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LAVAZZA – Angolo bar con caffè espresso, nello spazio

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MILANO – Un `angolo bar´ tra le stelle nel quale bere un buon caffè espresso: arriverà a bordo della Stazione Spaziale nell’aprile 2015 ed è tra i dieci esperimenti italiani della missione Futura, dell’astronauta italiana Samantha Cristoforetti.

«Avrò l’orgoglio di essere cavia e tecnico di laboratorio», ha detto l’astronauta presentando gli
esperimenti all’Agenzia Spaziale Italiana (Asi). La macchina espresso arriverà a missione inoltrata, ma
l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) dovrebbe fare in tempo a utilizzarla.

È nata in Italia, dalla collaborazione fra Argotec, Lavazza e Finmeccanica-Selex Es. L’acqua viene `agganciata´ alla macchina con una busta ed una busta più piccola sostituisce la tazzina, spiega il responsabile del progetto, David Avino.

Le cialde sono identiche a quelle `terrestri´ e la macchina sarà installata vicino alla `cucina´ della Stazione Spaziale. Oltre a rilassare l’equipaggio, permetterà di studiare il comportamento dei fluidi nello spazio.

Degli esperimenti della missione Futura fa anche parte una stampante in 3D tutta italiana, costruita da Altran e dalla Thales Alenia Space: accanto alla stampante americana arrivata da poco sulla Iss dovrà dimostrare la possibilità di costruire nello spazio pezzi di ricambio. La maglietta hi-tech del
progetto Wearable monitoring (Fondazione Don Gnocchi) controllerà invece il cuore durante il sonno.

In programma anche l’esperimento `Drain Brain´, coordinato da Paolo Zamboni, del Centro malattie vascolari dell’università di Ferrara, che punta a studiare la circolazione del sangue nel cervello in assenza di gravità. Altri test studiano tecniche di decontaminazione dai batteri (Vable, università della Tuscia), il modo i cui le cellule si sviluppano in assenza di peso (Cytospace, Sapienza università di Roma e Kayser Italia); la perdita di massa muscolare (Bone-Muscke Check, università di Salerno). Nanoparticelle saranno testate contro l’ostoporosi nel test Nato (università di Pavia), e l’adattamento del cervello allo spazio è studiato da Slink (Politecnico di Milano).

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