lunedì 23 Dicembre 2024
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Specialty coffee: dagli anni ’70 in Usa sino in Italia, la ricerca della qualità

La differenza rispetto al caffè che si consuma al bar sta proprio nella materia prima utilizzata che, oltre ad essere di alta qualità, è tostata ma - attenzione - mai bruciata. Il filtro, inoltre, è a rilascio lento, quindi favorisce la meditazione, ma la caffeina è maggiore rispetto a quella di un espresso

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MILANO – Bere caffè per molti è sempre stata una medicina da prendere per risvegliarsi, ma ci sono altri (e non sono così poco come si possa credere) che invece vivono questa esperienza come un vero e proprio momento di degustazione. Per questa nicchia sempre più in espansione anche in Italia, la ricerca degli specialty è una passione a cui non si può rinunciare. In questi giorni si discute tanto sulla questione della qualità della bevanda servita nei bar nostrani in relazione a due temi portanti: da una parte il rincaro inevitabile dei prezzi, dall’altra la candidatura Unesco sempre più in procinto di esser riconosciuta. Per cui fare un po’ di chiarezza su quali sono i parametri che determinano il livello della materia prima da cui la tazzina ha origine, ci sembrava un buon punto da ribadire. Leggiamo la storia dietro questo concetto, dall’articolo di Samantha Pini su prealpina.it.

Specialty: il rigore dietro alla qualità

Il caffè è un micromondo, una Divina Commedia da leggere in 30 secondi, un caleidoscopio sensoriale. Il caffè è un prodotto aromaticamente molto complesso, o si ama o si odia. E per chi non riesce a farne a meno, per chi «La vita è un bellissimo e interminabile viaggio alla ricerca della perfetta tazza di caffè», il paradiso è rappresentato dallo specialty coffee.

Quanto di più rigoroso si possa immaginare: un sistema di valutazione della filiera del caffè che si prefigge lo scopo di stabilire cosa è eccezionale (speciale, in questo caso) e cosa non lo è, in base a un protocollo internazionale.

Il concetto di specialty coffee viene utilizzato a partire dagli anni Settanta in America

Per indicare un caffè prodotto in speciali condizioni climatiche e ambientali, che gli conferiscono un particolare profilo di gusto e aroma, quindi ben selezionato e lavorato per rispettarne le caratteristiche uniche.

È un documento della Sca (la “Specialty coffee association”) a definire in maniera dettagliata che cos’è uno specialty coffee: un caffè verde di altissima qualità, tostato in modo da esprimerne al meglio il potenziale aromatico ed estratto secondo standard ben precisi. Nel concreto, la definizione di “specialty” viene assegnata se il caffè ha ottenuto un punteggio di almeno 80 punti nella scheda di valutazione prevista dal protocollo di cupping (l’assaggio con metodo alla brasiliana) della Sca.

L’attenzione è posta sulle origini del caffè, sulla varietà botanica coltivata in una particolare area produttiva, ma anche su ciascun passaggio della filiera

Uno specialty coffee non presenta difetti quando è crudo, viene tostato fresco per conservarne tutte le proprietà e risulta tale in tazza grazie alla professionalità del barista che lo estrae.

Tutti gli specialty sono caratterizzati da una tostatura media, che si traduce in uno spettro aromatico più ampio, maggior acidità e minor amarezza. Accanto alle miscele classiche proposte dalle torrefazioni, esistono linee dedicate, in cui il packaging traccia e racconta il caffè, i metodi migliori per estrarlo e le sensazioni da cercare in tazza.

Il tipo di caffè proposto è differente anche nell’aspetto: gli specialty mediamente sono meno tostati, chiari

Mentre la grande industria tosta soprattutto scuro, in certi casi anche per standardizzare e uniformare un po’ tutti i sapori ma anche per nascondere i difetti. Il punto cardine è dunque la qualità del chicco, ma processo e servizio hanno un ruolo determinante; non basta saper selezionare qualcosa di speciale se poi non lo sai tostare e servire. La temperatura di servizio, ad esempio, è fondamentale: nel filtrato più si raffredda più migliora sprigionando nuovi aromi, nell’espresso si consiglia di berlo a poco tempo dall’estrazione.

Attenzione anche a cosa si consuma insieme

Il caffè può essere bevuto amaro ma se si accompagna ad una brioche, il profilo sensoriale sarà inevitabilmente “zuccherato”. Occorre anche dire che non tutti gli specialty coffee sono filtro. Il caffè filtro ha una tostatura leggera e l’espresso ha una tostatura più strutturata ma esiste anche l’espresso specialty: è un caffè selezionato e di alta qualità, ha un costo che parte da circa 1,50 euro e non si allontana poi così tanto dall’espresso tradizionale.

La differenza rispetto al caffè che si consuma al bar sta proprio nella materia prima utilizzata che, oltre ad essere di alta qualità, è tostata ma – attenzione – mai bruciata. Il filtro, inoltre, è a rilascio lento, quindi favorisce la meditazione, ma la caffeina è maggiore rispetto a quella di un espresso.

Il caffè ossida velocemente quindi per una tazzina perfetta il chicco dovrebbe essere macinato al momento. L’acqua, infine, deve essere buona e possibilmente filtrata, sia per il gusto che per la manutenzione delle macchine.

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