domenica 22 Dicembre 2024
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Sostenibilità lungo la filiera del chicco: che cosa significa ora per un torrefattore?

Sostenibilità significa anche trovare un equilibrio tra prezzo e qualità servita. Perché difficilmente si può parlare di sostenibilità lungo la filiera, se non si riesce a comunicare al consumatore finale che un costo più alto del prodotto è giustificato in quanto sostenibile e di qualità. Così come ha riassunto bene Sanapo: "Far capire che quel prodotto genera ricchezza e non povertà"

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MILANO – Rispetto per l’ambiente, attenzione ai coltivatori alle origini, cura della qualità importata: la sostenibilità è un tema che raramente si può esaurire soltanto all’interno di una sola parola. Soprattutto quando si parla di una filiera complessa e composita come quella del caffè. Questo è il punto cardine attorno cui si è sviluppato il webinar “Sostenibilità in chicchi quali opportunità per la filiera del caffè?”  organizzato da ALTIS Advisory e Osservatorio OPERA dell’Università Cattolica.
Presenti e pronti per la tavola rotonda: Paolo Braceschidirettore generale dell’Istituto espresso italiano (IEI), Stefano Gardi, sustainability manager per Italmobiliare-Caffè Borbone, Davide Licchelli Presidente di Altoga, Francesco Sanapo, amministratore delegato di Ditta Artigianale, Paolo Moliranoli, direttore generale di Gruppo Musetti.
Il punto di vista indagato è quello della parte finale della supply chain, con i torrefattori messi sotto la lente di ingrandimento del report: capire da che punto si sta partendo per arrivare a migliori risultati nei prossimi anni, è alla base della conversazione tra ricercatori e aziende di trasformazione.
Chi si è dovuto occupare di studiare le informazioni ricavate, ha subito sottolineato come, lavorare sulla filiera del caffè non sia un compito facile. Coinvolti in questo processo gli steakholder e i grandi imprenditori che vivono in prima linea il problema della sostenibilità.

Ma perché parlare di sostenibilità e perché farlo focalizzandosi sulla filiera del chicco e delle torrefazioni italiane?

L’interesse si può trovare proprio nelle sue caratteristiche: nelle sue peculiarità, nella pluralità di attori e di paesi d’origine molto differenti che la compongono, questa specifica filiera consente di abbracciare a 360 gradi le sfide della sostenibilità del presente e del prossimo futuro.
Queste possibili evoluzioni devono fare i conti con gli impatti diretti che gli stessi torrefattori producono e quelli invece determinati alle origini. Sostenibilità in questa accezione significa tenere in considerazione i consumi energetici, le emissioni rilasciate nell’atmosfera e anche i risvolti di natura sociale ed economica (i diritti dei lavoratori, la partecipazione femminile molto nutrita tra i coltivatori, la tutela del lavoro minorile e forzato, infine il tema dell’equa remunerazione).

E quindi ancora una volta, sostenibilità come discorso di filiera che quindi esce dai confini strettamente aziendali delle torrefazioni

Cambiamenti necessari quanto in linea alle spinte del mercato attuale, caratterizzato da dei consumatori sempre più consapevoli e attenti nel momento dell’acquisto. Hanno bisogno di informazioni che si basano su misurazioni. I claim e gli slogan facili non bastano più, ci vuole sostanza.
Lo stimolo alle imprese arriva anche da un’altra fonte esterna: l’Unione Europea, con la strategia di sviluppo sostenibile sta emanando e ha già emanato una serie di direttive che spingono il concetto di sostenibilità che esce dai confini di un’impresa.
Le torrefazioni, di qualsiasi dimensione, sono sempre più portate ad esser trasparenti, a prendersi la responsabilità dei loro effetti sull’ambiente e la società, a fornire dati confrontabili.

Il quadro della sostenibilità

Partiamo dai primi dati che già sono un segnale di quanto ancora manchi una partecipazione significativa da parte del comparto: in effetti, su 977 aziende contattate per costruire il report, hanno risposto per compilare al questionario soltanto in 49, che si trovano al di sotto della soglia di fatturato dei 61 milioni di euro.

Quanto e come si comportano in maniera sostenibile?

