di Elahe Izadi*
Avete presente quando volete sfogare lo stress sul cibo e scoprite che la vostra scorta di emergenza di cioccolato è ricoperta di quella strana sostanza bianchiccia? E dovete decidere se mangiarla lo stesso o no?
Questo è un problema serio che ha bisogno di una soluzione: non solo per gli appassionati di cioccolato ma per tutti quelli che lo producono. Un gruppo di scienziati tedeschi ha ha utilizzato i raggi X per scoprire il processo che porta all’affiorare di quella patina sul cioccolato – che poi è grasso – e sta studiando come impedire che accada.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Applied Materials and Interfaces.
Per prima cosa: la sostanza biancastra è grasso e si può mangiare. Gli ingredienti del cioccolato non restano sempre immobili e quando i grassi più liquidi affiorano sulla superficie possono cristallizzarsi e formare macchie di grasso.
Resta il fatto però che il cambiamento di consistenza e aspetto non è dei migliori. Il processo per cui avviene non era stato ancora osservato in tempo reale, spiega il gruppo di ricercatori dell’Università tecnica di Amburgo, del centro di ricerca tedesco DESY e dell’azienda di cioccolato Nestlé, che ha condotto il nuovo studio.
Per questo hanno acceso la PETRA III, una macchina molto potente che cattura i raggi X ad alta intensità luminosa, e cercato di capire cosa succede.
Gli scienziati hanno combinato i principali ingredienti che compongono il cioccolato – cacao, zucchero, latte in polvere e burro di cacao – in una polvere finissima. Poi hanno aggiunto un po’ di olio di girasole per inumidire il tutto.
L’olio ha impiegato pochissimi secondi per muoversi attraverso il cioccolato e raggiungere anche i pori più piccoli. In poche ore l’olio che si era fatto strada nel cioccolato aveva sciolto il burro di cacao in un liquido che aveva ammorbidito l’intero cioccolato, e aumentato il movimento dei grassi verso la superficie.
I raggi X hanno catturato l’azione: si possono osservare i pori e i cristalli di grasso in scala molto piccola, fino a pochi nanometri.
«Per la prima volta siamo riusciti a tracciare in dettaglio la dinamica che porta all’affiorare del grasso in superficie», ha detto in un comunicato stampa Stephan Roth, scienziato del DESY e co-autore della ricerca.
«Il metodo utilizzato è conosciuto come diffrazione di raggi X a basso angolo (SAXS),è impiegato per questo tipo di ricerche in tempo reale e ha permesso di osservare i cambiamenti strutturali causati dal movimento dei lipidi».
La Società dei chimici americani, che pubblica la rivista Applied Materials and Interfaces, ha presentato lo studio come un passo in avanti per «evitare il temuto affiorare del grasso nel cioccolato».
I ricercatori consigliano di ridurre il numero di pori all’interno del cioccolato così da far muovere i grassi più lentamente; oppure di diminuire i grassi liquidi conservando il cioccolato a temperature più basse, attorno ai 18 gradi.
«A 5 gradi tutto il burro di cacao resta solido; sopra i 36 gradi diventa completamente liquido», spiega il principale autore dell’articolo, Svenja Reinke dell’Università tecnica di Amburgo.
Il grosso problema per i produttori di cioccolato è che le persone sono convinte che quando la cioccolato diventa bianchiccio significa che è scaduto, dato che di solito la cosa accade quando il cioccolato è conservato da tempo.
«Anche se l’affiorare del grasso non è un deterioramento della qualità del prodotto, l’alterazione dell’aspetto del cioccolato causa un numero sempre maggiore di lamentele», spiega Stefan Palzer, co-autore della ricerca e scienziato per conto di Nestlé. «Per questo il grasso in superficie è uno dei principali problemi da risolvere nell’industria dolciaria».