni di diverse tipologie di caffè. Guidati da un esperto, per comprendere la storia di ciascuna origine.
Si parla ovviamente di caffè Premium. Non di semplice Arabica, che resta una definizione piuttosto generica. Come dire che una bottiglia di vino è fatta al 100 per cento d’uva.
Un operatore allenato, sa riconoscere le varietà. Saprà distinguere un Caturra da un Geisha.
Oggi che qualsiasi ristorante che punti sul caffè, si distinguerebbe dalla massa. Offrire un servizio diverso, sarebbe già un’ottima operazione di marketing.
Inoltre i ristoratori, possono proporre dei prezzi rinforzati rispetto al locale bar. Un caffè al ristorante di lusso, può essere pagato anche 5 euro.
Quindi ci sono tutte le condizioni per decidere di investire nella formazione del personale.
Ma alle guide il caffè migliore non interessa
Ma le guide dei ristoranti non se ne occupano, non segnalano mai il caffè migliore. Alle loro redazioni, ai loro ispettori non interessa. E continuano a bere male.