Sui diversi ambiti indagati, i concetti che compaiono ricorrenti sono quelli di tracciabilità, trasparenza, packaging sostenibile, riduzione dei consumi energetici e limitazione delle emissioni.
Dal report emerge ancora una volta come lo sostenibilità sia un percorso all’interno il quale tutte le aziende possono migliorare le proprie performance: si inizia da un livello di partenza in cui la sostenibilità risulta più sommersa, con iniziative di sostanza ma più sporadiche e meno strutturate, con scarsa formalizzazione di obiettivi e limitata comunicazione esterna.
Indagando il grado di sostenibilità a cui si è arrivati sin qui, sono tante le aziende che pubblicano poche informazioni in merito, tanto meno attraverso canali accessibili come i siti web. Ben l’84% si colloca in questi stadi iniziali.
Si è ancora lontani dall’affrontare la sostenibilità in maniera più sistematica, ovvero quando l’azienda intuisce che questo cambio green è un vantaggio competitivo e per questo si orienta su un piano strategico che va anche al di fuori dei confini aziendali, agendo su tutta la filiera.
Il punto di arrivo ideale è quando la sostenibilità diventa il tratto caratterizzante dell’impresa stessa, che riesce a comunicare attributi di sostenibilità sia attraverso i prodotti che l’immagine stessa dell’impresa. Ma ancora la strada è tutta da percorrere.
Un altro indizio sull’approccio verso la sostenibilità: a fronte del fatto che al centro delle strategie delle torrefazioni, stanno il prodotto e il rapporto con i consumatori, colpisce invece la carenza di comunicazione sulle pratiche sostenibili attivate.
Gli interventi sulla filiera risultano meno significativi, così come lo scarso acquisto di caffè certificati e la carenza di tracciabilità e trasparenza. Il 60% delle aziende è in effetti interessato alle pratiche socio-ambientali negli stati produttori, ma il 20% soltanto riesce a verificarne lo svolgimento tramite controlli in loco.

Altro elemento da indagare sulla sostenibilità: quanto la dimensione aziendale incide sulla performance?

Tra micro e piccole-medie-grandi torrefazioni, le certificazioni risultano possedute soprattutto dalle imprese più grandi.
E lo specialty è davvero sostenibile?
In effetti è evidente una differenza significativa: vendere specialty è positivamente correlato con un punteggio più alto in termini di sostenibilità.

E allora, di fronte a queste evidenze ricavate dal report, quali sono gli spunti per le torrefazioni?

Per poter parlare, ma soprattutto per poter agire sulla sostenibilità, resta fondamentale misurare e monitorare gli impatti, individuare i KPI e definire gli obiettivi futuri.
Non basta, perché si deve anche comunicare ciò che si è raggiunto, sfruttando ad esempio il sito web e gli altri punti di contatto per sensibilizzare e valorizzare non solo la qualità del prodotto, ma anche le azioni dell’aziende, supportati dai dati e da informazioni dettagliate.

Altri concetti che non possono prescindere dalla sostenibilità: cooperazione, condivisione, relazioni trasparenti

Nel quadro attuale la sostenibilità non è ancora stata sistemizzata nel mondo aziendale. L’assenza di obiettivi, la difficoltà di raccolta e di monitoraggio dei dati, sono per il momento le sfide da cogliere per migliorare.
Conta anche coinvolgere quello che spesso, soprattutto per le torrefazioni che lavorano con l’horeca, è l’interlocutore ultimo: non è il consumatore, ma il barista, che culturalmente deve cambiare e aprirsi al discorso di sostenibilità per poi poterlo trasmettere a sua volta al di là del bancone.

Sostenibilità, un termine che è strettamente legato ad un altro: investimento

L’imprenditore deve comportarsi da manager per avere un ritorno ROI di questi processi.
Sostenibilità significa anche trovare un equilibrio tra prezzo e qualità servita. Perché difficilmente si può parlare di sostenibilità lungo la filiera, se non si riesce a comunicare al consumatore finale che un costo più alto del prodotto è giustificato in quanto sostenibile e di qualità.

Così come ha riassunto bene Sanapo: “Far capire che quel prodotto genera ricchezza e non povertà”.

La sostenibilità, di cui ci si dovrebbe occupare prima di esser obbligati dalle normative. Ricordando che il 95% dei rischi e di opportunità si trovano al di fuori dalla zona di trasformazione e quindi dai torrefattori. Si deve quindi agire maggiormente alle origini della filiera, lungo tutta la logistica.
La sostenibilità è una visione.
E deve passare anche dal toccare con mano la materia prima, dal controllo delle piantagioni e delle condizioni con cui si coltiva il caffè.
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