MILANO – Specialty coffee sempre più al centro dell’attenzione mediatica. Anche Repubblica torna a occuparsi dei caffè speciali, alla ribalta nella recente edizione di Host e sotto i riflettori a The Milan Coffee Festival, che torna a cavallo tra novembre e dicembre. Lo fa con un contributo a firma di Eleonora Cozzella, che muove dalla definizione di specialty, per sviluppare poi il concetto citando importanti esponenti del mondo del caffè.
Vi proponiamo di seguito l’articolo.
Flat white. Era la richiesta al bar di chi si sentiva esperto di caffè nei paesi anglosassoni, fino a pochi anni fa.
Era tra le bevande più in voga nelle caffetterie di mezzo mondo, e la sua origine, ancora contesa tra Australia e Nuova Zelanda, risale ai primissimi anni 80 nelle caffetterie italiane dell’emisfero australe, dove i baristi che iniziavano a proporre espresso dovevano confrontarsi con le abitudini locali, che prevedevano al momento di ordinare, la scelta tra Black o White: il corrispettivo del nostro americano, il primo, con aggiunta di latte, l’altro.
Cos’è il white coffee?
Il white coffee, come spiega l’esperto e coffee blogger Simone Celli è “composto da un doppio espresso e latte montato con una crema molto liquida e di uno spessore molto più basso rispetto al cappuccino”. È stato da subito un grande successo, tanto da soppiantare in molte catene di caffetteria, in primis Starbucks, il cappuccino stesso.
Ed è stato, a detta di Ludovic Rossignol – Isanovic e Jeffrey Young, fondatori 11 anni fa del Coffee Festival nella capitale inglese — che dal 30 novembre al 2 dicembre approderà per la seconda volta a Milano — il primo approccio dei non italiani alla nostra cultura dell’espresso: “Si cominciava a capire che potevano esistere diversi modi per gustare il caffè.
Anche le catene hanno aiutato a diffondere la consapevolezza che c’era una grande varietà di declinazioni. Bere caffè diventava sempre più trendy, i Café diventano luoghi cool e anche il mestiere di barista acquisiva fascino”.
Merito soprattutto dell’attenzione agli specialty coffee
L’espressione è stata usata la prima volta da Erna Knutsen, di Knutsen Coffee Ltd., in un discorso ai delegati di una conferenza internazionale in Francia, nel 1978: “Speciali microclimi geografici producono chicchi con profili aromatici unici, che consideriamo caffè speciali”.
Aveva in pratica sottolineato la differenza tra caffè industriali e artigianali
Perché gli specialty sono tali se acquistati in chicchi verdi di alta qualità, poi tostati in modo da esprimere tutto il potenziale che deriva dal terroir.
Obiettivo: un caffè che, grazie all’estrazione adeguata, arrivi in tazzina privo di difetti e con un carattere distintivo. Gli artigiani del caffè vanno dunque a cercare in piccole piantagioni le varietà che rispecchino al sorso le caratteristiche di un territorio.
Ma la scelta di materia prima perfetta da piccoli produttori è solo l’inizio di un lavoro su tutta la filiera produttiva, perché la Sca — Specialty Coffee Association — prevede anche l’attenzione alla torrefazione e alla formazione dei baristi. Dalla pianta alla tazzina.
La degustazione, di primo acchito, non è semplice
Abituati a rotondità più docili, di solito il primo sorso, acidulo, un po’ frena il piacere immediato. Ma — spiega Francesco Sanapo di Ditta Artigianale a Firenze, campione italiano di Cup Tasting — se si supera questa iniziale diffidenza, «poi il palato si apre alla sorpresa di un’ampia gamma di note, a seconda della varietà e provenienza: sentori fruttati o floreali per i caffè africani, mentre dall’America Latina arrivano sfumature simili al caramello o al cioccolato”.
Insomma, un ingrediente di pregio, da conoscere e degustare come un vino (e infatti ci sono anche i sommelier del caffè). E, auspica Rossignol- Isanovic, “alcune caffetterie prima o poi otterranno la stella Michelin per la cura con cui si dedicano alla selezione dei chicchi, per la preparazione del personale, per il tipo di esperienza che offrono, per il design innovativo”.
Ma se sale la qualità salgono i prezzi? “Molto poco”, sottolinea Sanapo. In media oggi un espresso specialty coffee costa tra 1,50 e 2 euro, contro una media di caffè commerciali di 90 centesimi.
Eleonora Cozzella